Killers of the Flower Moon, recensione: la banalità del male secondo Scorsese

La recensione di Killers of the Flower Moon, film di Martin Scorsese tratto dal libro di David Grann con protagonisti Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, in anteprima a Cannes 76: ancora una ricerca del rapporto tra umano e divino. Solo che questa volta Dio è il petrolio.

Killers of the Flower Moon, recensione: la banalità del male secondo Scorsese

La musica nei film di Martin Scorsese ha sempre una funzione rivelatrice. Quando c'è un personaggio che si muove in slow motion accompagnato da accordi in sostituzione delle parole, sai immediatamente che quello è un momento importante. Anche all'inizio del suo ultimo film, presentato in anteprima al Festival di Cannes, c'è questa dichiarazione d'intenti. Un indiano Osage più anziano sta praticando un rituale in una tenda, alzando le mani verso l'alto. Stacco. Fuori, dalla terra, erompe con un getto violento del liquido nero. È petrolio. Altri Osage, più giovani, levano le braccia al cielo, cercando di raccogliere le gocce dense. Al rallentatore. Dallo spirituale siamo passati al materiale. Dalla religione al capitalismo. Da Dio al denaro. La recensione di Killers of the Flower Moon parte con la consapevolezza che, ancora una volta, Scorsese si interroga sulla fede, che può essere riposta anche in qualcosa di molto concreto come i soldi.

Killers Of The Flower Moon
Killers of the Flower Moon: Robert De Niro e Leonardo DiCaprio in una foto del film

Ispirato al libro di David Grann Gli assassini della terra rossa, Killers of the Flower Moon, da ottobre in sala e poi su AppleTV+, è ambientato nell'Oklahoma degli anni '20. Se nel romanzo il punto di maggior interesse è la nascita dell'FBI, con il personaggio dell'agente Tom White al centro di tutto, a Scorsese invece non interessa molto la legge. E soprattutto non una crime story come tante, che oggi saturano piattaforme di streaming e podcast. No. Il regista di New York vuole il sangue e il sudore, il marcio, le contraddizioni. Non un uomo integerrimo col distintivo.

Ecco quindi che - anche grazie a una felice intuizione dello stesso Leonardo DiCaprio - Scorsese sposta il punto di vista da quel personaggio al viscido e mediocre Ernest Burkhart. L'attore non è mai stato così sgradevole: proprio come chi, per convenienza e mancanza di talento, segue un capo sempre e comunque, non fermandosi di fronte a crimini terribili e negando la verità fino all'ultimo, anche davanti all'evidenza. Perché in realtà sta mentendo a se stesso. Il capo in questione qui è William Hale (Robert De Niro), che, come prima cosa, dice sia a Ernest che agli spettatori: "puoi chiamarmi zio, o puoi chiamarmi re", mettendo subito in chiaro come stanno le cose. In gioco c'è proprio il petrolio degli Osage, diventati i più ricchi cittadini americani. E per questo destinati a essere sterminati dall'avidità dell'uomo bianco.

Una storia d'amore (per i soldi)

In Killers of the Flower Moon Robert De Niro e Leonardo DiCaprio, gli attori simbolo di Scorsese, portano su di sé il peso dell'intera filmografia del regista. E anche del peccato originale degli Stati Uniti: il sogno americano non soltanto è un miraggio, ma è un incubo pagato col sangue dei non bianchi. Ernest viene infatti spinto dallo zio a sposare Mollie (Lily Gladstone), ricca Osage che, come le sue tante sorelle, soffre di diabete. Tutte le donne della sua famiglia, non sanno nemmeno loro bene perché, sono attratte da uomini bianchi, che le hanno sposate per interesse, in modo da mettere le mani sulla loro eredità.

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Killers of the Flower Moon: una foto del film

Quando incontra Ernest Mollie ammette che ricorda un coyote: "il coyote vuole i soldi", gli dice. Eppure non può fare a meno di volerlo: forse per i suoi occhi azzurri, forse perché, nel momento in cui si è fatta corrompere dalla ricchezza, ha perso di vista quella della sua gente, legata più alla terra e alla condivisione che alla proprietà privata. Fatto sta che l'amore per lui la consuma, proprio come la sua malattia. Anche di fronte all'uccisione sistematica di tanti Osage, Mollie rimane spesso in silenzio, stoica, a guardare.

La cosa paradossale è che, nonostante i suoi crimini, nonostante la cieca ubbidienza allo zio, che gli chiede di compiere nefandezze sempre peggiori, anche Ernest ama Mollie. Ama più i suoi soldi, certo, ma comunque la ama. Eppure non riesce a sottrarsi alla volontà di Hale, dissociando completamente la sua parte legata alla moglie da quella pronta a sterminare un'intera popolazione semplicemente perché "ha fatto il suo tempo". È questa la complessità che interessa a Scorsese, è questo il più grande dei misteri: le contraddizioni dell'animo umano.

Killers of the Flower Moon: un cast eccezionale

C'è tutto il cinema di Scorsese in Killers of the Flower Moon: è un gangster movie, un film spirituale, un western, un crime. In 3 ore e 30, che scorrono magnificamente, il regista ripercorre tutta la sua carriera, questa volta assumendosi la responsabilità del mondo che ha sempre raccontato. Lui mostra i criminali, gli uomini affamati di potere, ma mai come questa volta ne è lontano: li rappresenta ottusi, senza nessun fascino. Il centro emotivo e morale sono invece Mollie e le sue sorelle: nella dignità della donna, nella sua capacità di rispondere con empatia alle persone che la circondano, è lei la vera ricchezza della Nazione Osage, sprecata e calpestata da chi non riesce a capirlo. Lì dove Mollie è la speranza, la vita, Ernest è l'autodistruzione. Come un veleno, il capitalismo ha reso malata la società americana. E siamo stati tutti a volerlo: chi ha cavalcato la caccia all'oro e chi l'ha subita senza opporsi.

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Killers of the Flower Moon: Martin Scorsese sul set del film

A dirigere c'è un autore ormai all'apice della sua padronanza del mezzo cinema, ma Killers of the Flower Moon è grande anche grazie al ricco e magnifico cast. De Niro è alla prova migliore da anni, DiCaprio evoca Brando, quello più logoro e decadente, Lily Gladstone è perfetta e già in lizza per una nomination all'Oscar.

"Le persone se ne fregano" dice un personaggio. Una cosa che invece sarà sempre al centro di tutto sono le storie: come nello splendido finale, in cui Scorsese sembra dire "i fatti sono questi, ma c'è sempre un punto di vista interessante da cui raccontarli". E il suo è sempre stato quello più difficile e scomodo. Anche stavolta non fa sconti. Ed è per questo che è un viaggio entusiasmante: in un mare di film sempre più simili tra loro, Scorsese ha il coraggio di essere se stesso, senza paura. Nel bene e nel male.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Killers of the Flower Moon, Martin Scorsese adatta per il cinema il romanzo di David Grann in cui si racconta la nascita dell'FBI e lo sterminio della Nazione Osange, nell'Oklahoma degli anni ’20. Protagonisti Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Lily Gladstone, in quella che è una summa del cinema di Scorsese e anche un racconto del lato oscuro del sogno americano, un miraggio pagato col sangue dei non bianchi. 3 ore e 30 che volano e celebrano non solo l'importanza delle storie, ma anche del punto di vista con cui si raccontano.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • La perfetta padronanza del mezzo di Scorsese.
  • Il montaggio di Thelma Schoonmaker, ormai una divinità.
  • La coppia DiCaprio - De Niro.
  • La bravura di Lily Gladstone, pronta per una nomination all'Oscar.

Cosa non va

  • Le 3 ore e 30 potrebbero scoraggiare, ma scorrono che è una bellezza.