Recensione Constantine (2005)

Francis Lawrence, talentuoso e prolifico regista di videoclip, al suo debutto cinematografico sceglie la via del pastiche, una contaminazione di generi e stili che fa di Constantine un lavoro totalmente privo di identità, di quel tocco personale che lo renda unico ed appassionante.

Inferno, andata e ritorno

Tanta carne al fuoco per una gigantesca nuvola di fumo nero. Ecco Constantine, ennesimo prodotto usa-e-getta dell'industria hollywoodiana di cinema popcorn, ridicolo ed irritante nella sua inconsistenza, scritto male e recitato anche peggio. Vagamente ispirato al fumetto DC Comics Hellblazer, Constantine è la storia di un povero disgraziato (Keanu Reeves) che, tormentato dalle continue visioni di demoni e angeli confusi fra gli umani, preferisce suicidarsi piuttosto che andare alla ricerca di un Bruce Willis qualsiasi che lo aiuti a diventare amico di quelle spaventose presenze. Ma come la Chiesa ha blaterato per secoli, il suicidio non è che un biglietto di sola andata per l'inferno. Qualcosa deve però essere andato storto perché il soggiorno negli inferi di John Constantine è durato solo due minuti, il tempo di verificare che le fiamme ci sono davvero e le anime dannate che vogliono avvolgerti pure, ma quel che nessuno sospettava è che quel posto fosse in realtà un'autostrada con migliaia di carcasse d'automobili incolonnate. Che genio questo Satana che accoglie i peccatori nel suo regno con un clamoroso colpo di scena: un déjà-vù che è più crudele di qualsiasi parto visionario di immaginazioni a lavoro che si interrogano su come sia l'aldilà.

Constantine ha quindi la chance di guadagnarsi il paradiso combattendo i demoni che cercano di farsi strada nel mondo umano e così, tra esorcismi e duelli con stuoli di fastidiosi animaletti, la sua seconda vita è tutta votata alla ricerca di una redenzione che lo sottragga alla calura infernale. Le cose però non sono così facili come sembrano: anche se il suo status di eroe da fumetto gli garantisce l'incolumità in ogni situazione pericolosa, le innumerevoli sigarette consumate a mo' di noccioline gli hanno ricamato nei polmoni un cancro che ha segnato il suo destino. Constantine non se ne cura, tira fuori il dito medio e va avanti per la sua strada, sprezzante verso tutto quello che gli sta intorno e indifferente nei confronti di coloro che vorrebbero avvicinarlo, perché l'unica cosa che ormai gli interessa è la sua salvezza personale. Il suo cinismo l'ha consegnato alla solitudine, lui si è circondato di boccette d'acqua santa che lo proteggono dalle forze oscure ed equipaggiato delle più moderne e potenti armi tascabili per essere preparato in questa sua crociata personale.

Ma cos'è un blockbuster americano senza la bella di turno pronta a sciogliere il ghiaccio che ha ibernato il cervello del protagonista maledetto? Ed allora ecco Rachel Weisz, qui nei panni della detective Angela Dodson che non riesce a farsi una ragione dell'impossibilità di seppellire secondo il rito cristiano la sua gemella Isabel, suicida per le stesse ragioni che avevano portato il Constantine ragazzino a questo gesto estremo. La sua richiesta d'aiuto a John per far luce su questa morte misteriosa (?) diventa un ottimo pretesto per cercare consolazione in lui e convincerlo, seppur implicitamente, che una pomiciata è pur sempre meglio di una sigaretta. Una missione ardua questa, anche perché Constantine passa il suo tempo sognando le ali di un detestabile angelo Gabriele (Tilda Swinton) e facendosi deridere continuamente da Balthazar (Gavin Rossdale), l'emissario di Satana. Unici suoi amici il fedele autista Chaz (Shia LaBeouf) che lo scarrozza per le vie di Los Angeles in attesa del suo momento di gloria, e Midnite (Djimon Hounsou), gestore di un nightclub dove si rifugiano i meticci nei cui corpi si nascondono angeli e demoni.

La Casa del Niente di Hollywood è lieta di presentare il Grande Campionato delle Anime Contese, unici due partecipanti Dio e Satana, che incoronerà vincitore chi riuscirà a portare dalla propria parte quante più anime del genere umano. Nessuno dei due ha intenzione di perdere, perciò siate spettatori di questo avvincente gioco al massacro a spese di poveri esseri umani che vivono senza sapere di essere pedine di una partita infinita tra bene e male. Da quale parte stia il bene e da quale il male non è dato di sapere, anche se qualcuno cercherà di convincervi del contrario.

Mentre una serie di splendidi film (molti dei quali americani) fatica a trovare una distribuzione nel nostro mercato, la Warner Bros è pronta ad invadere le sale italiane con l'ennesima trasposizione cinematografica di un fumetto cult che mostri quanto gli americani siano all'avanguardia nel campo degli effetti speciali. E perché le grandi masse siano ancor più invogliate a sedersi su una poltrona, con irrinunciabili popcorn e Coca Cola ad impegnare le mani, per assistere a questa ulteriore mastodontica buffonata, scende in campo un pezzo da novanta dello star system, un attorucolo monoespressivo che sottolinea, nel caso ce ne fosse bisogno, l'assoluta vacuità di quest'operazione, Mr. Keanu Reeves.

Francis Lawrence, talentuoso e prolifico regista di videoclip per i nomi più blasonati della scena musicale americana, al suo debutto cinematografico sceglie la via del pastiche, una contaminazione di generi e stili che fa di Constantine un lavoro totalmente privo di identità, di quel tocco personale che lo renda unico ed appassionante. Il giovane regista saccheggia metri e metri di pellicole pseudo-horror e simil-scifi, ruba atmosfere e ambientazioni qua e là, e miscela tutto con la sua esperienza decennale di genietto del videoclip. Sia ben chiaro: Lawrence ci sa fare (e anche piuttosto bene) con la macchina da presa, alcune inquadrature sono veri e propri quadri, i colori di certe sequenze tolgono il fiato, ma il massiccio impiego degli effetti speciali appesantisce fatalmente tutto il lavoro.

Il difetto più grande di Constantine, a parte l'indecente interpretazione di Keanu Reeves, è nell'imbarazzante sceneggiatura, colma fino all'inverosimile di elementi, caotica e disorientante, che si addentra in questioni troppo complesse per essere sviluppate in un film che è un elogio del pixel. Tanti, troppi personaggi vengono messi in campo, vittime sacrificali di un plot che non li rifornisce di alcun approfondimento psicologico e che li abbandona all'oblio senza pietà. Ne è esempio il povero Chaz, usato e dimenticato come fosse un burattino privo di senso. Difficile sopportare il fatto che qualcuno abbia potuto anche solo pensare ad un finale come quello di Constantine. Sarà anche geniale Satana, ma la demenza senile deve aver fatto gravi danni se non trova di meglio da fare che mettersi a frignare come un bambino viziato perché Keanu Reeves oltre che bello torni ad essere dannato e lo raggiunga all'inferno. E la morale dietro tutta questa storia è comunque una e una soltanto: fumare provoca il cancro. L'aspetto più inquietante di questo epilogo è però il fatto che suggerisca la concreta possibilità di un sequel. Come dire che al peggio non c'è mai limite.