Il silenzio grande, la recensione: una piccola storia familiare napoletana

La recensione de Il silenzio grande, nuova regia di Alessandro Gassman che porta al cinema lo spettacolo teatrale di Maurizio De Giovanni, a guidare il cast Massimiliano Gallo e Margherita Buy.

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Il silenzio grande: un momento del film

Per la sua quinta regia (la prima in cui, pur concedendosi un gustoso cameo, non è anche interprete), Alessandro Gassman va sul sicuro. Come svela la nostra recensione de Il silenzio grande, il film presentato alla Mostra di Venezia 2021, nelle Giornate degli Autori, è la trasposizione dello spettacolo teatrale scritto da Maurizio de Giovanni di cui Gassman ha curato la regia nel 2019. Teatro al cinema, dunque, e se l'impianto teatrale sopravvive anche nella pellicola che ripropone spazi e situazioni molto simili a quelli visti in palcoscenico, Gassman non risparmia qua e là tocchi autoriali e trovate registiche per arricchire la visione sul grande schermo.

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Il silenzio grande: una scena

Il silenzio grande è ambientato a Napoli nel 1965, anno di nascita del regista, ma la percezione è di assistere a una storia fuori dal tempo. I personaggi sembrano destinati a galleggiare in un eterno limbo in cui ripetono sempre le stesse azioni e dove, di fatto, poco o niente accade (poi capiremo il perché di questa scelta). Nel rispetto delle tre unità aristoteliche, in particolare di quella di luogo, non ci muoviamo mai dalla maestosa - e polverosa - Villa Primic, elegante dimora di famiglia del protagonista che, a causa della carenza cronica di denaro, inizia a mostrare i segni del tempo. Lo spettatore vede a malapena l'esterno della villa in un paio di rapide sequenze perché il cuore dell'azione si svolge al suo interno, nello studio ricolmo di libri del capofamiglia, lo scrittore Valerio Primic, e nelle stanze adiacenti. Nella casa si consuma il conflitto tra Valerio e i suoi familiari, la moglie Rose e i figli ventenni Massimiliano e Adele, decisi a vendere la casa per trasferirsi in una dimora più piccola e usufruire delle rinnovate disponibilità economiche. A dar man forte a Valerio c'è solo l'estrosa cameriera Bettina, sorta di saggio grillo parlante, anche lei saldamente legata a Villa Primic e intenzionata a non andarsene per nessuna ragione.

Ogni singolo dettaglio conta

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Il silenzio grande: un frame del film

Il grande silenzio è tutto giocato sulla parola e sull'interpretazione. Esercizio attoriale di altissimo livello, il film procede per vivaci quadretti familiari, per lo più dialoghi testa a testa che vedono coinvolti Valerio e la moglie Rose, Rose e la figlia, Valerio e la figlia o il figlio. Ma le scenette più gustose sono le scaramucce tra Valerio e la governante Bettina che spesso sfociano in vere e proprie allucinazioni a occhi aperti da parte dello scrittore, incapace di tenere a bada la sua "incontinenza immaginativa". Al ritmo incalzante dei dialoghi/monologhi pronunciati magistralmente dagli interpreti, si contrappongono i momenti di quiete in cui assistiamo all'inerzia dei personaggi, intenti a vagare nella casa a cui stanno per dire addio trascinandosi lungo i corridoi o scrutando pensierosi il giardino oltre le ampie vetrate.

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Il silenzio grande: una scena del film

Forte della gavetta teatrale maturata replica dopo replica, Alessandro Gassmann sembra avere il polso della situazione anche sul set e confeziona una pellicola retrò il cui stile aderisce alla perfezione all'epoca in cui la vicenda è ambientata. Epoca mai dichiarata esplicitamente, ma che si può dedurre dagli abiti alla moda indossati da Massimiliano e Adele. In questa atmosfera fuori dal tempo in cui adulti e giovani vivono in preda a un'inedia esistenziale in attesa di un evento - la vendita della casa e il conseguente trasloco - che dia uno scossone alle loro esistenze, le accurate scenografie, le luci soffuse e i colori sbiaditi, virati verso il seppia, contribuiscono a evocare un mood nostalgico e malinconico. D'altronde la nostalgia è il sentimento che torna con maggior frequenza nei dialoghi dei personaggi, tutti concordi nell'esercizio di rimpiangere i bei tempi passati.

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Un cast in stato di grazia

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Il silenzio grande: una sequenza del film

Nel passaggio dal palcoscenico al cinema, il punto fermo è la presenza di Massimiliano Gallo, pilastro attorno a cui regge tutta la struttura narrativa. L'attore napoletano si dà un gran daffare nel ruolo di Valerio Primic alternando una varietà di registri recitativi, forte di una mimica irresistibile. L'animo mite e pacato di Primic si infervora di fronte alle tirate dei suoi familiari, che sembrano proprio non volergli dar retta, e se non teme di mostrare le proprie fragilità di fronte alle confessioni scottanti dei figli, che ne mettono a dura prova la pazienza, conserva la capacità di sfoderare, a tratti, un'ironia pungente. Vera e propria rivelazione, la ventiduenne Antonia Fotaras, interprete di Adele, lascia intravedere ritmi comici da attrice consumata valorizzati dalla regia di Gassman. Non è da meno il fratello fictional Emanuele Linfatti, che tiene in scacco la famiglia con le sue angosce da giovane Werther. Margherita Buy è una padrona di casa dignitosa e compita, chiusa nelle sue sofferenze a cui raramente dà voce (e quando lo fa è lontano da occhi indiscreti) mentre Marina Confalone infonde nel personaggio di Bettina verve e profonda umanità.

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Il silenzio grande: una foto

Attenzione a liquidare Il silenzio grande in maniera troppo frettolosa. Il ritmo meditativo e le (belle) inquadrature statiche richiedono tempo per essere decodificate. Prezioso come un set scatole cinesi, il film nasconde molteplici sorprese per gli spettatori che avranno la pazienza e l'attenzione di cogliere ogni singolo dettaglio per dipanare la dimensione metaforica che si cela nel sottotesto. Solo il finale ci dà la misura della cura messa per dar vita a un meccanismo a orologeria che funziona alla perfezione, in cui ogni singolo pezzo trova la sua sistemazione fornendoci un'idea più chiara della pienezza dell'insieme.

Conclusioni

Come svela la recensione de Il silenzio grande, la quinta regia di Alessandro Gassman è un piccolo film retrò di stampo teatrale che vive della cura dei dettagli e delle interpretazioni virtuose del cast, capitanato da Massimiliano Gallo, Margherita Buy e Marina Confalone, nel mettere in scena un meccanismo drammaturgico perfetto di cui possiamo coglierne ogni sfumatura solo nel nostalgico finale.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • La cura dei dettagli che valorizza l'efficace testo teatrale di Maurizio di Giovanni.
  • Le performance impeccabili degli attori, giovani e meno giovani.
  • L'eleganza registica di Alessandro Gassman che confeziona un film fuori dal tempo.

Cosa non va

  • Alcune ellissi rallentano il ritmo narrativo a scapito dell'attenzione degli spettatori più frettolosi.