Il mio amico Massimo, la recensione: In ricordo del grande Troisi

La recensione de Il mio amico Massimo, un viaggio dietro le quinte del Massimo Troisi attore attraverso le storie e dichiarazioni di chi gli è stato accanto. In sala dal 15 al 21 dicembre 2022.

Il mio amico Massimo, la recensione: In ricordo del grande Troisi

Un sentito ricordo, un sincero omaggio. Di questo parliamo nella recensione de Il mio amico Massimo, documentario firmato da Alessandro Bencivenga per raccontare un Troisi in parte inedito e privato. Lo lascia intendere il titolo, che si concentra sul nome proprio Massimo, lo conferma la voce fuori campo di Lello Arena nello spiegare che nel film non troveremo i soliti spezzoni dell'opera dell'artista, non solo almeno: il documentario in sala dal 15 al 21 dicembre 2022 ha l'obiettivo di indagare la persona più che il personaggio, dando voce a chi gli è stato intorno, tra compagni di vita e di avventura professionale, per ripercorrere la storia personale di Troisi che si è sviluppata parallelamente a quella artistica.

Tutto inizia a San Giorgio a Cremano

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Il mio amico Massimo: un frame del film

Massimo Troisi avrebbe compiuto 70 anni il prossimo febbraio, essendo nato il 19 febbraio del 1953 a San Giorgio a Cremano. E proprio da lì parte il racconto intimo e personale del regista Alessandro Bencivenga, che si avvale di ricostruzioni per raccontare il periodo dell'infanzia e gioventù dell'artista partenopeo. Un espediente narrativo messo in piedi dal regista per dar forma al racconto, per proporre al pubblico la visualizzazione del contesto in cui Troisi è nato e cresciuto, ma che poco aggiunge al documentario in termini di efficacia. Se Il mio amico Massimo funziona non è per come definisce il contesto delle origini di Troisi, ma per come lo sviluppa e approfondisce attraverso i racconti di chi gli è stato accanto, allora come nel corso della sua carriera.

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Un racconto sincero

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Il mio amico Massimo: una scena del film

Molte delle individualità che hanno accompagnato il cammino di Massimo Troisi, infatti, vengono da quello stesso contesto socio-culturale, dallo stesso ambiente in cui lui è cresciuto, a partire da amici di infanzia che hanno poi preso parte a suoi progetti cinematografici. È sincero, sentito e prezioso il loro ricordo a schermo, ma è sulla stessa linea quello degli altri professionisti che hanno collaborato con l'artista napoletano, da Carlo Verdone a Nino Frassica e Renzo Arbore (bellissimo il ricordo di entrambi sulla storica partecipazione di Troisi a Indietro tutta), passando per Pippo Baudo, Ficarra e Picone, fino a Gerardo Ferrara, controfigura dell'attore sul set de Il Postino. La testimonianza di quest'ultimo è forse tra le più toccanti, insieme a quella della compagna Clarissa Burt, perché traspare una partecipazione emotiva con cui è impossibile non entrare in sintonia.

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Il vuoto lasciato da Troisi

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Il mio amico Massimo: Massimo Troisi sul set

Quello che emerge è il vuoto che Troisi ha lasciato nelle vite di tutte queste persone. Un vuoto che noi stessi, da amanti del cinema e dei suoi film, non possiamo ignorare e che ci travolge ogni volta che ci capita di guardare uno dei titoli a cui ha lavorato o frammenti di suoi storici sketch con La Smorfia. Se è infatti vero che, come detto in apertura citando la voce di Lello Arena, il documentario non si dedica a ripercorrere la carriera dell'artista e i suoi momenti più importanti, è altrettanto vero che quanto mostrato è sufficiente a riaccendere il ricordo e la voglia di rivedere i suoi film, nonché una grandissima emozione. Non è un documentario adatto a far conoscere Troisi a chi ancora non dovesse conoscerlo e apprezzarlo, ma è un ottimo compendio per chi già ne è estimatore e vuole partecipare al sentimento di calore e l'emozione che viene messa in scena.

Conclusioni

Nel riepilogare la recensione de Il mio amico Massimo, sottolineiamo l’emozione che evoca sempre il ricordo di Troisi, di un artista immenso che ci ha lasciati troppo presto. La voce e il ricordo delle persone che gli sono state accanto è una testimonianza preziosa che va ad ampliare l’idea che abbiamo dell’autore e attore partenopeo e sovrasta le ricostruzioni della sua infanzia a San Giorgio che aggiungono poco al racconto. Il risultato è ad ogni modo un omaggio sentito e sincero che lascia con una sensazione di calore e commozione.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.9/5

Perché ci piace

  • Il racconto intimo e parallelo all’attività professionale di Troisi.
  • Alcuni aneddoti poco noti e preziosi.
  • Il ricordo e l’emozione di alcuni degli intervistati.

Cosa non va

  • La ricostruzione del periodo della gioventù, che poco aggiunge all’esperienza.
  • Non è un titolo che serve per conoscere l’opera di Massimo Troisi, ma per accompagnarne il ricordo.