Recensione Angeli distratti (2007)

Angeli distratti non è un film tradizionale, ma un'opera ibrida che unisce intento didattico a sperimentazione stilistica ponendo al centro della narrazione l'assedio e la distruzione di Falluja.

Il cielo sopra Falluja

Un'antica leggenda mediorientale narra di come gli angeli veglino sulla popolazione islamica scendendo dal cielo nei momenti di difficoltà per proteggere da vicino persone e cose. Dovevano essere ben distratti gli angeli che hanno permesso che si verificassero stragi come quella di Falluja dove, nel novembre 2004, a seguito di una serie di pesanti bombardamenti ad opera delle truppe statunitensi, hanno perso la vita centinaia di civili. La città dalle cento moschee è stata rasa al suolo, distrutte case, scuole e ospedali, massacrati uomini, donne e bambini.

L'assedio di Falluja è al centro dell'ultimo lavoro di Gianluca Arcopinto, produttore indipendente tra i più coraggiosi del nostro cinema passato da poco dietro alla macchina da presa (nel 2005 l'esordio con il documentario Nichi dedicato alla campagna elettorale dell'attuale presidente della Regione Puglia Nichi Vendola). Angeli distratti non è un film tradizionale, ma un'opera ibrida che nasce dall'incontro tra il drammaturgo Francesco Niccolini e Simona Torretta, membro dell'ONG 'Un ponte per'. Il primo frutto di questa collaborazione è lo spettacolo teatrale 'Canto per Falluja' che costituisce anche il nucleo fictional di Angeli distratti. Un soldato americano (Aran J. Berretto) si rifugia in una casa semidistrutta per sfuggire alla linea del fuoco e qui trova una donna irachena cieca e sola (Rabie Hamid) che attende il ritorno del figlio. L'incontro-scontro tra due disperazioni così diverse, e allo stesso tempo così simili, genera momenti di tensione e rabbia, ma soprattutto di profonda verità. Una storia di guerra come tante, un episodio che non è realmente accaduto, ma per questo dotato di un valore ancor più universale, perché simile alle centinaia di episodi narrati agli autori di Angeli distratti da donne senza volto che hanno perso mariti e figli nel massacro di Falluja e da reduci americani provati dall'orrore della guerra.

Oltre a rispondere alla necessità di un film di denuncia che si occupasse di aprire gli occhi su una vicenda di cui ancora non si sa molto, mentre lentamente vengono alla luce i particolari più atroci come l'uso di armi non convenzionali (le bombe al fosforo bianco), la decisione degli americani di blindare la città impedendo l'accesso alla Croce Rossa e agli aiuti umanitari, l'invasione e la distruzione dei centri medici da parte dell'esercito, e a tutt'oggi è molto difficile fare una stima esatta delle vittime, il lavoro di Arcopinto infrange anche una serie di tabù stilistici andandosi a collocare in quel settore un po' nebuloso da definire chiamato docufiction. Angeli distratti è, infatti, un'opera stratificata che mescola tre diversi livelli di narrazione: all'incontro tra il soldato e la donna si alternano immagini di repertorio girate da volontari iracheni e dalle telecamere di Rainews 24 e una serie di testimonianze filmate che comprendono la stessa Simona Torretta, un reduce americano pentito, una madre irachena in lutto per la perdita dei figli e un medico arabo volontario a Falluja durante i bombardamenti.

Su Angeli distratti aleggia la presenza invisibile di quegli angeli che rappresentano, in questo caso, l'esile speranza di rinascita attraverso la ricostruzione della città, ricostruzione a cui contribuiranno gli incassi della pellicola fortemente voluta da 'Un ponte per' e da Simona Torretta allo scopo di evitare che, passati i clamori e la pubblica indignazione del momento, si chiudano definitivamente gli occhi su un episodio che ha segnato profondamente la storia dell'Iraq. La passione riposta nel progetto e il bisogno di mostrare gli orrori della guerra permeano un lavoro non privo di qualche imperfezione e lontano dalla sicurezza stilistico-narrativa dei film sull'Iraq che hanno monopolizzato l'attenzione all'ultima Mostra di Venezia (il classico Nella valle di Elah e il discusso Redacted di Brian De Palma che ha più di un punto in comune col film di Arcopinto), ma capace di centrare il bersaglio mostrando gli orrori della guerra senza mediazioni ideologiche e unendo intento didattico a sperimentazione stilistica. Così alle immagini cupe e polverose dei muri diroccati delle case di Falluja si mescola il verde abbacinante dei visori notturni a raggi x, alle musiche lente e solenni si sostituisce lo scoppio delle bombe, mentre l'inglese incerto, ma pieno di dignità, di una madre in lutto come tante, sancisce la triste realtà della guerra aprendo gli occhi al soldato più cieco di lei nell'obbedire agli ordini: la guerra unisce tutti nella triste condizione di vittime, non vi è libertà, non vi è possibilità di scelta né via di fuga.

Movieplayer.it

3.0/5