Il cassetto segreto, la recensione: il sapore delle memoria nel documentario di Costanza Quatriglio

La recensione de Il cassetto segreto, il documentario con cui Costanza Quatriglio racconta l'immenso archivio custodito nella biblioteca paterna poi donata alla regione Sicilia.

Il cassetto segreto, la recensione: il sapore delle memoria nel documentario di Costanza Quatriglio

Quando nel 2010 Costanza Quatriglio iniziò a filmare suo padre non voleva certo fare un film, ma "semplicemente farlo chiacchierare. Pensavo che il cinema potesse essere in qualche modo uno strumento di mediazione e che favorisse il dialogo. Infatti così è stato e mi sono divertita molto a farlo. All'inizio aveva delle ritrosie, poi invece si è lasciato filmare ed è diventato complice" di un'opera stratificata, complessa, dove le memorie di famiglia diventano memoria storica collettiva. Dieci anni dopo, nel 2022, quelle riprese diventano parte di un film più ampio, Il cassetto segreto, che rende omaggio al padre, Giuseppe Quatriglio, storica firma de Il giornale di Sicilia con l'ossessione per l'archiviazione minuziosa di ogni cosa, sia che appartenesse all'ambito professionale, sia che venisse invece dalla sfera privata: filmini, foto, ritagli di giornali, bobine, libri, articoli.

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I ricordi in un documentario

Presentato al festival di Berlino 2024 e in sala dal 18 aprile, il film è un excursus nei ricordi familiari, ma anche un viaggio in bianco e nero attraverso le più importanti pagine di storia del nostro paese e in particolare della Sicilia e di Palermo. È la sublimazione del cinema come strumento per fare ordine, catalogare, archiviare, interpretare e ridare senso al reale, attraverso frammenti di memoria e testimonianze che altrimenti rimarrebbero solo vecchie fotografie conservate in fondo ad un "cassetto segreto".

La storia, tra ricordi personali e memoria collettiva

Il titolo, Il cassetto segreto, "nasce da una frase che mio padre mi disse quasi per gioco molti anni prima del film nel 2010, mentre lo filmavo", ci racconta nell' intervista la regista. "Quando gli sottoposi un quaderno di poesie degli anni "30, lui era appena un ragazzino, mi disse quasi per gioco 'hai aperto il cassetto segreto'". Da quella sera del 2010 Costanza Quatriglio non ha fatto altro che pensare che un giorno i cassetti di suo padre li avrebbe aperti davvero, "a tempo debito", quello cioè "in cui le cose accadono perché spinte della necessità che agisce sulla nostra volontà".

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Anna Magnani sul set del film Vulcano

Da quella battuta parte la narrazione fiume di un documentario che si sgancia dagli stereotipi del genere per diventare da un lato commiato di una figlia verso un padre che non c'è più, dall'altro lascito collettivo, condivisione di una memoria storica che ci appartiene. È il potere straordinario del cinema di "trasformare in qualcos'altro le cose, le relazioni, la vita" ed è esattamente quello che succede quando nel 2022 Quatriglio decide di tornare nella casa dov'è cresciuta e aprire le porte ad archivisti e bibliotecari per donare alla Regione Sicilia l'archivio appartenuto al padre giornalista. "Quando ho iniziato a fare le riprese della casa con i bibliotecari e le archiviste a lavoro, non pensavo che avrei fatto davvero il film, in quel momento mi interessava solo fotografare e filmare qualcosa che stava avvenendo definitivamente nella mia casa, che da lì a poco sarebbe cambiata: io l'avrei lasciata, avrei dato tutti i libri alla regione siciliana, una casa che è sempre stata lì uguale si sarebbe radicalmente trasformata".

L'archivio e il potere di trasformare le cose

Dentro c'è di tutto: la voce della regista che spiega, cataloga, ricorda e contestualizza immagini e vecchi filmati; l'immagine di lei bambina immortalata nelle foto dell'epoca, e quella di lei che si muove in una casa-mondo catturata dalla videocamera che per qualche minuto passa nelle mani di una terza persona; il ritratto del padre che riaffiora qua e là attraverso le riprese effettuate dalla regista tra il 2010 e il 2011, e poi fotografie, bobine 8mm, registrazioni sonore. Un tesoro di oltre 60 mila negativi fotografici scattati da Giuseppe Quatriglio dal 1947 in poi, ottant'anni di giornalismo che lo ritraggono nei suoi viaggi in giro per il mondo in Tunisia, Vietnam, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna e negli incontri con alcuni dei personaggi chiave del Novecento: Jean Paul Sartre, Leonardo Sciascia, la voce di Carlo Levi, le foto di Anna Magnani, Cary Grant e Ingrid Bergman, l'auto scatto mancato con Enrico Fermi.

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Il cassetto segreto, quando la memoria diventa tesoro

In quei negativi catalogati per anni nelle scatole ha custodito fatti, avvenimenti storici e relazioni; aprendo quel cassetto la regista ammette di aver trovato "tante storie, immagini, filmati, voci, vite, ma soprattutto la possibilità di riempirle di altre storie e altre immagini. Sonorizzando le fotografie potevo restituire la tridimensionalità dello spazio e del tempo che mio padre aveva voluto fotografare o filmare". La macchina da presa si aggira inquieta per le stanze della casa nel frattempo abitate dal lavorio incessante di archivisti e bibliotecari indaffarati ad "assalire" scaffali, librerie, scatoloni, nastri e a fare ordine: analizzano e passano al setaccio ogni bobina, foto, appunto, stralcio di giornale. I ricordi riemergono, prendono vita, anche quelli dimenticati, messi da parte in chissà quale angolo smarginato della memoria, come succede con una vecchia foto che la ritrae a casa di Sciascia, accanto a lui sul divano: non ricorda di esserci mai stata, eppure guardandola le sembra di "sentirli ancora discorrere" suo padre e lo scrittore, di letteratura e dei graffiti nelle carceri dello Steri a Palermo, che nel 1906 erano sfuggiti all'inventario di Giuseppe Pitrè e che invece suo padre contribuì a riportare alla luce.

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Tra i ricordi perduti

La narrazione è un dialogo costante tra passato e presente, intervallata da foto in bianco e nero, registrazioni sonore, filmini in 8mm e dalle riprese effettuate in quella stessa casa, che lo filmano quasi novantenne tra i suoi libri e le sue carte. E poi ci sono le memorie più intime e casalinghe: i vagiti di Costanza bambina, il motivetto di una ninna nanna fischiettata, le lettere ai genitori scritte quando era ancora un ragazzo. Attraverso il lavoro d'archivio le storie impresse su quei negativi si ricompongono, acquistano nuovi significati e sconfinano: travalicano le mura della casa di famiglia, superano le recinzione del giardino che la circonda e diventano storie del mondo, dell'Europa, dell'Italia. È la potenza del cinema d'archivio che tutto trasforma e rielabora, consentendoci di varcare la soglia di mondi altrimenti inaccessibili.

Conclusioni

Come già ampiamente spiegato nella recensione de Il cassetto segreto, Costanza Quatriglio dimostra ancora una volta una straordinaria visionarietà nel riuso delle immagini d’archivio, che questa volta arrivano direttamente dalla biblioteca del padre Giuseppe, storica firma de Il giornale di Sicilia. Un tesoro immenso fatto di filmini in 8 mm, foto, ritagli di giornali, bobine, libri, articoli, registrazioni sonore, scatole che hanno custodito quasi un secolo di storia e che la regista ha deciso nel 2022 di donare alla Regione Sicilia. Il documentario è il racconto di questo lascito attraverso le stanze della casa di famiglia abitate dal lavorio incessante di archivisti e bibliotecari indaffarati ad “assalire” scaffali, librerie, scatoloni, nastri e a fare ordine. La narrazione è un dialogo costante tra passato e presente, intervallata dalle immagini d’archivio, dalle riprese della casa che si svuota e da quelle realizzate nel 2010 che ritraggono il padre quasi novantenne tra i suoi libri e le sue carte. Una sublimazione del cinema come strumento per fare ordine, catalogare, archiviare, interpretare e ridare senso al reale, tramite frammenti di memoria e testimonianze che altrimenti rimarrebbero solo vecchie fotografie conservate in fondo ad un “cassetto segreto”.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il ricordo personale che si fa memoria collettiva.
  • L’abilità con cui Costanza Quatriglio lavora sul riuso del materiale d’archivio.
  • La narrazione dello spazio intorno: una casa che si svuota e si riempie di nuovi significati.
  • La memoria e il cinema come strumenti per interpretare il reale.

Cosa non va

  • Difficile trovare una nota negativa in un lavoro così rigoroso.