Ghost Town Anthology, la recensione: l'elegia horror di Denis Côté ci insegna a far pace col diverso

La recensione di Ghost Town Anthology: Denis Côté in concorso a Berlino 2019 con un film che omaggia l'horror anni '70.

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Ghost Town Anthology: una scena del film

Dopo la malattia, fulcro di Boris sans Beatrice, la morte e l'elaborazione del lutto sono al centro del nuovo lavoro di Denis Côté, Ghost Town Anthology, in concorso al Festival di Berlino 2019. Côté aggiunge un nuovo tassello al suo ricco universo cinematografico, caratterizzato da una costante compenetrazione tra forma e contenuto, ambientando l'azione in uno sperduto villaggio del Quebec. Irénée-les-Neiges, 251 anime, avvolto nel gelido inverno quebecchese. Un'auto sfreccia tra cumuli di neve finché non sbanda andando a sbattere violentemente contro alcuni blocchi di cemento. E' da qui che prende il via Ghost Town Anthology, con la scomparsa del ventunenne Simon Dubé, giocatore di hockey morto in un incidente che ha il sapore del suicidio, e l'elaborazione del lutto da parte di tutto il villaggio.

Ghost Town Anthology è un film corale nel vero senso della parola. La sfida di Denis Côté è quella di coinvolgere lo spettatore pur privandolo di ogni appiglio per identificarsi con i personaggi. Gli abitanti di Irénée-les-Neiges vengono rappresentati ognuno con le proprie idiosincrasie, ognuno congelato nel momento spartiacque della vita della cittadina. Jimmy, il fratello di Simon, non si dà pace e va in cerca di un segno che lo aiuti a superare la perdita. La madre, affranta dal dolore, si rinchiude in se stessa mentre il padre se ne va di casa girovagando per le campagne innevate. C'è poi la coppia di anziani coniugi in perenne polemica, la giovane stralunata e logorroica, il ristoratore che ha adocchiato una casa da ristrutturare per portarci la fidanzata e l'energica sindaca della città, che rifiuta ogni aiuto esterno e ripete il suo mantra, "se avete bisogno la mia porta è sempre aperta". Un presepe di figurine esili immerse nella neve, volutamente prive di tridimensionalità per non distogliere l'attenzione dal vero focus del film.

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Tra cinefilia, simbolismo e metafora sociale

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Ghost Town Anthology: una scena del film

Il cinema di Denis Côté si caratterizza per una potente stilizzazione, per un'apparente freddezza nella messa in scena dovuta al distacco - spesso ironico - del regista nei confronti della materia trattata. Per Côté spesso la forma prende il sopravvento sul contenuto fino a farsi contenuto stesso, ma questo non è il caso di Ghost Town Anthology. L'undicesimo film dell'autore quebecchese è un'opera stratificata e inter genere. Al primo livello è un dramma cosparso di venature di humor amaro, la scelta di non focalizzarsi su nessun personaggio in particolare, ma di soffermarsi sul villaggio nella sua totalità, lascia intravedere un intento antropologico (e il popolo del Quebec, soprattutto rurale, è senza dubbio interessante materia di studio).

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Ghost Town Anthology: una scena corale del film

Tuttavia, come anticipa il titolo inglese del film - Ghost Town Anthology, per l'appunto - ben presto nella storia fa la sua comparsa l'elemento soprannaturale che vira il lungometraggio in direzione horror. A un certo punto ad Irénée-les-Neiges i morti cominciano a ricomparire nei luoghi che gli appartenevano da vivi. Dapprima a percepirne la presenza è Adèle, la più strampalata del villaggio (i matti sono i veri visionari, anche Denis Côté sembra condividere questa teoria), ma il fenomeno comincia a ripetersi con maggior frequenza e tra i morti ricompare anche Simon. A livello iconografico, Denis Côté attinge a piene mani all'immaginario zombie degli anni '60 - '70, con strizzate d'occhio a Lucio Fulci e George Romero. I morti viventi di Côté che si materializzano nella campagna innevata ricordano gli zombie de La notte dei morti viventi, ma a differenza di questi ultimi non sono mostruosi né minacciosi. Di deriva horror, per Ghost Town Anthology, si può parlare, ma solo fino a un certo punto. Nel Quebec desolato, immortalato da eleganti campi lunghi valorizzati dalla grana del 16 mm, il soprannaturale diviene naturale e una volta preso atto del ritorno dei morti, che si verifica solo fuori dalle città, gli abitanti del villaggio devono imparare a pacificarsi coi defunti o comunque a convivere con loro.

I morti sono tra noi

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Ghost Town Anthology: uno dei personaggi del film in primo piano

Con Ghost Town Anthology, Denis Côté torna all'espressione più ricca del suo cinema: poetico, stilizzato, elegante, metaforico. L'autore sembra sentire il bisogno di maggior affabulazione e mette in bocca ai suoi personaggi parole spesso vuote e frasi fatte che suonano come un grido di aiuto. Gli abitanti di Irénée-les-Neiges sembrano afflitti da un malessere interiore che li tormenta, che li vede galleggiare smarriti in un vuoto difficile da colmare, oggettivizzato solo in parte dalla perdita di Simon. L'apparente suicidio del ragazzo risuona nella coazione dei gesti compiuti dai vivi per i quali non sembra esserci possibilità di felicità. Chi prova a sfuggire a un destino paralizzante cercando di realizzare le proprie ambizioni (comprare una casa nuova, fuggire in città, accettare un aiuto esterno) viene ammonito, invitato a tornare suoi passi e a difendere la comunità a cui appartiene.

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Ghost Town Anthology: il regista Denis Cote sul set con gli attori

Denis Côté risolve la sua riflessione in una potente metafora visiva affidata ancora una volta ad Adèle, l'individuo più patetico, solo, desideroso di affetto dell'intero villaggio. Adèle è la prima a vedere i morti e a prendere atto del loro ritorno; da questo momento in poi gli altri abitanti del villaggio la vedranno sospesa a mezz'aria, intenta a levitare, finalmente libera dai gioghi del quotidiano. Come da tradizione, Denis Côté non fornisce facili risposte al suo universo simbolico, anzi lavora per ellissi, aiutato da un sapiente lavoro di montaggio. Da cinefilo raffinato qual è, cosparge il suo lavoro di una fitta rete di rimandi che gli spettatori sono liberi o meno di cogliere, ma al di là di ogni riferimento possibile, Ghost Town Anthology è uno dei suoi film più personali. Film invernale, come Curling, manifesto poetico di Côté, Ghost Town Anthology è un'opera sospesa tra realismo sociale - il morto, come il migrante, rappresenta l'invasione del proprio universo, l'elemento estraneo che sporca la rassicurante coltre di neve da preservare intatta - e dramma soprannaturale. I morti non possono essere respinti né combattuti, possono solo essere accettati. In una ideale pacificazione, la morte rappresenta un nuovo possibile inizio.

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4.0/5