Recensione Il mio miglior nemico (2006)

Carlo Verdone si è lasciato coinvolgere dall'analisi dei rapporti sociali, dimenticando per un attimo quei personaggi che lo hanno reso famoso, per incontrare il suo giovane alter-ego Silvio Muccino, in possesso della follia e instabilità dei ventenni.

Generazione Verdone

Conflitti generazionali, il valore della famiglia, la comunicazione.
Oggi anche un regista e attore come Carlo Verdone si è lasciato coinvolgere dall'analisi dei rapporti sociali, dimenticando per un attimo quei personaggi che lo hanno reso famoso, per incontrare il suo giovane alter-ego Silvio Muccino, in possesso della follia e instabilità dei ventenni.
Entrambi mettono in scena le difficoltà a coltivare le relazioni in modo semplice e istintivo, poiché coinvolti in situazioni che non rappresentano la loro natura.

Achille De Bellis (Carlo Verdone) è il direttore di una catena alberghiera di proprietà della moglie. E'affamato di denaro e non guarda in faccia nessuno, e così quando deve licenziare Annarita, dipendente di un hotel, per un presunto furto, non ci pensa due volte. Achille è tuttavia ignaro che il figlio di Annarita, Orfeo (Silvio Muccino), non accetterà questa presa di posizione (probabilmente ingiusta) e lo perseguirà cercando di distruggere la sua vita. Una serie di eventi faranno incontrare Achille e Orfeo. Così diversi, così uguali.

Sulla carta l'intento di Verdone è interessante, perchè sposta l'obiettivo dal comico macchiettistico (in alcuni momenti Achille è ancora Verdone vecchio stile) per concentrarsi sui rapporti fra generazioni diverse. Poco conta che sia la figlia o il suo "acerrimo" nemico.
Purtroppo il progetto non è completamente riuscito perchè le coincidenze e le situazioni (nella prima parte sembra di rivivere Notte prima degli esami) sono forzate o già viste, al fine di generare gag apprezzate dal pubblico verdoniano (quella dei guardoni è esilarante). Migliore invece la seconda parte che rappresenta un viaggio fra due persone che scoprono di saper comunicare fra loro, a dispetto degli anni, con immediatezza e semplicità creando un legame di un livello "superiore", famigliare. E qui è necessario fare un confronto con La terra di Sergio Rubini.
Rubini racconta l'incontro fra quattro fratelli nel profondo sud, facendo vincere il cordone ombelicale, il sangue, la famiglia, la fraternità, trionfante su ogni cosa, giusta o ingiusta che sia.
Verdone al contrario dichiara che "la famiglia è dove la si trova". Non importa la presenza di una madre naturale, o di un vero padre, fondamentale diventa la comunicazione dell'intimità e delle sensazioni, della profondità dell'animo e della fiducia reciproca.

Il contenuto testuale del film acquisisce più valore del film stesso, e quando è lo schermo a parlare, non sempre il risultato è buono. Muccino (più bravo in Manuale d'amore) e Verdone sono compatibili senza strabiliare, perchè essere ironici è diverso che essere al servizio della risata (leggi Woody Allen), che alleggerisce l'impegno e riduce l'impatto del messaggio.