Recensione Ombre dal passato (2008)

'Ombre dal passato' può rappresentare una piacevole visione per gli amanti del genere, ma i richiami ai suoi predecessori sono così marcati da renderlo prevedibile in ogni sua scena.

Fotografia (sbiadita) di un genere

Ben Shaw, professione fotografo, si trasferisce in Giappone per lavoro con la moglie Jane subito dopo le nozze. I primi giorni nel paese del Sol Levante, prima di iniziare il lavoro vero e proprio, sono dedicati alla vita di coppia, ma l'idillio viene interrotto da un incidente nel corso di uno spostamento notturno in auto: i due finiscono fuori strada mentre Jane è alla guida e la donna sostiene di aver investito una ragazza ferma nel mezzo della strada. Inutile dire che della presunta vittima non verranno trovate tracce.
Da quel momento, la presenza sembra costante nella loro vita ed inizia ad apparire negli scatti di Ben, rovinando il lavoro e la vita della giovane coppia. Non richiede molto impegno a Jane per scoprire che lo spirito arriva dal passato di Ben e che la sua presenza nella loro vita ha radici e motivazioni diverse da quelle apparenti.

Seguendo la scia di altri film del genere, in Ombre dal passato gli spiriti usano la tecnologia come mezzo di comunicazione con il regno dei vivi. Se in Ringu (e nel suo remake americano The Ring) erano videocassette e in One Missed Call si trattava di cellulari, qui è la pellicola delle macchine fotografiche a fungere da catalizzatore per il fantasma interpretato da Megumi Okita, sulla falsariga di fenomeni noti in ambiente paranormale, denominato spirit photography.
Ma non è solo nell'uso della tecnologia che il film di Masayuki Ochiai attinge al passato: non solo si tratta di un remake dell'omonimo horror thailandese del 2004, e quindi ne ripropone a grandi linee la trama, ma ogni singola scena di tensione richiama i tanti prodotti dello stesso genere che l'hanno preceduto, concedendo allo spettatore più smaliziato di poter prevedere lo sviluppo di tutte le sequenze, in particolar modo quelle di tensione che quindi perdono di efficacia. Tecnicamente, infatti, Ombre dal passato non presenta grossi problemi e contiene anche un paio di sequenze ben costruite e superiori alla media, ma la sensazione di già visto è così forte da pregiudicare la valutazione complessiva del film. Un problema condiviso anche dalla sceneggiatura, la cui struttura richiama pedissequamente i capisaldi dell'horror orientale in tutti i suoi snodi narrativi.

Ad interpretare i due novelli sposi protagonisti sono stati chiamati due giovani attori americani con un discreto appeal sul pubblico, ovvero Joshua Jackson, che vedremo a breve in TV con Fringe di J.J. Abrams, e Rachel Taylor, vista lo scorso anno in Transformers, efficaci nel portare sul grande schermo i coniugi Shaw; al loro fianco diversi volti noti, sia del panorama orientale che televisivo americano, tra cui ad esempio John Hensley di provenienza Nip/Tuck e James Kyson Lee, ovvero Ando in Heroes, ma anche la capitale giapponese, la cui presenza suggestiva contribuisce a costruire l'atmosfera della storia.
Spettrale e tesa la colonna sonora di Nathar Barr, a suo agio nel genere per aver lavorato con Eli Roth in Hostel ed ora al lavoro sulla nuova serie di Alan Ball, True Blood.

Nonostante tutto, non dubitiamo che Ombre dal passato possa rappresentare una piacevole visione per gli amanti del genere, ed in particolare del sottogenere asiatico, a cui fa riferimento, ma resta il rammarico per una filone ormai drenato di ogni interesse a causa della scarsa innovazione di cui risente, con la speranza di vedere autori veri cimentarsi con esso e dargli una nuova vita in futuro.

Movieplayer.it

2.0/5