Fantafestival 2004

Dopo un'attesa più lunga del solito, l'ennesima edizione sottotono per quella che un tempo era tra le più importanti manifestazioni europee dedicate al cinema fantastico. Un coma irreversibile?

Quest'anno gli appassionati romani (e non) l'hanno aspettato più del solito, mentre in rete si rincorrevano voci su imprecisate difficoltà economiche e addirittura su una possibile cancellazione della manifestazione. Alla fine, la ventiquattresima edizione del Fantafestival, rassegna dedicata al cinema fantastico curata da Adriano Pintaldi e Alberto Ravaglioli, si è tenuta nel torrido clima romano di fine luglio, sdoppiandosi e suddividendosi in due multisala: il Quattro Fontane (in cui si è tenuta la prima parte della manifestazione, conclusasi con l'assegnazione del Premio Melies), dal 19 al 22 luglio, e l'Overlook (multisala di recente costruzione dedicata appositamente al fantastico, gestita da Christian Lelli, che quest'anno ha coadiuvato i due organizzatori "storici" nella preparazione della rassegna), dal 21 al 31 luglio.

Tredici giorni complessivi di proiezioni, quindi (con una "compresenza" nei due cinema nelle giornate del 21 e 22), che potevano far sperare in un minimo risollevarsi di una manifestazione che, negli ultimi anni, era già diventata l'ombra dell'importante festival che era stata in passato. Una speranza che ha vacillato quando hanno iniziato a circolare i nomi delle probabili anteprime e dei titoli in concorso, per poi infrangersi definitivamente una volta che è stato reso pubblico il programma: sono stati davvero pochi i motivi di interesse per un'edizione a dir poco sottotono, viziata da enormi problemi organizzativi e gestita in modo approssimativo e (spiace dirlo) veramente poco professionale da parte dei responsabili. Anteprime (nessuna delle quali, comunque, non destinata ad uscire nelle sale in Italia) di scarso interesse o presentate in condizioni di non fruibilità, retrospettive di livello insufficiente, (pessime) videoproiezioni spacciate per proiezioni in pellicola, cambi di programma praticamente ogni giorno, presentazione di pellicole che con il genere trattato normalmente al Fantafestival c'entrano poco o niente. Dulcis in fundo, un altisonante annuncio a cui nessuno ha realmente creduto, una promessa che gli organizzatori stessi, probabilmente, sapevano bene di non poter mantenere. Ma vediamo di andare con ordine.

Le anteprime annunciate hanno consistito di sei film in tutto, di cui poi, realmente, ne sono passati solo cinque: si è trattato della commedia-slasher Vacanze di sangue, dell'horror coreano Two sisters, dei due action (sempre provenienti dalla Corea) Tube e Resurrection of the little match girl, e della commedia demenziale francese Pistole nude. A questi doveva aggiungersi il nuovo film di Sergio Stivaletti, intitolato I tre volti del terrore, che non è stato alla fine presentato: al suo posto, un semplice special con vari spezzoni del film, che uscirà in sala il 20 agosto. Tale livello qualitativo e quantitativo per quella che un tempo era la sezione più ricca e interessante del Fantafestival dà già un'idea sufficiente del carattere profondamente dimesso di questa edizione: a parte l'ottimo horror diretto da Kim Ji Woon (stranamente poco apprezzato dal pubblico), abbiamo assistito all'americanizzazione del cinema d'azione coreano con Tube, a un furbo e poco riuscito clone di Matrix (Resurrection of the little match girl, presentato tra l'altro in condizioni improponibili - ma ci arriveremo), a una commedia horror sostanzialmente senza idee (Vacanze di sangue) e a una pellicola (tra le tante) che con questa manifestazione non ha praticamente nulla a che spartire, ovvero Pistole nude. Al danno si è aggiunta la beffa, come dicevamo, dell'incredibile modo in cui è stato proiettato il film di Jang Sun-Woo: presentato in lingua originale, il film è stato accompagnato (nella prima proiezione al Quattro Fontane) da sottotitoli su display elettronico realizzati in modo delirante, assenti per larghi tratti di film (ad esempio tutti i primi dieci minuti), spesso desincronizzati o assolutamente inattinenti con quanto si vedeva sullo schermo, e viziati da una traduzione ai limiti del dilettantesco (per fare solo un esempio: lo sgombro, noto pesce marino che nella trama del film si trasforma in un'arma, è stato rinominato con il meno noto - e decisamente più esilarante - appellativo di "maccarello" - frutto probabilmente della traduzione letterale dall'inglese "mackerel": il termine ha suscitato l'incontrollata ilarità del pubblico in sala). Nelle successive proiezioni all'Overlook, il film è stato invece presentato completamente privo di sottotitoli: una mancanza che non è stata assolutamente segnalata né nel programma, né in alcun comunicato da parte degli organizzatori, e che ha reso così impossibile la fruizione del film per larghissima parte degli spettatori.

L'altra sezione teoricamente di una certa rilevanza della rassegna consisteva nel cosiddetto "Premio Melies", un concorso dedicato a pellicole europee di genere che ogni anno vede assegnato un "Melies d'Argento" a un film che poi va a concorrere, in un successivo festival continentale, al "Melies d'Oro", scelto tra i vincitori di vari festival specializzati europei. Il premio, quest'anno, è andato all'interessante thriller nostrano Evilenko, diretto da David Grieco; gli altri titoli in concorso si sono caratterizzati per la loro qualità altalenante (dagli interessanti ma incompiuti Last food e Il magico Natale di Rupert - film, quest'ultimo, burtoniano senza coraggio - agli ottimi ma poco in linea col carattere della rassegna Il tempo dei lupi e Le valigie di Tulse Luper - La storia di Moab, fino al sottovalutato e intelligente Il siero della vanità).

Gli altri due premi assegnati quest'anno dal festival erano riconoscimenti istituiti appositamente dai gestori del cinema Overlook, che, come detto, quest'anno hanno coadiuvato Pintaldi e Ravaglioli nella messa a punto del programma: si è trattato dell'"Ascia d'Oro" (concorso che ha racchiuso una serie di lungometraggi di genere fantastico usciti nel corso della stagione) e dell'"Ascia d'Argento" (premio dedicato invece ai cortometraggi). Ad aggiudicarsi i due premi nelle rispettive sezioni sono stati il thriller Segui le ombre di Lucio Gaudino e il corto slasher Se la notte finisse di Piero Cannata. Gli altri lungometraggi che hanno concorso all'"Ascia d'Oro" si sono caratterizzati ancora una volta per la loro qualità altalenante, ma mai realmente convincente: si va dal brutto thriller italiano Twisted - Ascolta la canzone del vento, agli indipendenti e non privi di motivi di interesse Red Riding Hood, Custodes Bestiae e The Shunned House, al divertente Cecilia, per arrivare a titoli che qualche anno fa, se letti nel programma del Fantafestival, avrebbero probabilmente fatto pensare a un errore, data la loro assoluta estraneità a quello che è il DNA della rassegna: film come i pessimi Twentynine palms e Il tesoro dell'Amazzonia, o come il recente The missing, western diretto da Ron Howard.

Le sezioni dedicate alle due case di distribuzione Eagle e Moviemax (quest'ultima di recente costituzione), hanno portato al Fantafestival film già visti nelle sale, la cui qualità va dal discreto al decisamente brutto: al primo gruppo appartengono il thriller Highwaymen e l'horror simil-Non aprite quella porta La casa dei 1000 corpi; nel secondo gruppo troviamo invece il risibile Talos - L'ombra del faraone (che tra l'altro passò già, al Fantafestival, in una precedente edizione) e l'inutile, scialbo Ripper - Lettera dall'inferno.

All'interno del previsto omaggio al pioniere dell'horror nostrano Riccardo Freda abbiamo assistito ad un'altra, grave beffa per il pubblico della rassegna: il primo dei tre film previsti, infatti, ovvero I Vampiri, (gli altri due erano L'orribile segreto del dottor Hichcock e Maciste all'Inferno) è stato presentato in una videoproiezione di pessima qualità (con un videoproiettore tarato male - l'immagine occupava a malapena metà dello schermo - e un audio citofonico), senza che gli organizzatori si siano preoccupati in alcun modo di avvisare il pubblico che si aspettava di assistere, giustamente, a una proiezione in pellicola.

L'ultima sezione della rassegna è quella che ha fatto registrare la beffa più grave, talmente macroscopica, per quanto in un certo senso annunciata, da prefigurarsi come una vera e propria presa in giro nei confronti del pubblico. Nella sezione Overlook Special Events, accanto a titoli noti e stranoti, che comunque agli appassionati avrà fatto piacere rivedere (si andava da Il fantasma del palcoscenico a Labyrinth - Dove tutto è possibile, passando per classici come Il pianeta proibito e Per favore, non mordermi sul collo), doveva essere presentata, contro ogni logica e con un "colpo" che forse non sarebbe stato realistico neanche per il ben più quotato Fantafestival di dieci anni fa, una fantomatica maratona in versione estesa della trilogia de Il signore degli anelli. Proprio così: sollecitati più volte a fornire chiarimenti, i responsabili dell'Overlook hanno confermato a più riprese che (con un'anteprima che a quel punto sarebbe diventata mondiale) nell'ultima nottata sarebbe passata la versione estesa (appena completata) dell'ultimo episodio, Il signore degli anelli - Il ritorno del re. Lo scetticismo di chi scrive rispetto alla reale possibilità, per una manifestazione già in difficoltà così evidenti, di aggiudicarsi un titolo tanto ambito, non solo ha trovato conferma nei fatti, ma è stato addirittura superato da quanto è realmente accaduto: la trilogia è stata proiettata con tutti e tre i film in versione cinematografica, ovvero ridotta. Una vera e propria presa in giro per il pubblico, quindi (che oltretutto, nei giorni precedenti, aveva prenotato e pagato per assistere a questo fantomatico evento), che si è sommata, per noi, all'incredibile ed incomprensibile decisione di invalidare l'accredito stampa per l'ultima giornata (se l'accredito non era valido per tutta la durata del festival, perché mai gli organizzatori non ce l'hanno comunicato?).

Un'ultima nota va spesa sul pubblico. Da sempre, il pubblico del Fantafestival è parte integrante dello spettacolo che la manifestazione offre, e la sua presenza, con il suo modo di fruire i film, fa di questa rassegna un "caso" pressoché unico tra i festival cinematografici europei e forse mondiali. Un pubblico appassionato, pronto ad esprimere rumorosamente la propria approvazione o disapprovazione per le opere proiettate, entusiasta o irriverente a seconda dei casi, ma sempre estremamente "partecipe". Negli ultimi anni, questa modalità così particolare di fruizione ha provocato anche qualche momento di tensione fra gli spettatori, nelle cui file si annoverano anche appassionati che vogliono seguire un'opera cinematografica in modo "classico", quindi in silenzio. L'accusa più comune, per l'ala più rumorosa del pubblico, è stata quella di rovinare la visione di film validi, che per essere apprezzati necessiterebbero di una fruizione più attenta. Riguardo a questo aspetto c'è da dire alcune cose: è sicuramente vero che, negli ultimi anni, c'è stata una radicalizzazione di questo atteggiamento da parte del pubblico, che ha finito, in alcuni casi, per non saper distinguere più film che "meritano" un certo tipo di partecipazione da altri che andrebbero magari seguiti in modo più attento (è il caso proprio di Two sisters, che, a parere di chi scrive, sarebbe stato maggiormente apprezzato in una cornice diversa); ma è altresì vero che, su determinati film (ed è da dire che, purtroppo, quest'anno si è trattato della maggior parte delle pellicole presentate), la partecipazione del pubblico, estremamente "viva" e reattiva, ha finito per rappresentare un valore aggiunto per uno spettacolo che altrimenti avrebbe avuto ben pochi motivi di interesse. Probabilmente la radicalizzazione (a volte ingiustificata) dell'atteggiamento del pubblico è stata direttamente proporzionale al progressivo scadimento del livello della proposta del festival; una proposta che quest'anno, purtroppo, non ha fatto registrare i miglioramenti sperati, al punto da spingere l'appassionato a porsi una legittima domanda: vale la pena mantenere in vita, in queste condizioni, una manifestazione che ha avuto trascorsi tanto importanti, ma che ormai sembra vivere, da tempo, una sorta di coma irreversibile?