Death Note di Netflix: Un adattamento che tradisce lo spirito dell’originale

Dal 25 Agosto in catalogo, la versione USA del celebre manga e anime non sposta solo l'azione in territorio statunitense, ma perde di vista il cuore e i personaggi della storia originale.

Death Note: il protagonista Nat Wolff in una foto del film
Death Note: il protagonista Nat Wolff in una foto del film

È un po' una storia già vista quella delle reazioni aspre al remake di Death Note targato Netflix, una risposta da parte del pubblico che si ripete a (quasi) ogni annuncio di rifacimenti di opere molto amate e che aveva visto il suo apice lo scorso anno, quando le nuove Ghostbusters erano osteggiate con una veemenza tale da sfociare nel barbaro ed ingiustificato sessismo. Un'ondata di proteste che in qualche modo ha colpito anche Death Note, al punto che al recente Comic-Con di San Diego il regista Adam Wingard è apparso quasi stanco di rispondere ad esse, aggiungendo che "la cosa migliore che possiamo fare ora è mostrarvi il film."

E noi l'abbiamo guardato in anteprima, cercando di mettere da parte pregiudizi e dubbi, sforzandoci di rinchiudere nel nostro cuore l'affetto che proviamo per manga ed anime originali, per poter giudicare questo nuovo film anche come un'opera autonoma che possa raggiungere nuove fette di pubblico. Anche, ma non solo, ovviamente. Perché pur sempre di un adattamento si tratta ed è necessario giudicare anche come e quanto funzioni in quanto tale; se lo spirito dell'opera di partenza permane nella nuova. E questo, ahinoi, non accade.

Chi trova un quaderno, trova un tesoro

Death Note: un'immagine dal film targato Netflix
Death Note: un'immagine dal film targato Netflix

Prima di addentrarci nel film firmato da Wingard, quello del recente Blair Witch per intenderci, è bene spendere qualche parola su cosa sia Death Note. Nato come manga firmato da Tsugumi Ôba e Takeshi Obata e pubblicato in Giappone tra il 2003 ed il 2006, racconta la storia di un giovane brillante, Light Yagami, che entra in possesso di un misterioso quaderno dalla copertina nera, il Death Note appunto, gettato sulla Terra dallo shinigami Ryuk, ovvero un dio della morte che solo Light, in quanto possessore del quaderno può vedere. L'uso del quaderno è definito da molteplici e complesse regole, ma vi basti sapere la base di esse: scrivendo il nome di un individuo sul quaderno, Light ne decide la morte.

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Death Note: una foto del film
Death Note: una foto del film

Intelligente e calcolatore, Light decide di usare il quaderno per quello che nella sua visione malata è il bene, uccidendo malviventi di ogni tipo, ma finisce per attirare l'attenzione delle forze dell'ordine che si affidano ad un'altra mente brillante per contrastare questo pericoloso assassino a cui danno il nome di Kira: il bizzarro detective L. Tra i due si instaura una vera e propria battaglia a colpi di idee, mosse e contromosse, una vera e propria partita a scacchi tra due personalità forti, nella quale ognuno cerca di stare sempre un passo avanti all'avversario, prevedendo le mosse successive.

Adattare Death Note

Death Note: Nat Wolff alle prese con il misterioso personaggio interpretato da Lakeith Stanfield
Death Note: Nat Wolff alle prese con il misterioso personaggio interpretato da Lakeith Stanfield

Una complessità narrativa trasposta in animazione mettendo al centro Light e le sue macchinazioni, facendo attenzione a rendere comprensibile ogni passaggio allo spettatore, in trentasette episodi travolgenti e ricchi di colpi di scena, per uno degli anime più amati dal grande pubblico nell'ultimo decennio. Una fame di Death Note che ha portato ad ulteriori adattamenti live action in terra nipponica e che ora ha permesso a questa storia di fare il salto intercontinentale ad opera di Netflix. Un'operazione accusata fin da subito di whitewashing per il casting occidentale, ma si tratta di un'accusa poco sensata, considerando che non è semplicemente cambiata l'etnia dei protagonisti, ma tutto il background della storia, spostata in quel di Seattle.

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Shinigami e buoi dei paesi tuoi

Death Note: un'immagine del film
Death Note: un'immagine del film

Un'operazione che ha motivi di essere, che ha permesso agli autori di affrontare l'argomento in modo diverso, contestualizzandolo nella cultura americana in quanto a problemi e disagi più propriamente occidentali, a cominciare dal bullismo che già aveva caratterizzato un'altra produzione del 2017 del canale streaming, l'apprezzata Tredici. Perché allora non fare il passo ulteriore e dare alla storia del protagonisti diversi da Light e L? Anche e soprattutto in virtù di un dato: il Light (qui Turner e non Yagami) e L interpretati da Nat Wolff e Keith Stanfield sono di fatto due personaggi diversi dagli originali, non solo dal punto di vista etnico, ma di costruzione e definizione narrativa. E lo sono, altrettanto ed inevitabilmente, le dinamiche tra loro, quel rapporto affascinante che l'anime riesce a sviluppare nell'arco di una storia elaborata e sorprendente, quella partita a scacchi a cui abbiamo accennato che viene ridotta alla stregua di una fugace battaglia navale.

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Un altro Death Note è possibile?

Death Note: Margaret Qualley in una foto del film
Death Note: Margaret Qualley in una foto del film

Il principale limite del Death Note di Netflix, infatti, è a monte, nella scelta di comprimere la storia, i suoi presupposti, il suo gusto per i twist e i suoi dilemmi morali, in un film da poco più di novanta minuti, autolimitandosi e castrandosi in partenza. Oltre che in un casting che lascia a desiderare nei ruoli principali, con soprattutto un Wolff che non riesce a dar corpo a un Light credibile, laddove Margaret Qualley riesce a tratteggiare una controparte femminile intrigante e diversa dalla Misa che affianca Light nell'originale. Eppure il lavoro di Wingard sul tema è interessante e alcune scelte affascinanti, come per esempio quella di tenere il Ryuk di Willem Dafoe, un'ottima scelta per il ruolo, costantemente in ombra, rendendolo più misterioso e cupo di quello che conoscevamo, senza andare a toccare la sua immancabile, caratteristica passione per le mele.

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Il risultato è un onesto horror estivo, di quelli che con piacere cerchiamo nelle sale nella nostra stagione più calda e meno cinematografica, un film dal gusto teen, più immediato e fruibile, che è più Final Destination che il cervellotico Death Note che conosciamo. Si tratta di una scelta di base, ma è una scelta che in molti odieranno o quantomeno faticheranno ad accettare.

Movieplayer.it

2.5/5