Recensione Body bags - Corpi estranei (1993)

Signore e signori, ecco uno spettacolo veramente raccapricciante! John "Zio Tibia" Carpenter e il suo compare Tobe Hooper ci richiudono all'interno del cinema più destabilizzante degli ultimi decenni. Con un'aggressività giocosa, un occhio ironico e qualche capello di troppo...

Carpenter Hooper Picture Creepshow

Il corpo umano nel cinema Horror ha sempre funzionato come un involucro per le abominevoli pulsioni della nostra specie di appartenenza. E' per questo motivo che le dissezioni splatter e l'esplosioni gore ne hanno deturpato costantemente i connotati, come metafora sociale, politica e culturale di tutte le contraddizioni possibili e immaginabili. I body bags sono gli involucri che quindi contengono altri involucri quando questi ultimi sono diventati inservibili secondo il senso comune. E Il cinema Horror ha costantemente ripudiato questo (presunto) senso comune, guardando sempre oltre gli steccati e le consuetudini della società civile.

L'incipiente calvizie, il trapianto del bulbo oculare e la studentessa universitaria che per arrangiarsi decide di lavorare in uno store notturno (già esso stesso allegoria ben marcata di un ispessimento oggettuale di quell'involucro "corpo umano" in grado di "esternalizzare" le paure tramite la follia omicida di uno sconosciuto qualunque), costituiscono rispettivamente la lotta per una banale routine quotidiana, l'esaltazione del superfluo e l'innesto dell'artificialità. La critica al meccanismo consumistico del mondo occidentale è lampante in questo Body bags - Corpi estranei, ma non si fa prendere troppo sul serio. Ciò per via di un film a struttura episodica in cui due mostri sacri del genere (con John Carpenter che addirittura gioca a fare il macabro presentatore stile lo Zio Tibia di Creepshow) muovono le redini di un movie-game "orribilmente" sfizioso, ma in cui le ambizioni alte di cinema sotterraneamente impegnato sposano la causa del divertissement da film per la tv.

Il furore polemico dei due registi risulta soprattutto nella "corporalità" simil-cronenberghiana degli ultimi due episodi. Esplicita ma, di sicuro, non sconvolgente. Il meccanismo dell'assedio (The Gas Station di Carpenter, il primo episodio del film), le frecciatine politiche anti-yuppismo (Hair, sempre di Carpenter) e l'appropriazione "indebita" di spazi non propri (Eye, l'episodio diretto da Tobe Hooper) sono tre delle tematiche più care al cinema dei due registi. Qui esse sono presenti anche se solo in controluce, con una punta esagerata di disimpegno intellettuale che non priva comunque il progetto complessivo di una certa loquacità narrativa e di un'altrettanto spiccata incisività visiva. Anche grazie alla presenza delle (ormai) vecchie glorie del fantastico che fu: Roger Corman, Wes Craven, Sam Raimi, John Agar, Stacy Keach e lo stesso Tobe Hooper.