Benedetta: il j'accuse di Paul Verhoeven e una storia vera dal sapore rivoluzionario

Misticismo, erotismo, potere, omosessualità, religione: nel nostro approfondimento ripercorriamo Benedetta di Paul Verhoeven attraverso la rivoluzionaria (e vera) storia di Suor Benedetta Carlini.

Benedetta: il j'accuse di Paul Verhoeven e una storia vera dal sapore rivoluzionario

Il concetto è chiaro, Paul Verhoeven amplia il suo sguardo sulla Fede, sull'ossessione e sulla sessualità, mettendo in parallelo due figure rivoluzionarie: Benedetta Carlini - che darà poi il titolo al film - e la mitizzazione scomoda, secondo la Chiesa, di Giovanna D'Arco, finita al rogo nel 1431 dopo essere stata accusata di eresia. Già perché il suo Benedetta - presentato a Cannes 2021 e poi al New York Film Festival, dove è stato accolto dalla protesta accesa di un gruppo ultra-cattolico che accusò il regista di blasfemia - è la sua pellicola più sovversiva, nonché realizzata per essere un sottile e raffinato capo d'accusa alla Chiesa, in grado di mistificare, plagiare e scoraggiare.

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Benedetta: una scena del film

Si intende, un j'accuse cinematografico, sinuoso, tagliente ed elegante (lasciando allo spettatore il giudizio finale), amalgamato in una storia vera che parte dal saggio di Judith C. Brown, ossia Atti impuri - Vita di una monaca lesbica nell'Italia del Rinascimento. Una storia vera che, d'un tratto, diventerà meravigliosamente falsa, perfetta per essere lo spunto riflessivo di un tema spinoso, come può essere spinosa la sessualità collegata ai dogmi religiosi, chiusi e gretti in una dimensione medievale. Proprio a Cannes, il regista ha dichiarato in merito alla sessualità e alla blasfemia di "non capire davvero come si possa essere blasfemi in considerazione di un fatto vero... la storia non si può cambiare".

Benedetta, la storia vera

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Benedetta: una scena del film

Verhoeven, che non si tira indietro quando c'è da calarsi in atmosfere pruriginose, si è sempre detto affascinato dalla sacralità, sia nel senso stretto sia nelle declinazioni artistiche. Non è un caso che Benedetta, per estetica, si rifaccia alla pittura sacra rinascimentale, a cominciare dalla luce naturale delle location scelte: Montepulciano, la Val d'Orcia, Bevagna. Ed è poi la luce che accompagna le gesta della protagonista, interpretata Virginie Efira, illuminando la religione, l'erotismo, l'omosessualità e l'ambizione, di contraltare ad un'epoca dominata dalle pestilenze e dalle autorità ecclesiastiche. Un'epoca chiusa, complicata, oscura. Come detto, il film di Paul Verhoeven si rifà alla figura di Benedetta Carlini, nata nel 1591 a Vellano, in Toscana.

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Benedetta: una foto dal set

Nel XVII Secolo i "conventi non sono luoghi di carità", e per potervi entrare bisognava pagare, così come pagarono i genitori della bambina per garantirle un posto esclusivo nel Convento della Madre di Dio, a Pescia. Insomma, il solito posto in Paradiso assicurato dall'indulgenza pecuniaria. A trent'anni, ormai diventata suora, Benedetta ebbe delle visioni mistiche che, ripetutamente, turbavano la quiete notturna del Convento. Sempre secondo i fatti accertati, le sorelle concordarono nell'affiancarle Suor Bartolomea, che nel film ha il volto di Daphne Patakia. Divenuta Badessa, gli altri prelati decisero di indagare e soffocare le sue visioni mistiche in preda al Controriformismo, atto a salvaguardare la Chiesa Cattolica dopo i moti protestanti di Martin Lutero.

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Benedetta: una scena del film

Le autorità ecclesiastiche scorsero in Benedetta una minaccia all'integrità del cristianesimo, temendo una spiritualità eretica e indipendente. A confessare fu proprio Bartolomea, rivelando di essere l'amante e di provare, anch'essa, esperienze mistiche durante gli amplessi. Benedetta perse l'incarico di Badessa, e venne tenuta sotto sorveglianza per i successivi trentacinque anni, prima di morire nel 1661 - un anno dopo la sua ex amante. E infatti, come ci dice il cartello finale che conclude Benedetta, "Poteva assistere alla messa, e occasionalmente mangiare con le consorelle, ma seduta per terra".

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Una riflessione sul potere

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Benedetta: una scena del film

Secondo gli ulteriori studi, la figura di Benedetta Carlini è importante non tanto per lo "scandalo sessuale" di una "suora lesbica", quanto invece per i suoi tratti eversivi e politici, slegati dal concetto assoluto di fede e religione, e di conseguenza più vicini ad una spiritualità protesa al misticismo e alla sessualità, fisica e intellettuale. Un concetto, questo, esplicato da Paul Verhoeven nel finale del film che, per sua diretta ammissione, ha ben poco a che fare con i cenni storici, puntando invece sulla fantasia.

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Benedetta: una scena del film

Tuttavia, all'ombra delle sfumature più maliziose, la vicenda reale di Benedetta, vissuta quattrocento anni fa, è (anche) una riflessione sul potere: Suor Benedetta era una donna del Diciassettesimo Secolo, non un periodo semplicissimo per il gender equality. Nonostante questo, divenne una sorta di santissima leggenda a Pescia (risparmiata dalla Peste Nera), acquisendo un peso specifico notevole, sia in Convento sia nella comunità. Una storia audace e unica, dunque, capace di mettere sullo stesso piano la libertà, l'individualità e la sessualità. Nemici comuni dei dogmi religiosi, pronti per essere bruciati nel rogo di una ragione che, con il tempo, verrà poco a poco sconfessata.

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