Ari Folman racconta Valzer con Bashir, orrori di guerra in cartoon

Il grande cinema del 2009 parte da Israele e da un ipnotico documentario animato che scava nelle memorie dei soldati israeliani, testimoni degli orrori della prima guerra del Libano, negli anni '80. In attesa di una probabile nomination agli Oscar, Valzer con Bashir arriva in Italia questo venerdì presentato dal regista Ari Folman.

Se le feste natalizie hanno portato al cinema tanti brutti film che si sono spartiti il ricco botteghino di fine anno, con l'arrivo del 2009 gli spettatori dal gusto più raffinato vedranno finalmente appagata la loro fame di grande cinema. Giungeranno infatti questo fine settimana nelle nostre sale, due dei film più interessanti degli ultimi tempi. Dalla Svezia è in arrivo la delicata storia d'amore tra un bambino vittima di bullismo e una piccola vampira, protagonisti del sublime Lasciami entrare, mentre ad assestarci un deciso pugno nello stomaco sarà l'ipnotico e innovativo Valzer con Bashir, documentario animato diretto da Ari Folman. Proprio quest'ultimo è stato oggi a Roma, alla Casa del Cinema di Villa Borghese, per presentare il film che sarà distribuito, a partire dal prossimo venerdì, dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti con un numero iniziale di 21 copie, che andrà ad allargarsi nelle settimane successive, sperando di sfruttare il traino di una possibile nomination all'Oscar come miglior film straniero. Il film di Folman sembra infatti destinato ad essere l'avversario più ostico per il nostro Gomorra nella lotta per la conquista dell'ambita statuetta.

Combinando Flash, 3D e animazione tradizionale con una verve immaginativa davvero sbalorditiva, Valzer con Bashir traduce in cartoon un girato in real video di 90 minuti che documenta il viaggio del regista nelle memorie dei soldati dell'esercito israeliano, impegnati nella prima guerra del Libano che culminò nella terribile strage nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, nell'agosto del 1982. Attraverso interviste e momenti di fiction, tra ricostruzioni degli eventi e intervalli onirici, il film racconta, con un potentissimo mix di immagini, parole e musica, di un conflitto eterno e insanabile che ha portato a inutili massacri, che non sembrano però aver insegnato nulla a chi governa quei popoli. Nell'interessante incontro con il regista israeliano, ex soldato deciso a fare i conti col proprio scomodo passato che è anche quello di un intero paese, si parla anche dell'attuale conflitto israelo-palestinese che sta tenendo banco in questi giorni sulle prime pagine dei giornali e della presidenza Obama, che per Folman rappresenta 'la nostra prossima speranza'.

Ari Folman, il suo è probabilmente il primo film israeliano a raccontare l'esperienza dei reduci della guerra del Libano. Com'è stato accolto nel suo paese?

Ari Folman: Piuttosto bene, direi. Ha ricevuto un'accoglienza calorosa da parte della maggior parte degli spettatori e io sono passato dall'essere considerato un ribelle all'essere amato dall'establishment che di solito divide le persone in due categorie, chi fa parte della loro cerchia e chi non ne fa parte.

Israele è molto tollerante con gli intellettuali e gli artisti e il governo ha sostenuto il mio film perché in esso viene detto che i soldati israeliani non hanno partecipato attivamente al massacro di Sabra e Shatila, in quanto i veri responsabili sono stati i falangisti cristiani. Alcuni mi hanno criticato dicendo che non consideravo gli altri punti di vista sulla vicenda, che raccontavo solo la storia vista dalla nostra parte. Credo che, in termini ideologici, non sia mia responsabilità raccontare le storie degli altri. Spetterà a loro dirci come sono andate le cose dal loro punto di vista e spero che questo avvenga, perché desidero confrontarmi anche con la loro versione. Sarebbe però ipocrita per me, come regista e come ex soldato israeliano, superare il confine e raccontare anche la loro versione dei fatti.

Il film sembra essere espressione evidente di un suo trauma, quello di un ex soldato che aveva rimosso l'orrore del massacro, che aveva bisogno di essere elaborato. Realizzare quest'opera l'aiutata in qualche modo?

In Israele siamo riservisti fino all'età di cinquant'anni. Ogni anno devi prestare servizio per due settimane e io volevo essere esentato e concludere quest'obbligo ai quarant'anni. Mi hanno chiesto perciò di vedere uno psicoterapeuta per essere esonerato. A lui ho cominciato a raccontare la mia storia di soldato fin nei dettagli e ho scoperto che c'erano dei buchi neri nella mia esperienza. In quella maniera sono riuscito a tirar fuori tante cose. Rispetto alla terapia però, fare un film è un procedimento più dinamico: vai in giro, viaggi, intervisti persone, scrivi, cancelli. E' un processo più efficace rispetto al vedere uno psicoterapeuta ogni due settimane. Se cinque anni fa mi avessero fatto vedere una mia foto di soldato diciannovenne, probabilmente avrei saputo distinguermi, ma non mi sarei riconosciuto, perché provavo rabbia verso la persona che ero. Grazie alla realizzazione di questo film sono tornato in pace con me stesso, è stato un viaggio personale molto importante per me e ora di fronte alla stessa foto saprei senz'altro riconoscermi.

Cosa pensa di questo nuovo conflitto che coinvolge Israele in questi giorni?

La seconda guerra del Libano risale all'estate del 2006, quando eravamo in via di completamento del

film. In molti mi dicevano che se il film fosse uscito in quel periodo sarebbe stato piuttosto attuale, ma come si può notare dai titoli dei giornali di questi giorni anche oggi il film è di grande attualità. Purtroppo, visti i leader che abbiamo, il film sarà sempre attuale, perché ci sarà sempre la guerra. Di solito c'è chi sostiene la violenza e chi invece è contrario al suo uso. Da noi chi governa conosce soltanto la violenza come mezzo per ottenere ciò che si vuole. Per me, bisognerebbe fare di tutto per prevenire lo scoppio di altre guerre, ma non è stato fatto nulla da nessuna delle due parti, in termini di diplomazia e negoziazioni, per fermare il conflitto e si è addirittura ricorso ai bombardamenti. Nei nostri leader c'è l'assoluta mancanza di pietà e di rispetto per gli altri, per le loro sofferenze e le loro morti. Fanno la guerra come io gioco a scacchi.

Lei crede che la presidenza Obama possa aprire un nuovo corso nella situazione tra Palestina e Israele?

Penso che la storia di Barack Obama sia incredibile. Se vent'anni fa avessero paventato a un qualsiasi cittadino americano l'ipotesi di un presidente di colore, chiunque si sarebbe messo a ridere. Tutta la vita di Obama non si può paragonare neanche lontamente a chi l'ha preceduto, è un uomo che va al di là delle razze grazie alle sue origini miste. Tutti noi riponiamo grande fiducia in lui, ben conosci che si tratta di un essere umano con i suoi difetti, il che ce lo fa amare ancora di più. Nessuno può negare però che Barack Obama rappresenti la nostra prossima speranza.

Come mai nel finale ha scelto di interrompere l'animazione per ricorrere a immagini reali che testimoniano la tragedia della guerra?

E' stata una decisione artistica. Volevo evitare che anche solo una persona uscisse dalla sala pensando "Bel film, bella animazione, belle musiche" senza capire la reale portata di quello che aveva appena visto. Quei quindici secondi finali contestualizzano il film, lo mettono nella giusta prospettiva. La storia racconta di più di tremila persone, in particolare donne, bambini e anziani, che sono stati massacrati e voglio che le persone ne vengano a conoscenza. Se anche poche di loro, una volta tornate a casa, andranno su Google per cercare informazioni sulla vicenda, avrò raggiunto il mio obiettivo.

Molto importante nel suo film è l'utilizzo delle musiche, tra le quali è presente anche una ninna nanna di Bach. Come ha scelto la colonna sonora?

Mentre scrivevo la sceneggiatura ascoltavo ossessivamente i dischi di Max Richter, un compositore inglese che fa musica molto malinconica e deprimente, l'ideale sottofondo insomma per scrivere una sceneggiatura di questo tipo. Ho pensato quindi che la sua particolare combinazione di elementi classici ed elettronici sarebbe stata perfetta come colonna sonora di Valzer con Bashir. Non conoscendolo personalmente, ho cercato il suo sito su Google e poi gli ho mandato un'email raccontandogli del progetto e lui ha subito accettato. La musica è stata pronta prima del lavoro di animazione e ho voluto che gli animatori la ascoltassero per entrare negl giusto mood durante il loro lavoro. Accanto a questa musica così innovativa, volevo usare anche musica classica. Nella casa dove sono cresciuto si ascoltava molta musica classica, ma mai Bach, perché i miei genitori pensavano che fosse troppo tecnico, senza emozioni e sentimento, e perciò sentivamo soltanto Chopin, Beethoven e Litz. Forse anche per questo motivo, da grande ho sviluppato una particolare ossessione per Bach e ancora oggi continuo a litigare con mia madre sull'argomento. Ho utilizzato una sua ninna nanna come contraddizione rispetto al tema della guerra che è al centro del film. Nella colonna sonora sono presenti poi elaborazioni elettroniche di pezzi classici di Schubert e Chopin.

Come mai tra i ringraziamenti nei titoli di coda del film, cita Bob Dylan e il calciatore Steven Gerrard?

Mi piaceva l'idea di ringraziare le persone che hanno ispirato in qualche modo il mio film. All'inizio avevo in mente di concludere Valzer con Bashir con la canzone 'Masters of War' di Bob Dylan che ben riassumeva il significato del film, ma poi ho pensato che sarebbe stato eccessivo, perché il film già diceva tutto. Perciò alla fine ho optato per un semplice ringraziamento a un grande artista. Essendo poi un grande tifoso del Liverpool, ho voluto citare anche Steven Gerrard, che considero il miglior calciatore di tutti i tempi.