Roma accoglie John Landis e i suoi Ladri di cadaveri

A quattro mesi di distanza dalla sua visita lampo per la presentazione in anteprima mondiale al Festival di Roma, il mitico John Landis torna nella Capitale in occasione dell'uscita nelle sale del suo nuovo attesissimo film.

Dopo dodici anni di assenza dal grande schermo, il cineasta dall'umorismo acuto e genio indiscusso autore di pietre miliari come Animal House, The Blues Brothers e Un lupo mannaro americano a Londra, torna alla ribalta con Ladri di cadaveri - Burke & Hare, una brillante, tagliente e bizzarra commedia nera ispirata alle vicende di due criminali della storia scozzese, Burke e Hare, entrambi di nome William, vissuti nella Edinburgo della prima metà del diciannovesimo secolo. Un film dei suoi insomma, macabro, grottesco e irriverente, forse il film in costume più brillante mai realizzato. Burke & Hare (questo il titolo originale del film) avviarono un commercio di cadaveri con cui rifornivano i luminari della facoltà di medicina dell'università locale, in particolare il Dottor Knox, interpretato da Tom Wilkinson, uno spregevole insegnante di antomia umana. Il tutto per mettere da parte il denaro sufficiente per aprire un'agenzia di pompe funebri che avrebbe fruttato incassi praticamente doppi, dalla parte delle famiglie dei defunti e dalla parte del 'progresso medico'. Il grande John Landis costruisce attorno a questa coppia di improvvisati serial killer una black comedy dai toni gotici, divertente, frizzante e movimentata, un film all'altezza del suo glorioso passato, interpretato dai bravissimi Simon Pegg e Andy Serkis che come una sorta di black brothers si aggirano per le vie di Edinburgo in cerca di 'carne fresca'.

Dopo anni di buio e qualche sporadica regia televisiva Landis accetta la proposta degli storici Ealing Studios di Londra, da poco riaperti, e celebra alla grande il suo grande ritorno in pista.
Dopo il successo di pubblico e critica al Festival Internazionale del Film di Roma nell'ottobre scorso, durante il quale presentò il film in anteprima mondiale, il regista è giunto nuovamente in città in occasione dell'uscita del film e per presenziare ad un'anteprima con il pubblico organizzata presso il cinema Embassy di Roma.
Ladri di cadaveri - Burke & Hare sarà nelle sale da venerdì 25 febbraio distribuito da Archibald Enterprise Film.

Come ci si sente da erudito di cinema come è lei e da cineasta arrivare con una commedia così marcatamente britannica in un paese come l'Italia che ha una grande tradizione nella commedia?
John Landis: Non c'è dubbio, Ladri di cadaveri è un film molto inglese, ha un soggetto inglese, è prodotto da una compagnia inglese, ma io ampierei il discorso perchè non c'è una commedia migliore o peggiore di un'altra. La commedia per me è commedia e basta, non c'entra la nazionalità, c'è solo chi la sa fare e chi non la sa fare, quando una cosa è divertente lo è e basta. Purtroppo quel che sfugge allo spettatore che vede il film doppiato è che pur essendo ambientato in Scozia, i due protagonisti in realtà parlano irlandese stretto mentre il resto del cast è tutto completamente inglese. Il film è molto giocato su questa differenza di accenti, come sarebbe una differenza tra dialetto del nord e dialetto del sud Italia.

Cos'ha significato per lei tornare a lavorare insieme ad una storica casa di produzione come gli Ealing Studios di Londra?

Gli Ealing Studios hanno prodotto dei film importantissimi nel dopoguerra come Sangue blu e La signora omicidi, film duri, estremamente dark, film che per lo più narrano di assassini seriali, che erano interpretati da grandi attori come Alec Guinness, Peter Sellers e Vincent Price. Per me è stata una grandissima opportunità, quando mi hanno offerto di fare il film quasi non ci credevo, oggi nessuno più investe in film 'strani' come i miei. Oggi è tutto commercializzato, si tende a rischiare poco.

Come ha lavorato sulla luce del film? In alcuni punti ricorda molto le opere di certi pittori fiamminghi e somiglia un po' al lavoro fatto sui colori e sui tessuti fatto da Stanley Kubrick per Barry Lindon...
E' tutto merito del direttore della fotografia John Mathieson, che poi è uno che lavora perennemente al fianco di Ridley Scott. Mi fa piacere il paragone con Kubrick perchè mentre giravo il film ho pensato molto a quello che faceva lui nei suoi film. In effetti nella pittura fiamminga quel che risalta di più è la luce fioca delle candele, ed anche qui, con aggiunta di altre luci ovviamente, ho usato molto la luce calda del lume di candela. Se poi ci aggiungiamo il fatto che ho usato un nuovo tipo di pellicola sperimentale il gioco è fatto. A pensarci bene mi rendo conto che ho girato quasi tutto il film al buio, tant'è vero che più volte mi sono chiesto "ma verrà mai fuori qualche cosa di buono da queste riprese?".

Dal punto di vista del look poi il film è molto molto curato, ha fatto delle ricerche particolari in tal senso?

Mia moglie Deborah Nadoolman, la costumista del film, ha fatto un sacco di studi in tal senso, ha per esempio notato che non andavano affatto di moda le barbe lunghe in quel periodo, anzi gli uomini erano sempre ben rasati in quel periodo, solo i militari forse avevano la barba incolta. Tanti cappelli (quelli del film sono stati tutti realizzati da una sartoria romana) e tanti candelieri pieni di candele, una cosa che a prima vista non sembra tanto problematica ma che col passare dei giorni vi assicuro che infastidisce non poco. Mentre giri ti cola dappertutto la cera addosso! Con i film d'epoca si impara sempre qualcosa, ma questa della cera me la sarei sicuramente risparmiata (ride).

Nel suo film ci sono anche stavolta diverse apparizioni di suoi colleghi, abbiamo notato tra gli altri anche Michael Winner, il regista de Il giustiziere della notte, ci racconta il motivo di questi cammei?
In tutti i miei film faccio interpretare delle piccole parti ai miei amici di sempre, registi, musicisti, esperti di effetti speciali, è una cosa che faccio per mio puro divertimento, non c'è alcuna tattica dietro, mi diverto a far cimentare i miei collaboratori e amici in cose che non fanno spesso. Michael poi è uno che conosco da tanto tempo, anche se obiettivamente non è una persona molto simpatica. Ricordo un aneddoto nel deserto, mentre si girava un film con Bronson, io facevo parte del cast di attori e mentre noi mangiavamo pane e pomodoro in mezzo alla sabbia, lui mangiava cibi francesi con argenteria e bicchieri di cristallo. E' uno che non ci va leggero con la troupe, è un po' stronzo devo ammetterlo, ma io lo trovo un personaggio molto buffo nella sua stronzaggine, ed ho deciso di scritturarlo per una particina nel film. Ho avuto nel cast in passato anche Robert Painter, il suo direttore della fotografia che diventò poi anche il mio direttore della fotografia, scomparso recentemente, e poi Terry Gilliam, Ray Harryhausen, Costa-Gavras, in totale circa centocinquanta registi sono apparsi nei miei film.

Quanto hanno pesato nel suo film il ricordo dell'horror della Hammer Film, quanto di quel che vediamo era stato pensato come omaggio e quanto è invece venuto fuori per amore? Il cammeo di Christopher Lee c'entra qualcosa?

Non parlerei di Ladri di cadaveri come un film horror, molti lo credono ma non è affatto così, è una pura e semplice commedia. Christopher ha ben 89 anni, è un mio grande e vecchio amico e volevo che partecipasse anche se con una particina al mio ultimo film. Forse a pensarci bene qualche inquadratura ricorda i film della Hammer, io stesso l'ho pensato mentre giravo, c'è una scena in particolare, quella in cui il francese entra nella cantina dove il dottore sta sezionando un cadavere, c'è un'inquadratura dall'alto e poi dal basso. Forse qualche richiamo e qualche connessione c'è ma non ci sono mummie, vampiri né lupi mannari.

Nel suo film si parla di progresso scientifico, e c'è un utilizzo delle ultime tecnologie di CGI ma non in maniera massiccia come avviene di solito nel film di nuova generazione. Da uomo di set quale lei è, si sente di dire che il suo approccio per lo più tradizionale è derivato dall'entità del budget o da altro?
Il modo di fare cinema non è mai troppo cambiato da cento anni a questa parte. Sono cambiati i mezzi, se guardi foto di scena di film del 1909 e le confronti con quelle di film di oggi ci vedi più o meno la stessa cosa. Certo, oggi abbiamo il colore, il suono, la computer grafica, ma questa è molto costosa, non vi immaginate nemmeno quanto costi usarla. Il cinema sotto questo punto di vista è un'arte giovane visto che ha solo cento anni, ed il linguaggio usato è lo stesso di tanti anni fa, il cinema è fatto di posizionamenti della macchina da presa, di inquadrature single messe in sequenza. La gente oggi giorno è un po' stufa di vedere film realizzati con un largo uso di computer, obiettivamente se ne fa largo abuso nel cinema moderno nonostante sia un'attività che ha bisogno di molta manodopera. A me non piace molto usarla, l'ho usata nel film in poche scene, nella sequenza del barile che rotola per esempio, abbiamo fatto un test gratuito in precedenza, hanno fotografato il barile e poi mappato sul computer, mi è piaciuto il risultato e ho detto sì. Quando rotola è un effetto realizzato in CGI, quando gli attori lo toccano è un barile reale.

Lei ha realizzato un film utilizzando un argomento tabù come la morte, la morte che si nutre di sangue e di morte a sua volta. Quanto ha influito la scelta del cast in un film che cerca di spingere il pubblico a parteggiare per due serial killer, simpatici e spietati, che per lo più devono essere credibili...
Il casting non è stato importante solo in questo film ma lo è sempre, in tutti i film, è l'unica cosa che può fare veramente la differenza. Recitare è un mestiere difficile, il cinema e la TV sono strumenti visivi. Se per esempio hai bisogno di un'attrice bella e giovane, magari prosperosa, non vai ad ingaggiare una vecchia signora bruttina con la pelle raggrinzita. Che diavolo ne sai se la ragazza sa veramente recitare o meno, quello che guardi maggiormente sono le sue tette, se poi trovi anche una che sa recitare decentemente allora sei a cavallo. E' ingiusto lo so, l'attore dotato non necessariamente viene scritturato per questo tipo di ruoli. Un mestiere dei più crudeli del mondo, credetemi.

La commedia italiana sta vivendo in questi ultimi anni un momento di splendore, c'è un grande afflusso di pubblico nelle sale per i film nostrani, dipende forse dal fatto che noi italiano riusciamo a ridere dei nostri difetti?

La verità a mio avviso è che la gente va a vedere il film perchè si diverte, punto e basta. Tutte queste analisi sul mercato sono per me delle grandi stupidaggini. Il sistema cinema dà in mano ai registi tanti soldi, non perchè vogliono fare i mecenati dell'arte ma per fare quattrini, questo è il punto focale della questione. I produttori non fanno altro che inseguire i soldi, Prendete il genere western, sono stati fatti migliaia di western ma poi è morto perché nessuno li vedeva più, poi è arrivato Sergio Leone che li ha reinventati e trasformati in vere e proprie opere di culto, oggi sono di nuovo nell'oblio. Perchè oggi fanno tanti film sugli zombie? Perchè fanno tanti soldi, e quando gente smetterà di vederli non li faranno più.

Cosa piace al pubblico oggi?
Quel che piace al pubblico è difficile da capire, tutti i registi sono schizofrenici, puoi fare un film per i critici, per il pubblico, per te stesso. Se fai un film di successo sei un genio, il successo ti da la possibilità ti da poterne fare un altro, magari diverso e così via, fino a quando non riesci a conquistarti il tuo pubblico e puoi fare i film che vuoi. Pensate che io ho scritto Un lupo mannaro americano a Londra nel 1969 ma sono riuscito a produrlo solo nel 1981. Per The Blues Brothers sono stato fortunato, ho avuto successo con Animal House e sono riuscito a mettere insieme i soldi per realizzarlo. I miei non sono mai stati film commerciali, sono film particolari, strani, ho avuto successo ma non sempre ti riesce, questo mi ha dato negli anni la forza di realizzare film sempre diversi dal solito, che la gente inizialmente ha snobbato poi ha iniziato ad amare, ma solo dopo tanto tempo. Ora qualunque critico interpelli ti dice che i miei film sono dei mainstream. Roba da matti (ride).

Quindi solo il tempo può decidere se un film è veramente un classico che è piaciuto al pubblico?
La prima volta che venni a Roma portavo i jeans, in alcuni ristoranti non potevo entrare, ora non gliene frega niente a nessuno di come vai vestito, è solo una questione di soldi, oggi il jeans è diventato mainstream. Io personalmente ho fatto film per motivi diversi, personali, finanziari, politici, e quando fai un film ti fai delle domande, ti chiedi "se ci metto questo o quello forse venderebbe di più", ci sono tante persone che lavorano tanto per riuscire a fare il mestiere che amano. John Huston diceva "i registi di cinema, le prostitute e gli edifici, diventano rispettabili solo con l'avanzare dell'età", e io ho appena compiuto sessant'anni, quindi quelli che la gente prima considerava film di merda ora stanno per diventare dei classici (ride). Tutto ciò è divertente, perchè sono gli stessi fottutissimi film di prima. Prendete Casablanca, è un classico che ha settant'anni e ancora oggi è meraviglioso, ci sono tanti altri film realizzati nella stesa epoca ma non sono così belli. Vuol dire che è un film ben fatto. Poi ci sono stati film rivoluzionari come Psycho, 2001 - Odissea nello spazio, Otto e mezzo di Fellini, questi film oggi non sembrano più così radicali e sovversivi come erano all'poca.

A proposito di commedia, lei pensa che fare un film su Berlusconi oggi potrebbe essere interessante o divertente?

Io lo trovo buffo e divertente allo stesso tempo, noi abbiamo avuto Bush per tanti anni, e ora anche voi avete il vostro buffone. La cosa triste in Italia è che non c'è opposizione, mi fa pensare molto a Quarto potere questa vicenda. Fare un film anti-berlusconiano diventa impossibile in questa condizione, come lo promuovi se muove tutto lui in un Paese? In ogni caso la cosa più potente che si possa fare ad un politico è trasformarlo in un pupazzo. Come fece Chaplin con Hitler ne Il grande dittatore ad esempio. Se Gheddafi sapesse che io lo considero un cretino la cosa non gli farebbe molto piacere credo, gli uomini di potere pretendono rispetto, e il fatto di ridere di loro ci da molta forza nei loro confronti. L'umorismo è l'arma più affilata che abbiamo.

Da queste risposte intuiamo il motivo per cui John Landis è riuscito a farsi amare negli anni dai critici, dai cinefili più integralisti ed allo stesso tempo anche dal pubblico.