Recensione RCL - Ridotte Capacità Lavorative (2010)

Realizzato usando un linguaggio diverso dalla solita cronaca giornalistica e dotato di un insolito tocco farsesco, lontano dai toni drammatici che spesso gravano su questi argomenti, RCL sfrutta per il suo scopo unicamente il mezzo cinematografico e l'estro di un grande attore teatrale come Paolo Rossi.

La fabbrica dei sogni o degli incubi?

Divertentissimo, amaro, sagace, brillante. E' RCL - Ridotte Capacità Lavorative, il reality-movie ideato dal giornalista e autore napoletano Alessandro di Rienzo e diretto da Massimiliano Carboni che racconta in maniera bizzarra le vicende della Fiat di Pomigliano d'Arco, il 'fantomatico' paesino vesuviano di cui tutti parlano ma in cui nessuno è mai stato a vedere realmente cosa accade. Una piccola comunità a vocazione rurale, quella di Pomigliano, che da anni si ritrova al centro delle lotte operaie contro il regime dei padroni di una delle più grandi fabbriche di automobili d'Italia. Realizzato usando un linguaggio diverso dalla solita cronaca giornalistica e dotato di un'insolito tocco farsesco, lontano dai toni drammatici che spesso gravano su questi argomenti, RCL sfrutta per il suo scopo unicamente il mezzo cinematografico e l'estro di un grande attore teatrale come Paolo Rossi. Paolo è infatti un regista cantastorie che sogna di sfornare un film di fantascienza ambientato in Italia, un Paese di lavoratori, la Repubblica fondata sul lavoro, o per meglio dire sullo sfruttamento dei lavoratori. Un film sotto il Vesuvio con protagonisti tutti gli operai delle fabbriche della zona con le loro famiglie, la risposta di Pomigliano d'Arco ("dev'essere stato parente di Giovanna d'Arco, sicuro") ad Avatar, un film in 3D di tre ore ambientato in fabbrica, sulla catena di montaggio della Fiat, "pensate come ne uscirebbe il pubblico, devastato!". Non segue regole, fa semplicemente un pittoresco giro turistico sui luoghi della vita quotidiana di un paesino come tanti, sfondo di accese lotte operaie, cercando di capire che aria si respira, chi ci vive e soprattutto che tipo di film fare in una cittadina così. Assoluto mattatore dal primo all'ultimo minuto un Paolo Rossi in preda al delirio creativo nel ruolo di un regista che prende quello che viene come viene, sognando di ambientare nel campo di calcio di Pomigliano il suo kolossal di fantascienza in cui Shakira, un'aliena venuta dal pianeta Lapo che, in coppia con Nino D'angelo, un cantante neomelodico vestito come Karl Marx, viene a salvare la classe operaia di Pomigliano e del mondo portandola al sicuro su un altro pianeta con un'astronave nascosta nella bocca del Vesuvio.

15-20 luglio 2010. Parola d'ordine 'realismo civile', obiettivo primario respirare l'aria di un paese del Mezzogiorno in cui c'è una sola piazza, tre fontanelle, una chiesa e un polo industriale. Sente odore di fantascienza Paolo, perchè quel che lui e la sua troupe trovano all'arrivo a Pomigliano è solo un paese civile, tranquillo, in cui a ricoprire i muri non sono le scritte velenose di chi protesta per i propri diritti ma le scritte d'amore dei ragazzi. Perchè dove c'è la lotta, c'è amore, e Marchionne diventa Melchiorre, uno degli innominabili Re Magi. C'è odore di fantascienza a Pomigliano d'Arco, perchè nella cittadina che è sempre stata la Stalingrado della sinistra (così la definisce Rossi) c'è ora un sindaco di destra. "Solo in Italia può succedere una cosa del genere, per questo in film di fantascienza è quello che più si addice al nostro caso", sentenzia Paolo con rassegnazione, "è l'unico genere che può descrivere quel che sta succedendo in Italia".
Per le strade della cittadina la sgangherata squadra fa i suoi sopralluoghi alla ricerca di ispirazione: si parla con i sindacalisti, con il parroco, con il sindaco, si vanno a visitare le normalissime case dei lavoratori, si cena con loro, si parla con loro, e poi la stazione, che tutti si immaginano degradata è in realtà un edificio funzionalissimo e moderno che "pare l'aereoporto di Francoforte". Si parla dell'atrocità della catena di montaggio, delle conseguenze causate negli anni alla salute degli operai, quella 'fantomatica' catena di montaggio, una cosa che solo Chaplin è riuscito a filmare nel suo Tempi Moderni. "La catena di montaggio fa male a chi non la fa", parola del sindaco, che dice tanto senza dire nulla, lasciando esterrefatto Paolo Rossi e compari quando tra una banalità e l'altra riesce a dire che gli agricoltori, come gli artigiani, si impegnano molto di più nel lavoro rispetto agli operai, perchè quando l'attività non è propria non c'è alcun interesse affinchè essa vada per il meglio. Poi la parola passa a chi nella catena di montaggio ci ha lavorato "se anche una sola volta si riuscisse ad entrare con una telecamera sulla catena di montaggio" assicurano i lavoratori di Pomigliano "tutti capirebbero perchè stiamo protestando e si unirebbero a noi".

Si alternano momenti trascinanti da ridere a crepapelle, come quello in cui Rossi riprende il suo 'operatore operaista' che incapace di controllare la lingua puntella qualche frecciatina 'alla Ballarò e alla AnnoZero'. Ma anche momenti di smarrimento e rabbia quando si sente il rappresentante sindacale della Fiom parlare di investigazioni private da parte dell'azienda, di corsi per la 'rieducazione' del lavoratore, e d'improvviso un senso di impotenza pervade lo spettatore che non sa se ridere o piangere di quel che ha di fronte agli occhi. Ma in RCL, nelle sale dal 10 dicembre grazie a Iris Film, ci si emoziona e ci si commuove quando Rossi legge di fronte alla telecamera la lettera inviata ai colleghi italiani dagli operai degli stabilimenti Fiat di Tychy, in Polonia, alla vigilia del referendum con cui sono stati chiamati a esprimersi sulle loro condizioni di lavoro. La Fiat ha infatti accettato di investire sulla fabbrica di Pomigliano per la produzione della Panda, che al momento veniva prodotta a Tychy per via del costo assai minore del lavoro, ma alle sue condizioni: lavorare di sabato, fare tre turni al giorno invece di due e taglio delle ferie. Tre sindacati su quattro hanno accettato queste condizioni, la Fiom ha resistito, ma alla fine, anche se non con un plebiscito, hanno vinto i sì. Aanche se il verbo vincere, in questo caso, è del tutto inappropriato.

Una figura a parte è quella degli RCL, lavoratori con Ridotte Capacità Lavorative causa le condizioni di salute rese precarie dal lavoro duro, lavoratori relegati in un altro edificio, esterno all'azienda, soprannominato da tutti l'isola dei famosi, una sorta di casta di intoccabili bisognosi di postazioni particolari, trecento lavoratori tenuti dalla Fiat da parte come esempio tangibile della sua 'sensibilità'. Alla fine Paolo il suo film non lo farà, perchè Nino D'angelo è impegnato a difendere il suo teatro a Forcella, perchè il comune non rilascerà i permessi per l'uso del campo di calcio e perchè Shakira ha il cellulare spento. E' ora per Paolo di radunare la troupe sulla terrazza dell'hotel per liberare in aria verso il cielo delle piccole mongolfiere colorate in segno di speranza. E' un voto a Chaplin: "Mandaci tu un'idea buona per raccontare il lavoro in fabbrica di oggi". La preghiera è stata esaudita.

Movieplayer.it

4.0/5