Recensione Sansone (2010)

Sansone si accontenta di rivolgersi al pubblico di giovanissimi e di famiglie, affidandosi ad una massiccia dose di CGI per rendere i bizzarri comportamenti dei cani protagonisti.

Cane di carta

Sansone (o Marmaduke, se vogliano usare il suo nome originale) è il cane danese protagonista, insieme alla famiglia Winslow che lo accompagna, della striscia a fumetti omonima creata nel 1954 da Brad Anderson. La storia recente ci ha insegnato che il passaggio dalla carta al grande schermo è sempre più semplice ed immediato e l'opera di Anderson non fa differenza in tal senso, facendo il grande balzo verso le nostre sale, dopo una presentazione in quel di Giffoni il mese scorso, grazie all'adattamento curato da Vince Di Meglio e Tim Rasmussen.
Spunto di partenza della storia messa in piedi dai due sceneggiatori per il debutto cinematografico di Sansone è il trasferimento dei Winslow dal Kansas alla California, dove il capofamiglia Phil dovrà lavorare come direttore del marketing per una ditta che produce cibo per cani biologico. Per il cane, così per l'allegra famigliola, adattarsi al nuovo ambiente non è immediato: nuove dinamiche, nuove abitudini, amici da riconquistare, per gli umani quanto per il povero danese che deve imporsi nel parco locale, un microcosmo di prati, aiuole e fontane in cui Sansone e gli outsider come lui devono sottostare a Bosco ed il suo gruppo di cani di razza. Una gara di surf è l'occasione giusta per la rivalsa, per Phil nel costruire la campagna promozionale per l'azienda, e per il cane per dimostrare il suo valore, ma l'evento finisce per dare il via ad una ulteriore serie di guai.

Se il salto da fumetto a film è ormai pratica consolidata, Sansone non si allinea al filone delle più recenti produzioni di qualità, accontentandosi di rivolgersi al pubblico di giovanissimi e di famiglie. Ma se inizialmente l'ampio campionario di razze presenti nel film, dal rottweiler Bosco alla dolce Collie Jezebel, alla lunga l'appeal puramente cinofilo perde di enfasi per le situazioni surreali che li vedono protagonisti: dal già citato surf fino ad esibizioni in stile break dance, ma soprattutto per l'espediente di base del film di dar voce ai cani, accompagnandolo al movimento delle bocche ottenuto con la grafica al computer. Tom Dey, infatti, già regista di film come Pallottole cinesi, Showtime e A casa con i suoi, abbonda nell'uso della CGI, usandola per modellare i comportamenti più strani dei cani protagonisti, ottenendo un effetto forse divertente per il pubblico più giovane, ma mitigando il fascino che i cani-attori riescono da sempre a catalizzare sul grande schermo.
Se però in patria il sapore infantile dei cani parlanti è bilanciato dal carisma degli interpreti che dona loro la voce (tanto per citarne alcuni, a parte Owen Wilson nei panni del protagonista, troviamo Emma Stone, Kiefer Sutherland e Sam Elliott), il pubblico nostrano dovrà accontentarsi di Pupo come doppiatore di Sansone.
A parte Lee Pace e Judy Greer nei ruoli dei coniugi Winslow e William H. Macy in quello del capo di Phil, non spiccano i protagonisti umani del film, vittime di una scrittura che poco spazio dà ai personaggi e concentra molta attenzione sull'infarcire plot e situazioni di riferimenti ed ammiccamenti alla cultura pop americana (da The O.C. a Mean Girls), suscitando qualche sorriso, ma senza riuscire a dare spessore ad un film che resta piatto come la carta che ospitava il Sansone a fumetti.

Movieplayer.it

2.0/5