Recensione Tutto l'amore del mondo (2009)

L'idolo delle teenager Nicolas Vaporidis torna sul grande schermo con una fiaba romantica generazionale che ci porta in giro per l'Europa tra fiumi di sentimentalismo e montagne familiari.

Amour in tour

Matteo Marini è un giovane aspirante scrittore di guide turistiche, un po' cinico e molto macho-finto intellettuale, che un giorno viene incaricato dalla direttrice-canaglia della casa editrice Magic Planet Books di svolgere una missione retribuita con un cospicuo gruzzoletto: avrà tre mesi di tempo per raccogliere materiale e scrivere Tutto l'amore d'Europa, una guida sulle location più romantiche del Vecchio Continente. Ad accompagnarlo nell'impresa per lui assai rischiosa, visti i suoi preconcetti sull'amore, il fotografo Ruben Sebastiani, un tontolone che, a sua insaputa, ha invitato a seguirli la ragazza di turno, la vivace Valentina, e la sua amica Anna, timida neolaureata e prossima alle nozze. Durante il viaggio Matteo e Anna, provenienti da due mondi sentimentali e sociali estremamente diversi, finiscono per l'innamorarsi e il loro nomadismo finisce per arrestarsi al porto sicuro dell'amore.

Con Tutto l'amore del mondo sembrerebbero finiti i tempi degli esami per il giovane attore Nicolas Vaporidis che con questa favola romantica racconta la generazione dei trentenni: Vaporidis prova infatti a superare i limiti ristretti dei teen movies, ma finisce per segnare un semplice passaggio di testimone, anzi di testimonial, da Riccardo Scamarcio, che ha saputo recentemente mettersi in gioco con ruoli e generi completamente diversi dando prova di coraggio oltre che di talento. Protagonista di blockbuster fortemente apprezzati dal pubblico giovane, come Notte prima degli esami e Come tu mi vuoi, l'attore romano, classe '81, tenta il passo lungo e, dopo gli ultimi flop, torna sugli schermi nella doppia veste di attore e produttore esecutivo. Non basta però il solo cambio generazionale a fare di questa leggera commedia on the road un film che punti a un pubblico più vasto di quello degli adolescenti, complice una sceneggiatura che continua ad ammiccare a spettatori minorenni con una semplicità estrema sia nella costruzione della trama sia nei dialoghi.
Il film è diretto dal regista Riccardo Grandi che, dopo aver lavorato per dieci anni in pubblicità, esordisce al cinema confezionando un prodotto che tecnicamente non presenta alcun difetto e che anzi, grazie anche al contributo di una piacevole e variegata colonna sonora che non passa certo inascoltata, rende più fluida la materia che modella: un inno all'amore in salsa rosa, una full immersion nel sentimentalismo che piacerà soprattutto alle più tenere sognatrici.
Tratto da Inter-rail, pièce teatrale dell'autore Massimiliano Bruno, già sceneggiatore della premiata ditta "degli esami", Tutto l'amore del mondo è un film giovanilistico, ma non per il cast nel quale spiccano le attrici Ana Caterina Morariu e Myriam Catania, perfettamente intonate con le corde delle romanticaglie imperanti. Il suo principale difetto sta nel raggrumarsi nella banalità di frasi da cioccolatini e in citazioni poetiche preconfezionate, che gonfiano le storie dei protagonisti come bolle d'amore fiacche, che svaniscono poi al primo déjà vu dietro l'angolo. La commedia mette in scena un giro dei sentimenti in tre mesi e in cinque città (Roma, Barcellona, Parigi, Loch Ness e Amsterdam), un girotondo fulmineo con soluzioni poco credibili e mai originali. Se le situazioni e gli equivoci risultano prevedibili, ancor di più lo sono, infilate tra una cartolina e l'altra, le brevissime escursioni nelle psicologie dei personaggi, tutti ridotti a cliché abusati: dal borghesuccio con le ambizioni in tasca al posto del portafogli vuoto, alla figlia dell'avvocato (del diavolo) di turno (Enrico Montesano) destinata a perpetuare la professione della famiglia "bene" di Roma, dalla piccola libraia, la madre di Matteo, che lotta contro la crisi economica e i cavilli legali, al padre artistomane (un irreprensibile Sergio Rubini) che ha abbandonato il figlio e si gioca la sua ultima chance al poker.
Da una simile girandola, impegnata a sciogliere vicende di amori acerbi che precipitano in ritriti happy end e conflitti genitori-figli districati dalle casualità, non fanno fatica a emergere i personaggi minori del film, quelli marginali rispetto alla storia cardine e depositari di un piglio di creatività e di esperienza attoriale: la divertente e godereccia coppia Monica Scattini-Riccardo Rossi, che pure si cala nella formula reiterata del duetto capo-assistente, ben più riuscita in commedie brillanti come Ricatto d'amore, e il giovane Alessandro Roja, nel ruolo di Ruben, che, lontano dalla cupezza di Romanzo criminale, sorprende con la sua versione italiana del divertente GnocBuster di American Pie. Sono personaggi e interpreti come questi che riescono ad ancorare un brio inaspettato a un road movie di formazione mancato e a farci dimenticare per qualche scena la sciatteria di interrogativi come "D'altronde cosa c'è di più entusiasmante dell'amore?".