Recensione Mine vaganti (2010)

Un Ozpetek, quello di 'Mine vaganti', con meno velleità d'autore rispetto agli ultimi lavori, ma che sembra aver trovato un equilibrio tra i suoi temi ed il suo stile.

Il coraggio di lasciare

Non sono molti gli Italiani presenti alla 60ma edizione del Festival di Berlino e Ferzan Ozpetek ha l'onore di essere uno di questi, insieme a Silvio Soldini e l'esordiente Alessandro Aronadio: Mine vaganti, l'ultimo lavoro del regista, è infatti inserito nella sezione parallela Panorama Special ed è stato presentato alla stampa lo stesso giorno dello Shutter Island di Martin Scorsese.
Rispetto agli ultimi lavori del regista, Mine vaganti rinuncia ad alcune scelte più autoriali, puntando sulla leggerezza e cercando nella semplicità quella forza che ai precedenti era mancata, cercando nella forma di una commedia all'italiana più classica il mezzo migliore per portare avanti i suoi temi. Non per questo si tratta di un film piccolo, perchè con un budget di sette milioni di euro, la produzione si può facilmente ascrivere all'ordine delle medio-grandi per il nostro paese.

Ne è protagonista il Tommaso di Riccardo Scamarcio, che, dopo aver costruito una vita a Roma, lontano da casa e vicino al suo sogno di diventare scrittore, torna a Lecce perchè il padre, un importante imprenditore nel campo della pasta, ha deciso di dividere le quote aziendali tra i due figli. Tommaso, in realtà, non è laureato in economia e commercio come pensano i genitori, ma in lettere, e di politica aziendale conosce e vuole conoscere poco. Inoltre quella relativa ai suoi studi non è l'unica menzogna raccontata alla famiglia, perchè Tommaso è omosessuale ed ha intenzione di rivelare la verità nel peggiore dei modi, nel corso di un pranzo con il socio del padre, provocando la reazione dei genitori, facendosi cacciare e chiudendo definitivamente i rapporti con loro e l'azienda di famiglia.
I piani di Tommaso, però, non vanno come previsto: la confessione non solo non viene messa in pratica, ma anticipata dal fratello Antonio che rivela lo stesso scandaloso segreto di Tommaso, che a sua volta resta bloccato a Lecce in seguito ad un malore del padre, per evitare di dargli il colpo di grazie ed occuparsi degli affari insieme alla figlia del socio, Alba.
Il tema dell'omosessualità, della sua accettazione in un luogo del sud come la Lecce che fa da sfondo alla storia, è centrale, ma non è l'unico che il regista, co-autore dello script con Ivan Cotroneo, mette in campo, focalizzando l'attenzione sulla necessità di manifestare la propria vera natura e di trovare il coraggio ed il momento giusto per lasciare le situazioni che ci rendono infelici. L'accettazione delle diversità comporta parallelamente la necessità di manifestare il proprio io interiore, di portare avanti il proprio modo di essere e vivere ed avere il coraggio di lasciare le situazioni che non ci soddisfano quando siamo ancora in tempo.
La figura di Tommaso, e l'interpretazione misurata che ne fa Scamarcio, è centrale per portare avanti i temi del film, fungendo da raccordo tra le storie dei vari personaggi, mentre la storia della nonna, interpretata da Ilaria Occhini, fa da cornice al film, riflettendo sul presente della famiglia Cantone le decisioni del passato.
Il tono, dicevamo, si mantiene leggero, avvicinandosi alla commedia all'italiana e scivolando solo sporadicamente nella battuta di basso livello, sfruttando piuttosto l'alchimia tra gli interpreti, gestendo i loro tempi recitativi, per dare vivacità e ritmo al film.
Si tratta forse di un Ozpetek con meno velleità d'autore rispetto agli ultimi lavori, ma che sembra aver trovato un equilibrio tra i suoi temi ed il suo stile. Un equilibrio che il pubblico italiano potrà apprezzare a partire dal prossimo 12 Marzo, quando il film sarà distribuito nelle nostre sale.

Movieplayer.it

3.0/5