Recensione Star System - Se non ci sei non esisti (2008)

Simon Pegg affronta il suo primo impegno da leading man in un film hollywoodiano, e sulla carta ci sono tutti i numeri per una performance brillante: il film è tratto infatti dal racconto biografico How to Lose Friends and Alienate People di Toby Young, autoironica narrazione delle vicende del giornalista britannico finito chissà come alla redazione newyorkese di Vanity Fair.

Sognando Hollywood

Irresistibile eroe di tante gemme comiche britanniche, tra cui L'alba dei morti dementi e Hot Fuzz, oltre alla sit com di culto Spaced, Simon Pegg affronta il suo primo impegno da leading man in un film hollywoodiano, e sulla carta ci sono tutti i numeri per una performance brillante: Star System - Se non ci sei non esisti è tratto infatti dal racconto biografico How to Lose Friends and Alienate People di Toby Young, autoironica e pungente narrazione delle vicende del giornalista britannico già cacciato dal Guardian e approdato chissà come alla redazione newyorkese di Vanity Fair.

Così Simon Pegg si trasforma in Sidney Young, reporter pasticcione che, dopo aver provocato l'ennesimo disastro a un party post-BAFTA a causa della sua smania di incontrare celebrità, si ritrova misteriosamente convocato a New York, presso il patinatissimo magazine Sharps. Qui si innamora immediatamente dell'ultima star di grido, la bellissima Sophie Maes (interpretata da quella che è effettivamente la cover girl del momento, Megan Fox) e continua a combinarne di tutti i colori, trovando un'alleata solo nella dolce e intelligente collega Allison (Kirsten Dunst), che impara ad apprezzarlo nonostante una prima impressione non cero esaltante. E ovviamente sarà lei a rappresentare, alla fine di un'avventura in cui Sidney metterà a repentaglio la purezza della sua anima ingenuamente british in nome del prestigio e dei soldi, il vero amore e il premio dell'eroe redento.

La cronaca di Young, stralunata ma anche aspra critica al jet set, al suo sistema di caste, alle sue fisime e alle sue depravazioni, diventa nella sua traduzione filmica una innocua commedia sentimentale con tutti i luoghi comuni del caso e un "insegnamento" di fondo che arriva di peso dal recente, e meglio riuscito, Il diavolo veste Prada. I paradossi ridicolizzati nel libro divengono una sequela di gag slapstick che strapperanno una risata ai più generosi la prima volta, ma non mancheranno di infastidire ripetendosi praticamente identiche qualche minuto dopo. Si salva l'interpretazione di Pegg, che ripropone quel fascino bizzarro e nevrastenico che è il trademark dell'attore di Gloucester; ed è deliziosa Kirsten Dunst in una dimensione che le si confà particolarmente - quella della "ragazza della porta accanto" - e che le dà modo di marcare una rivincita morale di per le non sex-symbol contro l'onnipresente Megan Fox. Il resto è una celebrazione della vacuità e dell'affettazione che Toby Young avrebbe deriso con gusto.

Movieplayer.it

2.0/5