Recensione Sliding Doors (1998)

Il neoregista Peter Howitt sfrutta un piccolo inconveniente ordinario per costruire una doppia storia il cui fulcro è rappresentato dalla grazia della sua protagonista, Gwyneth Paltrow

Gli imprevisti che cambiano il corso degli eventi

Quante volte ci è capitato di arrivare trafelati alla fermata della metropolitana e vedere le porte scorrevoli del vagone chiudersi improrogabilmente proprio davanti ai nostri occhi. Questa scena dell'immaginario quotidiano, tipica soprattutto delle grandi città, è il gradevole pretesto che ha consentito all'ex attore Peter Howitt (Una scelta d'amore, Nel nome del padre) di congegnare la sua opera prima, Sliding Doors, lungometraggio accattivante dai dialoghi vivaci ed arguti.

Accompagnata dalle note di una orecchiabile canzone, Turn Back Time, del gruppo musicale nordico gli Aqua, Helen, affermata P.R., interpretata da una perfetta Gwyneth Paltrow, si appresta a tornare a casa dopo aver ricevuto l'inaspettata notizia del suo licenziamento.

Per uno scherzo del destino, vero motore e un po' limite della storia, la ragazza perde la metropolitana e subisce una serie di contrattempi, in apparenza insignificanti, che ritarderanno il suo rientro a casa permettendo così che il tradimento del suo compagno non venga scoperto e che lei prosegua la sua pallida vita accanto ad un uomo la cui infedeltà ed indecisione continueranno a dominare il loro ménage di coppia. Ma cosa sarebbe accaduto se Helen fosse invece riuscita a salire su quel vagone della metropolitana? Avrebbe magari fatto amicizia con un simpatico ed affascinante compagno di viaggio, colto in flagrante il suo fidanzato ed iniziato una nuova vita brillante e spensierata.

A questo punto infatti il film si sdoppia e la macchina da presa costruisce e segue con abilità le due vicende, diverse ma parallele e che a tratti si sfiorano, le quali avranno naturalmente finali contrapposti e speculari, per cui sia in quello forse soltanto immaginato che in quello probabilmente più verosimile l'epilogo sarà in parte triste, in parte lieto. In entrambi, tuttavia, si respira la concreta possibilità di cambiare la propria vita in ogni istante; aleggia la fiduciosa convinzione che modificare un gesto abituale o imbattersi in un avvenimento accidentale possa concedere la scoperta e la conoscenza di realtà inimmaginabili che a loro volta inevitabilmente incideranno in modo disparato sul corso degli eventi. Dietro ad ogni scelta, quindi, anche la più banale ed insignificante, si nasconde un corollario vastissimo di potenzialità ed alternative, dipende dalla casualità e, aggiungiamo noi, soprattutto dal libero arbitrio, decidere se aprire o chiudere le porte scorrevoli del mondo che ci circonda.