A fari spenti nella notte: un noir per RaiUno

Uno sguardo ad una delle nuove produzioni Rai, interpretata da Guido Caprino e Francesca Inaudi per la regia di Anna Negri.

Tra le opere potenzialmente più interessanti presentate in questa quinta edizione del Roma Fiction Fest, un posto particolare lo trova il progetto di A fari spenti nella notte, nuovo film televisivo prodotto dalla Ocean per RaiUno e diretta da Anna Negri, figlia del discusso filosofo Toni Negri. Questo nuovo prodotto, in fase di post-produzione e di cui abbiamo potuto vedere una clip di cinque minuti, sarà una sorta di thriller drammatico ispirato alla vera storia di Umberto Mattone (che è anche co-sceneggiatore) rimasto invalido dopo un incidente stradale e vittima di un complesso intrigo ordito ai suoi danni. Nel film il protagonista, che è stato chiamato Stefano, resta vittima di un grave incidente in moto a seguito del quale perde totalmente la memoria: l'uomo non riesce a ricordare nulla della donna che sostiene di essere sua moglie, la bellissima Antonia, ma si sente attratto dalla giovane neurologa che lo segue, con cui inizia anche una relazione. Presto però, per Stefano, le cose si riveleranno più complesse di quanto sembravano all'inizio, e il protagonista si renderà conto che ricordare potrebbe essere peggio che restare nell'oblio.
La clip proiettata mostra una notevole cura nella fotografia, una impostazione cinematografica inusuale per questo tipo di prodotti, e motivi da thriller psicologico che occhieggiano ad Alfred Hitchcock e in genere alla tradizione del noir statunitense. L'incontro che ne è seguito ha visto la regista spiegare genesi e realizzazione di questa sua opera, insieme ai produttori Sergio Giussani e Doriana Caputi, alla sceneggiatrice Alessandra Murri, al responsabile di Rai Fiction Pino Corrias e ai protagonisti Guido Caprino, Francesca Inaudi, Maria Rosaria Omaggio e Federico Pacifici.

La regista ha innanzitutto spiegato com'è stata coinvolta nel progetto: "E' stato un lavoro affidatomi da altri, sono stata chiamata da un produttore, ho letto il soggetto e mi è piaciuto. C'è un nucleo di verità in esso, nasce da una storia vera, e questo ha dato un senso di utilità a quello che stavamo facendo: tutti provavamo un grande senso di rispetto verso quella persona, c'era verità e vicinanza alla sua storia, contrariamente a quanto accade di solito in tv, in un ambito che spesso porta a vivere in mondi astratti."
Alessandra Murri ha poi proseguito: "Il soggetto è il racconto di una storia vera, che però era impossibile da condensare in un film di un'ora e mezza: abbiamo così cercato il cuore della storia, l'emozione profonda che ne scaturiva. Credo sia importante sottolineare che la scelta che il protagonista fa, di fronte a una situazione disperata, è quella di non arrendersi".
"E' la storia di un uomo caduto che si rialza", ha concordato Pino Corrias, ed è anche una storia di sentimenti. Definirei questo film un prototipo, una storia vera che però, per funzionare e per far emergere il cuore di ciò che vuole esprimere, ha anche bisogno di una quota di finzione".
Anche Doriana Caputi si è soffermata sull'aspetto emotivo del film: "Ci ha colpito la quantità di dolore che esprimeva, ma abbiamo cercato di non usare questo dolore in modo gratuito, come spesso invece accade in televisione. Il dolore è dolore, non c'è niente di bello o di piacevole in esso, però a volte può aiutare, in qualche modo può essere un mezzo per l'introspezione. Abbiamo cercato di far emergere questo."
Sergio Giussani ha invece spiegato il suo coinvolgimento personale nel progetto: "Io ho avuto il piacere di conoscere Umberto, il reale protagonista di questa vicenda, fin da quand'ero ragazzino. Conoscevo bene la sua storia, e ho voluto fare il film anche per incitare chi si trovasse in situazioni simili alla sua a non lasciarsi andare, a cercare di recuperare. Credo che il messaggio che viene fuori dal film suoni anche come: 'attenzione, non seguitemi'."
"Anna è una persona vera, oltre che un'ottima regista", ha detto Maria Rosaria Omaggio. "Io interpreto la madre del protagonista, che non è un personaggio facile: è caratterizzato da leggerezza, sregolatezza, ma queste caratteristiche non nascondono tuttavia l'amore di una madre per suo figlio".
A intervenire è stato poi il protagonista Guido Caprino: "Mi spaventa parlare del mio personaggio, perché sono emotivamente troppo coinvolto. Il motore, l'elemento su cui ho lavorato per costruirlo è stato comunque quello della rabbia: è un sentimento molto comune, ma può essere il più grande nemico dell'uomo."
Francesca Inaudi ha scherzato un po' sul suo personaggio, la moglie del protagonista; una donna che si rivela presto malvagia e manipolatrice. "E' un personaggio terribile, il mio, negativo sotto tutti i punti di vista", ha detto l'attrice. "Ho dovuto faticare non poco per convincere il resto della troupe che non ero veramente così stronza! Tutti si chiedevano come mai mi riuscisse così naturale interpretare un ruolo del genere, eppure nella vita sono tutt'altro tipo di persona."
L'ultimo attore a prendere la parola è stato Federico Pacifici, che veste i panni del padre di Stefano: "Io interpreto un personaggio che nel corso della storia ha due età diverse, prima 56 anni (che è la mia età) e poi 75. Non è stato facile, ma mi ha aiutato molto la fiducia nella regia e nella scrittura, da cui mi sono completamente fatto guidare; ma anche le relazioni, e i conflitti, che si sono creati con i colleghi sono stati d'aiuto e di stimolo".