Restaurato Il Giardino dei Finzi Contini

Anteprima mondiale a Roma, il 25 marzo, alla presenza di Lino Capolicchio, uno degli attori protagonisti del film. A seguire proiezioni internazionali a partire da Londra, Toronto, New York, San Francisco.

Un capolavoro insieme elegante e popolare, tratto da uno dei romanzi più letti da generazioni di italiani, vincitore del Premio Oscar come Miglior film straniero, torna sugli schermi del mondo in una nuova versione restaurata digitalmente. E' Il giardino dei Finzi Contini, il film con cui nel 1970 Vittorio De Sica portava al cinema la grande narrazione di Giorgio Bassani, che rivive nella brillantezza e nel colore del nuovo restauro digitale promosso da Antony Morato, brand internazionale della Moda, in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà e L'Uomo Vogue. Una collaborazione particolarmente sentita da Luce-Cinecittà, per lo stretto legame dell'iniziativa tra memoria storica e grande cinema.

Il restauro cade infatti nella ricorrenza del 70mo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz. Una memoria a cui la forza e la bellezza di un'opera d'arte possono dare un sostegno indispensabile. Tanto più nel caso di un racconto per immagini che portava, e porta, il dramma delle leggi razziali in Italia e la tragedia delle deportazioni, attraverso un affresco di intimità, di emozioni ancora oggi capaci di essere riconosciute dagli spettatori in tutto il mondo.

Il restauro de Il giardino dei Finzi Contini, eseguito presso i laboratori Studio Cine di Roma e L'Immagine ritrovata di Bologna, avrà l'anteprima mondiale a Roma, alla Casa del Cinema, il prossimo 25 marzo, alla presenza di uno dei protagonisti del film: Lino Capolicchio.

Il film sarà poi presentato a Londra, Toronto, New York e San Francisco. Prossimamente anche in Israele. Il restauro, va ricordato, deve molto all'iniziale, fondamentale impulso di Manuel De Sica, co-autore tra l'altro delle musiche originali del film, e alla disponibilità degli aventi diritto: Minerva Pictures di Gianluca Curti e Movietime di Stefano Libassi.