Dogman, la storia vera del "canaro" che ha ispirato il film di Matteo Garrone

Dogman, il film di Matteo Garrone che nel 2018 ha fatto conoscere Marcello Fonte al grande pubblico, è ispirato a una storia vera: la tragica vicenda del 'canaro' della Magliana.

Quella, tremenda, che c'è al centro di Dogman è una storia vera, conosciuta come la vicenda del "canaro" della Magliana, ricostruita in parte da Matteo Garrone come fosse un crudele romanzo.

Deve il soprannome all'attività di toelettatore di cani, Pietro De Negri, detto il canaro, nato in Sardegna nel 1956 ma abitante di Roma ormai da molti anni, in quel quartiere, la Magliana, dall'animo popolare e, fin dalla fine degli anni '70, in forte espansione.
Ha la sua attività in via della Magliana 253 ma è alla piccola e malsana via Belluzzo che si lega il suo destino in quel 19 febbraio del 1988, quando la polizia, sollecitata da un allevatore di cavalli che si trovava casualmente a passare di là nelle prime ore del mattino, scopre il cadavere di Giancarlo Ricci, 27 anni, ex pugile ma conosciuto nel quartiere come spacciatore e delinquente.

Il corpo, dato alle fiamme, si presenta orrendamente mutilato, tanto che i medici legali sono in grado di identificarlo solo da una delle poche dita ancora rimaste. Visti i precedenti del giovane, la polizia pensa di poter archiviare il caso come un regolamento di conti, ma la verità viene a galla poche ore dopo: a uccidere Giancarlo Ricci è stato un uomo di 32 anni, minuto e da tutti descritto come innocuo e gentile: è Pietro De Negri.

La storia, fatta di prepotenze e violenza, tra De Negri e Ricci comincia nel 1984, quando l'ex pugile si presenta nel suo negozio con tanto di cane al guinzaglio con una strana richiesta: ha bisogno che il canaro gli faccia fare un buco nel suo negozio per rubare da quello accanto. De Negri nega il permesso ma Ricci non ha bisogno della sua approvazione: qualche giorno dopo si ripresenta a via della Magliana 253 per avvertire il proprietario che avrebbe bucato il muro del suo negozio proprio quel sabato. Al canaro non resta che entrare a far parte del piano, cosa che gli costerà alcuni mesi di reclusione e una catena di scelte sbagliate, come quella di partecipare ad altri furti, anche insieme a Ricci, per riuscire a pagare i debiti contratti.

Tre anni di minacce sono abbastanza per indurre anche il più innocuo degli uomini a covare un risentimento senza eguali, e così, il 18 febbraio 1988, De Negri, dopo aver attirato Ricci con una scusa nel suo negozio, lo rinchiude in una gabbia per cani e comincia a seviziarlo. Le torture durano più di 7 ore, secondo il racconto del canaro: dopo averlo stordito con una bastonata e avergli incendiato il volto, De Negri lega la vittima a un tavolo e comincia a mutilarlo, cauterizzando le ferite con la benzina di volta in volta perchè Ricci non muoia dissanguato e possa così essere presente nella propria lenta agonia.
Secondo la versione di De Negri, l'ex pugile alla fine sarebbe morto per asfissia, ma l'autopsia rivela una realtà diversa, con Ricci che sarebbe deceduto nel giro di 40 minuti per i colpi subiti alla testa. Le amputazioni sarebbero dunque avvenute post-mortem.
Il 12 maggio 1989 il canaro viene messo in libertà provvisoria non venendo considerato un soggetto socialmente pericoloso, ma il 26 giugno 1990 la Corte d'Assise lo condanna a 24 anni di reclusione. Nel 2005 è uscito dal carcere ed è tornato a vivere con la moglie, chiedendo solo di essere dimenticato.

L'arrivo di Dogman nelle sale, però, nel 2018, ha riportato la vicenda sotto i riflettori ed è stata l'occasione per la madre di Giancarlo Ricci di esporre il proprio punto di vista: in una puntata di Chi l'ha visto? dedicata al caso del canaro della Magliana, la signora Vincenzina Carnicella ha definito non attendibile la versione dei fatti di De Negri e sostiene che suo figlio sia stato ucciso da più persone, con De Negri che ha avuto il solo compito di attirarlo nel negozio con una scusa.