Venezia 70, Oleotto e Battiston insieme per Zoran, il mio nipote scemo

Il nostro incontro con il regista e l'interprete della deliziosa commedia presentata in concorso alla Settimana della Critica, la storia di un cinico che si scopre umano grazie al suo nipote: 'Racconto un Friuli senza confini, con attori straordinari'.

E' voluto tornare nel suo Friuli Matteo Oleotto, goriziano, classe 1977, per pescare la storia giusta che desse un senso al suo debutto registico; l'ha trovata in quella del buffo e cinico Paolo e del nipote ritrovato Zoran. Zoran, il mio nipote scemo, presentata in concorso alla 70.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nella Settimana della critica è una commedia che racconta l'incontro di due personaggi a loro modo romantici, da un lato un ragazzone mai cresciuto, deluso dalla vita, ancora traumatizzato dal divorzio, innamorato del vino, dall'altra un timido adolescente sloveno, con un gusto spiccato per l'eloquio forbito e uno straordinario talento per le freccette. Zoran è l'eredità che la povera zia Anja lascia a Paolo; dapprima considerato come un castigo, il quindicenne occhialuto diventa pian piano una delle poche certezze di Paolo. Seduti sulle panche di legno di Casa Zoran, lo spazio a due passi dal tappeto rosso, in cui i dibattiti si sposano con il buon cibo e il buon vino friulano, abbiamo fatto una bella chiacchierata con Matteo Oleotto e il bravissimo protagonista, Giuseppe Battiston.

Giuseppe, da dove sei partito per interpretare il ruolo di Paolo e soprattutto per renderlo con così grande naturalezza? Giuseppe Battiston: Questa naturalezza è frutto di un lavoro meticoloso che ha nel tempo il suo segreto. Io e Matteo abbiamo cominciato insieme a pensare a questo progetto quattro anni, tanto è durata la gestazione del film. Poi abbiamo lavorato tanto con gli sceneggiatori, abbiamo fatto diverse revisioni che hanno fatto crescere la storia. Avevamo chiare le tipologie umane che volevamo raccontare; nella nostra regione e più in generale in tutte quelle comunità contadine in cui c'è quello che vuol farsi notare a tutti i costi ne troviamo tanti di Paolo.

Come lo definiresti?
E' un semi balordo, un uomo solo non perché gli piaccia essere solo, ma perché è un egoista ed è fiero di esserlo. Ad un certo punto però gli viene nostalgia del mondo e della moglie. E' una figura reale, quasi naturalistica, è un personaggio che non vuole far ridere, ma alla fine si ride della sua pochezza.

Ecco perché non si può definire questo film come una commedia tout court...
E' una commedia cupa nei sentimenti e nelle ambientazioni. Ci sono luoghi di straordinaria bellezza, coperti da un cielo plumbeo. Il film è ironico, non si ride per un'ora e mezza, volevamo raccontare personaggi veri in una situazione verosimile. Quel tipo di realtà è così, c'è una comunità che si ritrova da chi vende il vino che fa. C'è chi beve, chi va al coro per non bere più, chi lavora. Volevo evitare di dipingere un personaggio con tinte grottesche o trasformarlo in una macchietta.

Ti senti un caratterista?
Sarò molto sintetico: no! Diciamo che in Italia a differenza degli Stati Uniti questo termine ha una connotazione negativa, rimanda a personaggi simpatici, grassocci, imbranati, mammoni, insomma un panorama piuttosto limitato; io invece so che posso creare personaggi diversi fra di loro e utilizzo il fisico che la natura mi ha dato. Posso far ridere e piangere.

Matteo, si tornato nella tua terra dopo dodici anni vissuti a Roma, quanto è stato importante per la nascita di Zoran, il mio nipote scemo questo spostamento? Matteo Oleotto: Io amo follemente la mia terra e non l'ho mai abbandonata, neanche quando stavo a Roma per studiare al Centro Sperimentale. E' stato importante ritornare in Friuli perché i costi del film si riducevano sensibilmente e poi perché ho avuto modo di incontrare Igor Princic, il produttore del film, uno degli uomini più illuminati che abbia mai conosciuto. Poi c'è anche un'importanza emotiva, stare lontano da casa e tornare ti fa guardare le cose con distacco, cose di cui altrimenti afferreresti solo il particolare. Ho voluto inserire una serie di personaggi in un contesto specifico, immergerli in un'atmosfera che è l'ingrediente in più. Il Friuli è spesso stato raccontato al cinema, ma da autori non friulani, che si sono fatti affascinare dai luoghi sacri. Io ho preferito raccontarlo nell'intimità.

Racconti anche la provincia in maniera molto affettuosa...
Perché per la provincia per me ha a che fare con l'apertura. In Italia siamo considerata ai margini, certi posti vengono conosciuti solo se vai in vacanza in Croazia, magari se c'è una famigerata coda in autostrada, eppure sono luoghi stupendi; abbiamo avuto l'occasione di parlare di una zona di confine, nascondendo i confini, perché considero una grande ricchezza il fatto di avere un paese straniero come la Slovenia al nostro fianco.

Come avete scelto l'interprete di Zoran?
Zoran, ovvero Rok Presnikar, è stato scelto con un casting su 476 ragazzini; il numero si è via via assottigliato fino ad arrivare a lui. Ero agitatissimo perché alcuni miei collaboratori mi avevo avvertito, dicendomi, "Attento, se sbagli Zoran sbagli tutto il film", quindi tornavo a casa in preda all'ansia e rivedevo le foto. Rok è un grande attore, ma diventerà un attore ancora più grande. Non parla una sola parola di italiano eppure è stato eccezionale, anche grazie all'intervento di un bravissimo dialogue coach. Ad essere strepitoso è stato anche Giuseppe, che ha saputo sfruttare alla grande gli incidenti sul set; si creava un corto circuito strepitoso, era come stare al teatro, a volte mi gustavo le scene sedendomi davanti al monitor con la sigaretta in bocca. Come potete capire la riuscita del personaggio Zoran è il risultato di un lavoro collettivo.

Com'è nata l'idea di fargli parlare un italiano arcaico?
Uno dei due scenografi parla come lui. E' sloveno e ha imparato leggendo il dizionario, come si faceva una volta, solo che al posto del dizionario noi abbiamo inserito questi due improbabili romanzi che possedeva la nonna.

Rok, questo è stato il tuo debutto assoluto, come ti sei trovato nei panni di Zoran? Rok Prešnikar: Un personaggio così lo devi amare per forza. E' strano, ma è molto sensibile e intelligente. Quando ho saputo che avevo avuto la parte ho fatto i salti di gioia.