Recensione Twilight (2008)

Un'anemica poesia d'amore adolescenziale con due protagonisti dalla bellezza accecante. Pur soffrendo di una scrittura approssimativa, Twilight saprà accontentare chi si nutre di romanticismo.

Vampiro, amore mio

Twilight, dunque.
Scattata l'ora del vampiro tanto bramata, le fan sono pronte a scoprire il collo per lasciarsi azzannare e perdersi in un'altra dimensione. Fenomeno culturale di proporzioni poco immaginabili fin quando non è stato svelato dalla lunga cavalcata della storia verso il grande schermo, Twilight si offre ora al pubblico dopo aver tramutato l'inchiostro in immagini e corpi, rompendo necessariamente l'incantesimo che un libro crea, quello dell'immaginazione che si apre e fa viaggiare la mente in un altrove privo di contorni. Non c'è però spazio per dubbi e prese di posizione rispetto al buon gusto dell'evento: qui si parla di una grande storia d'amore, di quelle che possono restare incorniciate solo in libri, film o fantasie, ma che riescono comunque a far vibrare le corde dell'emozione dello spettatore disposto a lasciarsi imbrogliare. Perché questa anemica fiaba da college, tra una Bella sognatrice e un vampiro maledetto e represso (in quanto costretto a nascondersi e a dissetarsi di solo sangue animale per coltivare l'illusione della normalità) ha già mietuto milioni di vittime in tutto il mondo, facendo del loro legame una religione e della saga una nuova Bibbia. C'è da giurarci, ora la sua traduzione al cinema saprà conquistare nuovi fedeli, dividendo per il suo dubbio gusto artistico, ma andando a raggiungere gli spettatori dall'età e dal cuore più teneri, propensi, per ingenuità o per azzardo, a cogliere l'incanto che si cela dietro un bacio che ha finalmente il sapore della più eccezionale tra le conquiste.

Catherine Hardwicke è una regista bizzarra, interessata da sempre al mondo degli adolescenti, che siano ragazzine tutte droga e sesso, surfisti che si mettono a calvalcare anche il cemento o contadine ebree che con un parto miracoloso cambiano per sempre la storia dell'uomo. Naturale quindi che l'universo di Twilight rappresentasse per lei una sfida allettante: trasformare le pagine scritte da Stephenie Meyer in immagini seducenti dalla forte personalità, che potessero così attrarre anche coloro che del romanzo non hanno mai sentito parlare. Purtroppo, la regista è stata chiamata a confrontarsi con una sceneggiatura fiacca, priva di mordente, scritta probabilmente con troppa fretta da Melissa Rosenberg, autrice finora del solo Step Up e di numerose serie tv, che trova nei dialoghi risibili e nella cattiva gestione di tempi e conflitti i suoi limiti maggiori. Da parte sua, la Hardwicke fa quel che può, resta visibilmente estasiata dalla bellezza accecante dei due protagonisti, i bellissimi quanto pallidi Kristen Stewart e Robert Pattinson, si lascia andare a continui primi piani che sembrano sospiri che ammaliano lo spettatore, e pretende fin troppo dai suoi attori ancora acerbi, muovendoli troppo spesso in uno stucchevole ralenti o ruotandogli attorno con la camera. Intento della regista è coniugare il solito approccio indie con un'orchestrazione degli elementi decisamente mainstream, tentando la via di un mix di generi che risulta però poco convincente.
Sfuggendo una scontata coloritura dark, il film opta per una fotografia caratterizzata dal blu, che chiude la storia in una bolla di sapone e ben si sposa con le nuvole che dominano costantemente il cielo di Forks, dove la storia è ambientata, luogo ideale per i succhiasangue per uscire allo scoperto. Gli effetti speciali non servono e quando presenti si rivelano simpaticamente caserecci, del sangue pare esserci solo l'odore, la soundtrack emo è costruita ad hoc (piacevole eccezione Iron & Wine), i discorsi soffrono di quella solennità che solo l'età giustifica, ma per fortuna ci è risparmiata ogni volgarità di sorta e di questi tempi è già cosa enorme. A governare il racconto è un infinito romanticismo e l'attrazione fatale tra Bella ed Edward, che si annusano e capiscono. Lui la respinge, lei si ostina a voler scoprire il suo segreto. Finché il vampiro decide di bagnarsi sotto la luce del sole per illuminare la ragazza sulle paure che lo vogliono distante da lei, ma il sentimento che ormai li lega è così forte che va oltre ogni deformità e diversità di specie. 'Ti fidi di me?' E dopo un attimo si ritrovano trenta metri sopra un albero, quando il pericolo che è destinato a venire è ancora lontano. A muovere le pedine, per una volta, è il solo istinto: di fronte all'amata bisognosa di protezione, il bel vampiro dallo sguardo languido rivela come anche per lui l'amore faccia rima con possessione. I sentimenti messi in gioco sono forti, ma la sceneggiatrice non se ne accorge e finisce con il banalizzarli in un eccesso didascalico che priva il film di quella magia necessaria (che si mantiene spesso nel sottinteso) a renderlo godibile fino in fondo.
Twilight è un film sfacciatamente femminile rivolto essenzialmente a un pubblico di adolescenti, che sposa il punto di vista di una ragazzina che disserta continuamente, con un eccesso di voce fuori campo che sconta l'origine letteraria, di morte e morti viventi, mentre sogna il grande amore e lo ritrova in una storia impossibile che fa caldo il sangue. In questo senso, il film della Hardwicke può essere considerato una poesia da teenager scritta sul tronco di un albero e ispirata dai primi palpiti del cuore. Allo spettatore adulto, cinico o semplicemente smaliziato, che quella fase l'ha saltata o l'ha ormai dimenticata, sembrerà una semplice sciocchezzuola. Bisognerebbe invece aver rispetto e tentare di capire, perché in fondo l'amore romantico è una dolce illusione: sfiorarsi, riconoscersi, entrarsi dentro, giurandosi che sarà per sempre. Viene da sorridere, ma lasciare che si cresca in questo abbaglio non ha mai bloccato nessuna crescita. I vampiri hanno bisogno di essere amati, le storie sbagliate chiedono di essere consumate, le paure legate all'identità, l'accettazione di sé, il bisogno di protezione, le lotte contro i mulini a vento e le tempeste sono tappe normali di un'esistenza in divenire. Che male potrà mai fare poi un morso sul collo, quando i denti sono così fragili che a contatto con la carne rischiano di spezzarsi?