Recensione Enid (2009)

L'abilità del regista sta proprio nel destreggiarsi attraverso questa ambiguità, descrivendo le ingiustizie, e a volte persino le crudeltà, compiute con l'atteggiamento superficiale e leggero di una ragazzina, e contemporaneamente la fragilità e la ricchezza interiore di Enid.

Una vita che va oltre la favola

L'eredità che un artista lascia al mondo è la sua opera; nel caso degli scrittori, sono le loro storie, quello che hanno deciso di comunicare, di condividere, di confessare. Per questo, per qualcuno scavare nella vita di un artista è una sorta di profanazione, perché quello che voleva dare di sé è già lì davanti ai nostri occhi, e tutto il resto deve rimanere ignorato, anche per non turbare l'ideale che ci si è figurati nella mente con informazioni sgradite. Ma è anche vero che conoscere la vita di un letterato, di un pittore, di un regista ci aiuta a comprenderne le scelte, a capire l'origine di quelle opere che tanto ci appassionano, di comporre un quadro più completo e coerente di una figura ispiratrice. Addirittura, a volte l'esistenza quotidiana si può rivelare persino più interessante di quello che emerge dai prodotti dell'invenzione, specialmente se i prodotti in questione avevano un destinatario in particolare. Mentre la realtà parla sempre a tutti. Come nel caso di Enid Blyton, prolifica scrittrice inglese di storie per bambini attiva nella prima metà del Novecento, i cui libri vendono ancora oggi più di otto milioni di copie all'anno.

Enid, il dramma televisivo diretto da James Hawes con protagonista Helena Bonham Carter, esordisce con il racconto dell'infanzia della protagonista, un'infanzia felice, illuminata dalla presenza del padre, sempre allegro e disponibile al gioco. E' per tranquillizzare i suoi fratelli durante le litigate tra questo padre, premuroso ma infedele, e la madre frustrata dai continui tradimenti, che Enid inizia a inventare le storie fantastiche che saranno poi protagoniste della sua vita e del suo successo. Abbandonata la famiglia dopo la partenza del padre, la ragazza si adatterà a lavorare come insegnante prima che, dopo anni di tentativi inutili, una casa editrice decida di pubblicare i suoi racconti. Con la popolarità arriverà anche l'amore: Enid sposerà infatti il proprio editore.

Ma questo quadretto apparentemente perfetto deve in realtà confrontarsi con la tormentata personalità della protagonista che, come rinchiusa nella propria ostinazione infantile, contrappone ad ogni problema reale un salto nella fantasia, rinchiudendosi nel proprio mondo immaginario, inaccessibile a chiunque. Al dilà del rapporto privilegiato con i piccoli fan, Enid è fredda e scostante, e usa il capriccio come una forma di protezione da tutto ciò che, potenzialmente, potrebbe farle del male: nonostante la propria ferma volontà di sposarsi e avere dei figli, presto il marito e le sue bambine le vengono a noia, con loro si sente inadeguata, oltre al fatto che non sono divertenti e anzi la disturbano nel suo lavoro. Siamo di fronte al ritratto di una donna ingiustificabile, manchevole nei suoi doveri di moglie e madre, ma nonostante ciò non si riesce a considerare Enid una persona cattiva. L'abilità del regista sta proprio nel destreggiarsi attraverso questa ambiguità, descrivendo le ingiustizie, e a volte persino le crudeltà, compiute con l'atteggiamento superficiale e leggero di una ragazzina, e contemporaneamente la fragilità e la ricchezza interiore di Enid. Enid è come un personaggio dei suoi libri, incapace di vivere nella realtà, incapace di vivere senza sogno, magia, bellezza e speranza. Non è stata in grado di fare quel salto che le avrebbe permesso di comprendere che quelle magie e quelle speranze che ciecamente ricerca nel proprio regno immaginario avrebbe potuto trovarle, magari meno luccicanti e colorate, ma capaci di regalarle una piena felicità, nell'affetto e nella vicinanza di coloro che la amavano.

Anche l'ottima interpretazione di Helena Bonham Carter aggiunge al personaggio una complessità e una profondità che ci permettono di penetrare oltre la Enid umorale e sognante, contribuendo a comporre quelle discordanze che sembrano spaccarla a metà. La protagonista non diventa, così, una sorta di Dr. Jeckill e Mr. Hyde, ma grazie all'espressività dell'attrice si percepisce continuamente il sentore della sua natura ambivalente, del suo tentativo costante di conciliare favola e vita.
L'equilibrio dimostrato dalla pellicola, che non ci risparmia la descrizione di un'antipatia che raramente abbiamo visto in un protagonista, ma che sa anche offrirci, senza atteggiamenti compassionevoli, la prospettiva degli aspetti più privati, autentici e generosi della sua vita, è forse la chiave di lettura più corretta della storia di questa straordinaria scrittrice. E' l'eterno conflitto tra verità e immaginazione, e, per quanto sia deprecabile subordinare le persone alle idee, avendo a disposizione un'immaginazione così vivida e potente, forse sarebbe stato difficile per chiunque, o addirittura un peccato, non lasciarsene divorare.