Recensione Il sospetto (2012)

Il film di Vinterberg è un profondo e tesissimo dramma, ma in più occasioni potrebbe quasi sfociare nell'horror, tale è la violenza con cui quest'idea, e la conseguente crudeltà che ne scaturisce, avvolge e soffoca il protagonista - un bravissimo Mads Mikkelsen - come una nuvola tossica che lo lascia senza respiro.

Una piccola bugia tra amici

Thomas Vinterberg torna in concorso a Cannes a quattordici anni dal bellissimo e sconvolgente Festen - festa in famiglia, e lo fa curiosamente con un titolo che ne rappresenta l'esatto opposto: laddove il primo film del movimento Dogma 95 raccontava dell'accusa da parte di un figlio al padre sessantenne di molestie sessuali verso lui e la sorella gemella e dell'incapacità e del rifiuto della famiglia nel credere a queste gravissime accuse, con Il sospetto rovescia la prospettiva e ci racconta di Lucas, un insegnante di un asilo che viene ingiustamente accusato di aver molestato una bambina e si ritrova così in un brevissimo tempo l'intera comunità contro.


Come racconta lo stesso regista, l'idea di questo rovesciamento di prospettiva gli fu suggerita subito dopo il successo di Festen da uno piscologo infantile, ma la proposta non fu mai presa sul serio da Vinterberg e il suo co-sceneggiatore Tobias Lindhom se non molti anni dopo. Si tratta probabilmente di un bene, perché allontanatosi dalle regole autoinflitte del movimento Dogma 95 (di cui Vinterberg stesso fu insieme a Lars Von Trier ideatore e fondatore) il regista ha la possibilità di raccontare questa storia nel migliore dei modi: non più legato ai movimenti nervosi della camera a mano e alle luci naturali che avevano caratterizzato il suo film più famoso, Vinterberg può raccontarci al meglio, grazie alla calda fotografia di Charlotte Bruus Christensen, la vita di un tranquillo villaggio in cui tutti sono amici da sempre, in cui persino i bambini possono camminare tranquillamente anche da soli.

Questa fiducia reciproca crolla istantaneamente nel primo momento in cui la bambina, un po' per gioco e un po' per un infantile dispetto, pronuncia una frase di troppo, per lei apparentemente innocua, ma di inimmaginabile gravità. Perché una bambina che ha sempre detto la verità avrebbe dovuto mentire proprio questa volta? E' una domanda che si fanno in tanti, ma a cui nessuno sa rispondere ed è così che il tarlo del sospetto parte dalla dirigente dell'asilo e in breve tempo si diffonde in tutta la comunità con una velocità tale da non non lasciare adito a nessun dubbio.

Il film di Vinterberg è un profondo e tesissimo dramma, ma in più occasioni potrebbe quasi sfociare nell'horror tale è la violenza con cui quest'idea, e la conseguente crudeltà che ne scaturisce, avvolge e soffoca il protagonista (un bravissimo Mads Mikkelsen) come una nuvola tossica che lo lascia senza respiro, senza speranza, senza alcuna possibilità di guardare oltre l'odio. Quello che gli rimane è solo la sua dignità, la consapevolezza di essere innocente a dispetto di tutto e tutti.

Vinterberg non vuole un thriller, ma vuole che così come in quello del protagonista anche nell'animo spettatore non vi sia mai nemmeno dubbio sulla sua innocenza e sulla realtà dei fatti; è proprio per questo che la vicenda non può che gelare il sangue, non può che coinvolgere in maniera profonda perché ci spinge a soffire insieme a Lucas, ci costringe a giudicare persone che in fondo, per paura, non fanno altro che cercare di difendere i propri figli e la propria comunità; fanno quello che in fondo cercheremmo di fare tutti noi, abituati a vivere in una società che è pronta a giudicare in troppa fretta e che dà più peso al sentito dire piuttosto che a valori quali l'amicizia.

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4.0/5