Un amore di gioventù non si scorda mai

A soli trentuno anni e con già due successi internazionali alle spalle, la regista Mia Hansen-Løve presenta la sua ultima fatica in cui racconta l'evoluzione di una passione trasformata in ossessione.

'Ho iniziato a pensare a questo film alla fine delle riprese di Tout est pardonne. Avevo la storia e i personaggi, ma ancora non me la sentivo di affrontare un soggetto simile che, invece, si è imposto subito dopo Il padre dei miei figli. A quel punto, infatti, ho sentito il bisogno di girare pagina e realizzare un film che parlasse di qualche cosa che aveva avuto un ruolo essenziale nella mia adolescenza, che facesse parte di me più profondamente'. Con queste parole la regista francese Mia Hansen-Løve presenta il suo ultimo lavoro Un amore di gioventù, distribuito dalla Teodora dal 22 giugno. Applaudita in patria e al Festival di Locarno, la storia della quindicenne Camille, interpretata dalla giovane Lola Créton, con il diciannovenne Sullivan aggiunge un nuovo tassello a una cinematografia personale incentrata prevalentemente sul racconto dei piccoli eventi quotidiani, capaci di mettere alla prova le capacità dell'essere umano di sopravvivere all'assalto dei sentimenti. In questo caso a essere chiamato in causa è un'intensa passione adolescenziale che, resa impossibile dalla distanza, direttamente dal Sud America torna a sconvolgere gli equilibri faticosamente raggiunti da Camille.

Un amore di gioventù ha una componente fortemente autobiografica, visto che s'ispira a un momento della sua adolescenza. Cosa ha provato nel riportare quelle esperienze sul grande schermo? Mia Hansen-Løve: Sicuramente c'è un lato autobiografico com'è accaduto per i miei film precedenti. Tutti nascono dalla necessità di colmare un vuoto, di affrontare un lutto o una perdita simbolica, come nel caso di Un amore di gioventù. Osservando l'insieme da questo punto di vista, possiamo dire che il lavoro fatto fino a questo punto va a formare una trilogia ideale. Io parto sempre da una realtà che conosco e che mi appartiene profondamente, ma la posta in gioco più alta, la sfida veramente incredibile è rappresentata dal trasformare il reale in finzione. Quello che m'interessa è la trasposizione cinematografica, grazie alla quale mi è possibile affrontare e prendere le distanze anche dagli avvenimenti più sconvolgenti.

Lei è una regista molta giovane che, a soli trentuno anni, ha già realizzato tre film molto apprezzati a livello internazionale. Com'è riuscita a costruire una carriera cinematografica così solida e così precoce, almeno per i parametri italiani? Mia Hansen-Løve: Per quanto riguarda la mia giovane età, posso dire di essere stata fortunata. Fino ad ora il mio lavoro mi ha permesso di realizzare tre film in soli sei anni di attività. Questo vuol dire che, terminando una storia con una scadenza biennale, ognuna di queste opere nasce e vive della stessa energia interiore. Però come tutti i registi, sono anche molto ossessionata dal tempo e dal prossimo progetto in cantiere. Quindi non riesco al godermi fino in fondo il successo e le soddisfazioni.

Nel film l'elemento pittorico sembra essere predominante. In modo particolare, poi, l'architettura ha un ruolo fondamentale per la protagonista Camille che, attraverso la progettazione e la costruzione riesce a riordinare le proprie passioni pacificando anima e corpo.... Mia Hansen-Løve: La pittura è un elemento fondamentale della mia vita. Pur non avendo alcun talento pratico e non potendomi definire un'esperta, ho l'ardire di paragonarmi a un artista mentre scrivo o realizzo i mie film. Come un pittore cerco di catturare un momento, una presenza o un luogo, nonostante i miei film abbiano sempre una struttura verticale. Per quanto riguarda l'architettura, poi, è un elemento che ho utilizzato per dare forma all'insieme. Mettermi dietro la macchina da presa, inquadrare il tutto in una cornice immaginaria, serve a mettere ordine nella storia. Allo stesso modo Camille utilizza questo elemento per cercare di dare una strutta logica alla propria esistenza. Se riflettiamo, l'architettura ha molti punti in comune con la creazione cinematografica. Tutte e due le 'discipline' hanno un primo momento dedicato alla riflessione e alla solitudine, che coincide con l'immaginazione di una storia o di un progetto. Poi si passa alla parte più pratica, quella dove si abbandona la solitudine del sogno per rendere tutto concreto e tangibile.

Lei veste il doppio ruolo di regista e sceneggiatrice delle sue storie, ma come organizza il processo creativo nella sua interezza? Mia Hansen-Løve: I miei film nascono nel silenzio e nell'assenza della scrittura. Questo vuol dire che passo molto tempo a sognare prima di dare vita ad una sceneggiatura. Medito molto sui sentimenti e le sensazioni, poi, però, mi aspetto che sul set si compia una trasformazione e che tutto trovi la sua forma definitiva grazie anche al lavoro degli attori. In questo modo la sceneggiatura diventa solo uno schizzo da seguire per rintracciare la realtà attraverso molti tentativi.

Nonostante la su giovane età Lola Créton rappresenta già una certezza per il cinema francese. Come l'ha scelta per il ruolo di Camille? Mia Hansen-Løve: Lola, è una creatura incredibile, in lei c'e un mix di delicatezza e fragilità ma anche di grande maturità, che rasenta quasi la follia. Ha una presenza scenica molto forte. Questo film aveva bisogno di un'interprete giovane e carina ma che esprimesse anche un'incredibile determinazione.

Attualmente lei è impegnata nella realizzazione di un progetto piuttosto ambizioso sulla musica house. Può svelarci qualche particolare? Mia Hansen-Løve: La sceneggiatura è praticamente finita e ora siamo alla ricerca dei fondi. Si tratta di un progetto complesso visto che è composto di due lungometraggi sulla storia di un dj e sull'arrivo della house music in Francia. Attraverso la diffusione di questo stile vorrei indagare nei cambiamenti vissuti dalla città di Parigi e dalle persone coinvolte.Tutto il film dovrebbe prendere in considerazione più o meno un decennio.