Star Trek - Into Darkness: una preview con il produttore Bryan Burk

Abbiamo potuto assistere alla prima mezz'ora di Star Trek - Into Darkness, sequel del reboot della saga diretto da J.J. Abrams: un'esperienza emozionante dove tensione, azione ed effetti speciali tolgono il fiato.

Tutti in gita, come ai tempi della scuola, per andare al cinema Imax fuori Milano per assistere a una mezz'ora abbondante (l'inizio e due scene centrali) di Into Darkness - Star Trek, sequel del reboot diretto da J.J. Abrams e prodotto dall'inseparabile Bryan Burk, volato fino in Italia per introdurre il materiale inedito ancora in fase di post-produzione. La prima domanda che si son posti i presenti è stata: "caspita, se non è finito così, come sarà dopo?", perchè le sequenze di Star Trek 2 presentate - le medesime mostrate ai giornalisti inglesi, che qualche giorno fa ci avevano fatto morire d'invidia - tolgono il fiato per la qualità tecnica spettacolare e il pathos che trasmettono.

Il buon Burk è stato introdotto da Abrams stesso in differita video; vederlo su un schermo gigantesco non sarà magari questa grande delizia, eppure quest'omino multitask ha carisma da vendere: "Ciao, sono J.J., scusate per i capelli. Sono qui per introdurre il mio compare Bryan". Poche parole, e poi entra in scena Burk, che nel suo curriculum risulta produttore di serie abramsiane come Alias, Lost, Fringe, Undercovers, Person of Interest, Alcatraz e delle pellicole Cloverfield, Super 8 e di Star Trek. Burk - il quale sembra veramente convinto quando ipotizza che nella chioma riccioluta di Abrams vivano delle persone, ha spiegato com'è nato il progetto del primo reboot della saga creata da Gene Roddenberry, l'ex pilota che forse un po' si rivolterebbe, lassù nello spazio dove orbitano le sue ceneri, se vedesse cosa ne hanno fatto gli sceneggiatori Roberto Orci e Alex Kurtzman della Prima direttiva e dei principi che animano Flotta stellare e Federazione Unita dei pianeti. Un nuovo modo di concepire il franchise, quello di Burk & company: Bryan dichiara di essere circondato da amici, colleghi e fidanzata trekker ma di non aver mai capito cosa ci trovasse il folto pubblico di fan in tutti quegli alieni che spuntavano nella serie originale. Oggi Burk è contento di aver realizzato Star Trek rendendolo accessibile a chi non è un profondo conoscitore del franchise... e gli irriducibili fan, i trekker? Per chi, inclusa la sottoscritta, è cresciuto a pane e fantascienza roddenberryana il reboot abramsiano è accettabile semplicemente per il fatto che ci si fa bastare l'escamotage del futuro alternativo introdotto nel primo capitolo.
Quello che vedranno trekker e non con Star Trek - Into Darkness, nella sale italiane solo dal 13 giugno - in UK arriva il 10 maggio e in USA il 17 - è un sequel ad alto tasso di azione che, come Mission: Impossible - Protocollo Fantasma e Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno include molte scene girate in Imax e destinate a essere "pompate" in 3D. Ai presenti è stata mostrata la versione in 2D, e già fa salire il cuore in gola: quanto segue è una descrizione, il meno possibile spoiler, delle scene presentate.

Si parte con i primi nove minuti che il resto del mondo ha potuto vedere alla proiezione del primo capitolo di Lo hobbit: un viaggio inaspettato, seguiti da un'altra ventina di minuti: il solito pianeta di classe M popolato da indigeni seminudi è il teatro di una trafelata fuga di Kirk e McCoy che, alla faccia della Prima direttiva che vieta qualsiasi intromissione nei confronti di civiltà aliene, si sono fatti vedere dagli alieni e si sono portati via una pergamena sacra. Il capitano, più scapestrato del solito e sempre in barba alla direttiva di cui sopra, vuole salvare questo mondo votato alla distruzione bloccando l'eruzione di un vulcano tramite l'intervento di un perplesso Spock. Ovviamente qualcosa andrà storto, e nuove infrazioni del regolamento della Flotta stellare si risolveranno in una spettacolare scena di recupero. E Kirk pagherà cara la sua sfacciataggine.

E' il momento di conoscere il villain, quello che non sarebbe Khan, interpretato da Benedict Cumberbatch: John Harrison, ufficiale o ex tale della Flotta con chiari intenti terroristici, che si offre di aiutare la figlia di un soldato, cittadina della Londra del 2259 e malata terminale. Il padre - che ha le fattezze di Noel Clarke, volto noto ai fan di Doctor Who (era Mickey, fidanzato imbranato della compagna del Dottore Rose Tyler) è disposto a tutto, la figlia sta per morire di un male incurabile, ed Harrison dimostra di essere superforte, superintelligente e proprietario di sangue dalle proprietà curative. Cumberbatch, capelli scuri, cappotto con bavero alzato alla Roy Batty e voce calda e seducente, offre il suo aiuto in cambio di un alto prezzo.

Intanto Kirk affronta le conseguenze delle sue azioni, considerate segno di immaturità e arroganza dal redivivo Pike, il quale non gli risparmia l'accusa di volersi sostituire a Dio. La sua punizione dura poco, perchè l'ammiraglio della Flotta interpretato da Peter Weller dichiara guerra a Harrison, inquadrato come terrorista dall'agenda imprecisata verso cui la Flotta scatena una spietata - e poco in linea con lo spirito trek - caccia all'uomo. Una perdita di tempo, perché le azioni terroristiche di Harrison erano pensate per provocare la riunione degli alti ufficiali e perpetrare una chirurgica strage. Il primo scontro tra il terrorista e Kirk è epico e spettacolare, negli occhi di Harrison c'è stupore e desiderio di vendetta, in quelli di Kirk, a cui certamente non manca la prontezza di riflessi, si legge solo il desiderio di fermare il nemico.

La proiezione non è finita, Burk ci regala altre due scene: la prima mostra la nave ammiraglia, che evidentemente è uscita male da uno scontro a fuoco, in caduta libera: sta per schiantarsi sull'atmosfera terrestre, mentre la maledizione della Enterprise filmica (più di una ha fatto una brutta fine negli adattamenti cinematografici) sembra destinata a compiersi. Quello che segue è un ammaraggio dal fenomenale impatto visivo preceduta dalla comparsa dell'astronave nella stratosfera che per spettacolarità evoca alcune sequenze di Battlestar Galactica di Ronald D. Moore. L'ultima scena si costituisce di un trafelato inseguimento - Spock a caccia di un Harrison dall'evidente agilità sovrumana - che si conclude con il tentativo da parte del vulcaniano di entrare in fusione mentale con l'avversario.

Nel complesso quello a cui abbiamo assistito è esaltante, almeno dal punto di vista dell'intrattenimento, degli effetti speciali e dell'azione, e ben poco spoiler, segno che molto si è puntato sulla storia personale e le ragioni del villain di turno, che grazie al fascino e al talento del britannico Cumberbatch promette di essere una parte importante e intrigante del film. Non solo uno spettacolo per gli occhi che rischia di diventare memorabile, ma anche una storia misteriosa e dark che affronta un tema controverso come il terrorismo. Di questo aspetto ci hanno mostrato ben poco - lo consideriamo un buon segno: chissà se poi salterà fuori che Abrams, Pegg, Cumberbatch e il resto della truppa che ha piantato il muso a chi insinua che Harrison sia Khan ci hanno smentito a torto. Il villain di Cumberbatch è un superuomo, il suo DNA sembra potenziato, odia la Federazione e... non è Khan. Siamo perplessi, per fortuna il pubblico di Star Trek - Into Darkness è costituito solo in parte da trekker, ed è un pubblico che rischia, in toto o almeno in parte, di godersi uno dei film più avvincenti dell'anno.