Recensione Tutto sua madre (2013)

Guillaume Gallienne porta al cinema la sua pièce teatrale Les Garçons et Guillaume, à table!, che diventa un film dove l'autore interpreta sé stesso e sua madre, raccontando la storia della sua vita: la storia di Guillaume che trova la sua identità nonostante i condizionamenti imposti dalla famiglia, e soprattutto dall'ingombrante madre, per un esilarante quanto toccante coming out al contrario.

Me, my mother and I

Dopo essere stata una pièce teatrale di successo, scritta, realizzata e interpretata dallo stesso Guillaume Gallienne, ora Les Garçons et Guillaume, à table! diventa un film. Premiato a Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, accolto trionfalmente in patria con incassi stratosferici, arriva in Italia con il titolo furbo di Tutto sua madre, che richiama suggestioni almodovariane, evidentemente non così efficace e riassuntivo del senso della storia come l'originale, ma in fondo piuttosto azzeccato; capita davvero di peggio. In realtà stavolta non si tratta solamente dell'ultimo "grande successo e campione d'incassi in Francia" , dicitura che oramai accompagna quasi sempre l'uscita delle commedie d'oltralpe che arrivano da noi sulla scia di incassi clamorosi in patria: i francesi amano e vanno vedere i loro film, e non solo per il sostegno produttivo e distributivo a livello di leggi di cui il cinema francese gode in patria, ma anche perché innegabilmente sono sempre prodotti sopra la media, anche quando non eccelsi dal punto di vista artistico, comunque vantano sempre una confezione produttiva che non ha nulla da invidiare ai modelli del cinema americano. In questo caso, come dicevamo, tanto entusiasmo ed esaltazione risultano davvero più che giustificati visto l'esito di questi straordinari 85 minuti di film.


Dal teatro al cinema
A teatro Gallienne interpretava tutti i ruoli in scena in un vero e proprio one man show. Al cinema oltre a interpretare sé stesso, tiene per sé soltanto il personaggio fondamentale della madre, che interpreta magistralmente in uno sdoppiamento che riflette quello di personalità del protagonista che è alla base della storia, un'autobiografia tanto dolorosa quanto a tratti esilarante . Di che genere di film stiamo parlando? L'argomento del film è per stessa ammissione dell'autore proprio "il genere, il mio genere, su cui tutti si sono sentiti in diritto di farsi tante domande e io per primo. Un coming out al contrario che è molto di più che un'epifania di normalità". La storia di Guillaume, che impara ad accettare la sua eterosessualità in una famiglia che lo ha sempre decretato omosessuale. Guillaume che riesce a trovare la sua identità e a diventare sé stesso, dopo aver cercato in tutti i modi di essere sua madre, sua zia, sua nonna, la principessa Sissi, tutte le donne del mondo. Guillaume racconta se stesso e la sua storia, e di come è riuscito a trasformare la sua sensibilità in espressione artistica diventando un attore: è da solo sul palco come teatro, ma qui al cinema i suoi ricordi prendono vita insieme ai riflessi della su vita.

Mother did it need to be so high
In crisi d'identità sin dalla nascita, tra un padre che lo vuole virile come i fratelli, e la madre a cui in fondo non dispiace di avere per casa la bambina mancata che evidentemente tanto desiderava, Guillaume passa dalla solitudine della sua camera da letto ai rigidi collegi maschili francesi o quelli più liberal in Inghilterra, "il paese dove al disagio si accompagna l'incoraggiamento", sempre più disorientato tra i lettini dei vari analisti e i maldestri tentativi di diventare l'omosessuale che non è ma che tutti hanno deciso che sia; ripercorre i riflessi di una vita vissuta nel fraintendimento alla ricerca di una sua identità, sempre seguito e ossessionato dall'ombra della madre che si materializza in ogni momento, che commenta, giudica, assolve e condiziona la sua esistenza. L'ingombrante e idolatrata madre, elegante e cinicamente annoiata signora dell'alta borghesia parigina, che trasferisce nel figlio non solo le sue frustrazioni e insoddisfazioni, ma anche la paura che lui possa infine amare un'altra donna oltre a lei, nel più classico dei condizionamenti famigliari, già di per se racchiuso nell'inconsapevole quanto lapidaria frase del titolo "I ragazzi...e Guillaume, a tavola!". Perché i ragazzi sono i ragazzi, e Guillaume no. E per restare unico agli occhi della madre e distinguersi da quella massa anonima che erano in maschi, Guillaume sente che non può assolutamente diventare uno di loro, e deve essere diverso dai fratelli. Fa di tutto per diventare una donna, e il primo modello da imitare è naturalmente la madre, si appropria di lei come di tutti le donne che lo circondano: non è effemminato, è femminile, è una donna, è la madre, è la nonna, è tutte le donne. Quando la sua natura emerge, i dubbi e la confusione prendono ilo sopravvento, il disorientamento è grande, come la sua incrollabile ostinazione nel voler essere una donna, e quando crescendo capisce di non poterlo essere, allora tenta di diventare almeno un omosessuale, ma non potendo essere neanche quello arriva a rinfacciarsi di essere "talmente gay da essere diventato lesbica".

Il respiro delle donne
Paradossalmente il film è anche e soprattutto una grande dichiarazione d'amore alle donne, da parte di un uomo che proprio per il suo voler essere come loro, da loro si è lasciato sedurre, affascinare, ne ha esplorato tutte le sfumature...."la più grande differenza delle donne sta nel modo in cui respirano....". E in particolare è una dichiarazione d'amore incondizionata alla madre, sublimazione di tutto il genere femminile: "...è grazie a lei che ho imparato ad amare le donne, che ho imparato il portamento, l'eleganza, lo humour...". Grazie a lei ha imparato a capire le donne, ad amarle, e quindi ha potuto innamorarsi della donna che finalmente lo libera dalla crisi d'identità che lo ha accompagnato dalla nascita. Un film pressoché perfetto, un mix molto equilibrato tra umorismo a tratti debordante e toccante esplorazione di una dimensione più intima, uno straordinario one man show dove Gallienne è sempre credibile, e incredibilmente mai fuori dalle righe (per lo meno nella versione originale, lieve timore per quella doppiata) come bambino, come uomo, come donna, come omo e come eterosessuale. La difficoltà di mantenere l'equilibro tra l'ironia e la profonda riflessione sui danni di una presenza materna ingombrante nonché di un condizionamento famigliare violento quanto inconsapevole, fanno di questo film un piccolo miracolo di scrittura e recitazione: troppo facile visto il tema delicato sarebbe stato scivolare nel macchiettistico, nel superficiale o nello scontato. Guillaume Gallienne, in uno stato di grazia che solo l'intimo e profondo legame con la storia raccontata può dare, non esce ma i dal registro giusto, neanche per un momento, regalandoci un'opera di grande ricchezza emotiva oltre che di comicità.

Movieplayer.it

4.0/5