Recensione The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2 (2012)

Arriva il gran finale delle avventure di Bella e Edward, costretti a dimostrare ai temibili Volturi che la straordinaria figlioletta Renesnee non è una minaccia per il popolo dei succhiasangue.

E vissero felici e contenti per l'eternità

Rimarranno ancora insieme nonostante la fine delle riprese? Lui riuscirà a perdonarle l'inopportuno tradimento rimbalzato come un boomerang sulle pagine dei giornali? E, soprattutto, sono stati una vera coppia o un semplice e ben riuscito prodotto di marketing? Mentre blog, siti di fan e gossip magazine più o meno accreditati s'interrogano sul futuro sentimentale di Kristen Stewart e Robert Pattinson, la saga romantica che li ha trasformati da perfetti sconosciuti in idoli dei teen ager è arrivata al suo termine. Con The Twilight Saga: Breaking Dawn - parte 2 il fenomeno Twilight chiude definitivamente i battenti, a meno che la prolifica Stephenie Meyer non decida in futuro di riprendere le fila del discorso per aggiudicarsi un altro successo letterario. Così, dopo un romantico matrimonio organizzato da Alice all'ombra dei boschi di Forks ed una luna di miele consumata in un'isola sperduta del Brasile, avevamo lasciato l'umana Bella e l'introverso vampiro Edward alle prese con una gravidanza inaspettata e improbabile. Inutile dire che la creatura in arrivo è dotata di capacità inusuali e potrebbe uccidere la madre al momento della nascita. Per questo motivo, nonostante sia stato sempre riluttante, Edward, assistito dal saggio Carlisle, accetta di trasformare la donna che ama in vampiro per salvarle la vita.


Dunque, con una doppia nascita, quella dell'eccezionale Renesmee, metà vampiro e metà umana, e della neonata Bella, si apre la seconda parte di Breaking Dawn in cui il clan Cullen dovrà affrontare, ancora una volta, un faccia a faccia indesiderato con i Vulturi. La posta in gioco è alta, dimostrare che Renesmee non rappresenta una minaccia per la razza dei succhiasangue riuscendo ad evitare una battaglia sanguinosa. Tutte premesse che, partendo proprio dalle pagine del romanzo, avevano fatto sperare nell'arrivo di un po' d'azione, ma che sono state completamente disattese da un film intenzionato solo ad arrivare con molta fretta alla sua conclusione. Un difetto, questo, che se ben ricordiamo non ha risparmiato nemmeno l'epilogo de Harry Potter e i doni della morte, dimostrando, così, che, per dividere un unico film in più capitoli e continuare a mantenere alte qualità e tensione narrativa bisogna essere Peter Jackson.
Il problema di Breaking Dawn, però, non è certo la continuità artistica, visto che è stato caratterizzato nella sua interezza dalla regia praticamente inesistente di Bill Condon, fatta eccezione per le panoramiche paesaggistiche e per l'interminabile ouverture iniziale. Il vero tallone d'Achille è rappresentato, invece, dalla trasposizione di Melissa Rosenberg, che questa volta sembra riassumere grossolanamente il lavoro svolto dalla Meyer. Evidentemente, dopo aver maneggiato troppo romanticismo adolescenziale, la sceneggiatrice proprio non ce la fa a confrontarsi con un cambiamento di registro in cui le tensioni alla base di un confronto tra clan prendono il sopravvento sul sentimentalismo.

Per questo motivo, gran parte del film arranca pesantemente nell'attesa che avvenga qualche cosa o si maturino gli eventi per un'apocalisse vampiresca. Speranza vana, visto che nulla accade, almeno fino a quando, come ricorda Shakespeare, la neve non attecchisce e i due eserciti si confrontano. Ma a quel punto tutto è inutile. Cinque minuti di azione non cancellano più di un'ora trascorsa a ricercare una vaga costruzione narrativa che la coppia Condon/Rosenberg ha ben nascosto sotto un fitto strato d'immagini superficiali e vacuo. I due decidono così di non soffermarsi né sulla scoperta delle nuove caratteristiche di Bella né sulle insicurezze interiori che spingono i protagonisti a costruire un'alleanza con i membri di altre famiglie. Così, mentre Kristen Stewart sfoggia un look più curato senza rinunciare alla sua immancabile espressione corrucciata, la piccola Renesmee cresce abbandonando l'inquietante immagine di neonata digitale e la villa dei Cullen si popola di bizzarri modelli di vampiri di cui non si riesce a comprendere fino in fondo provenienza, motivazioni e caratteristiche. Il risultato ottenuto è quello di un set super affollato composto da comparse europee, aborigene e lupi mannari come se piovesse. A nessuno di loro, naturalmente, è dato il tempo di accennare la propria storia personale o di avere un ruolo lontanamente attivo in quella globale del film. Per combattere noia e confusione, dunque, non rimane che concentrarsi sui pettorali di Taylor Lautner, puntualmente esibiti, e sulla tanto attesa notte di passione vampiresca tra Edward e Bella. A dire il vero, ben poca cosa anche per le twilighter più accanite.

Movieplayer.it

2.0/5