Recensione The Little House (2014)

Il tradizionalismo di Yôji Yamada potrà non accontentare gli spettatori desiderosi di novità, ma l'eleganza composta e l'intensità delle passioni sopite imploderanno nell'animo di chi accetterà di entrare senza pregiudizi nella piccola casa sulla collina.

Segreti

A 83 anni il maestro Yôji Yamada sforna una nuova elegante opera. L'autore di punta della Shochiku, storico studio nipponico per il quale ha diretto 81 film, torna a fare ciò che gli riesce meglio. Con The Little House l'anziano Yamada confeziona un melodramma classico ambientato a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, nell'Era Showa (1926 - 1989). Per la sua storia di passioni sopite, tradimenti e rimpianti, il regista si ispira al bestseller di Kyoko Nakajima The Little house riproponendo con stile elegante e garbato una storia che affonda le sue radici nella cultura locale. La 'piccola casa' del titolo è un'elegante dimora borghese sita su una collina di Tokyo. In quella casa va a vivere Taki, giovane cameriera della Prefettura di Yamagata chiamata a servizio presso la famiglia del ricco Masaki Hirai, direttore di una fabbrica di giocattoli. Qui la dolce Taki assisterà allo sbocciare dell'amore tra la moglie di Masaki, Tokiko, e il giovane e timido dipendente della fabbrica, il disegnatore Itakura. Taki stessa è attratta da Itakura, ma non trova il coraggio di dichiarargli i propri sentimenti. A strappare Itakura alle due donne interviene, però, la guerra. Nonostante la sua scarsa prestanza fisica, al disegnatore arriva la chiamata alle armi costringendolo a dire addio a Taki e Tokiko.

Come le foglie al vento

Per il suo struggente melodramma, Yamada usa una struttura a flashback, un raffinato incastro in cui passato e presente si vanno a intrecciare con sapienza. Il film si apre con la morte dell'anziana Taki. Negli ultimi anni della sua longeva esistenza, Taki, che non si è mai sposata, sente il bisogno di scrivere le proprie memorie. Nonostante le critiche mosse dal nipote, amorevole, ma ironico, la donna si dedica a ultimare un lungo manoscritto che, dopo la sua morte, verrà ritrovato e letto proprio dal nipote. Con questo espediente letterario, Yamada affida a Taki il ruolo di narratrice della vicenda. Il suo è un punto di vista privilegiato, ma non l'unico. Il regista, che subisce il fascino delle stesse figure femminili da lui create, mette a confronto due mondi, culture e ideali di femminilità opposti nel paragone tra Taki e Tokiko. Le due donne rappresentano la vera anima del film. Quanto Taki è silenziosa, timida, docile, restia a palesare i propri sentimenti, tanto Tokiko è moderna, intraprendente e vivace. Un afflato democratico sembra possedere questa casalinga benestante che, più che occuparsi del figlio di cinque anni, sembra intenta a seguire il cuore senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Al suo opposto Taki si piega docilmente alla volontà dei padroni, si deica ai massaggi, a curare amorevolmente il bambino di Tokiko e nutre la sua passione silenziosa per il gentile artista capitato nella casa in cui lei presta servizio senza mai farne cenno. Il suo unico moto di ribellione avviene nel momento in cui il suo datore di lavoro le propone un matrimonio combinato con un anziano benestante.

Tradizione e modernità

La tradizione e la cultura giapponese pervadono il cinema di Yamada in ogni singolo quadro. Il regista continua a produrre cinema sentimentale che si inserisce nella grande tradizione estetica e tematica del melò orientale. La mentalità maschilista, la tradizione dei matrimoni combinati, il pudore, il rispetto per gli anziani. I cardini della cultura orientale sono ben presenti in una pellicola che, però, in un afflato di modernità, apre una finestra sul futuro. La piccola casa in cui Taki vive è un mondo protetto, isolato, per certi versi artificiale, in cui una donna giapponese degli anni '30 può permettersi di lasciarsi andare alla passione, di sognare un uomo diverso, più giovane, di infrangere il vincolo della fedeltà matrimoniale rischiando l'onta dello scandalo. A differenza dei melò occidentali, in cui il sentimento viene palesato attraverso manifestazioni esteriori e scene madri, The Little House è un'opera composta e stilizzata. Pochi sono i momenti di crisi che perturbano l'ordine apparente, momenti di cui veniamo resi partecipi dall'interpretazione composta e sommessa degli attori. Le musiche del celebre Joe Hisaishi accomnpagnano con eleganza l'evoluzione della storia verso il malinconico finale. Il tradizionalismo di Yôji Yamada potrà non accontentare gli spettatori desiderosi di novità, ma l'eleganza composta e l'intensità delle passioni sopite imploderanno nell'animo di chi accetterà di entrare senza pregiudizi nella piccola casa sulla collina.

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3.0/5