Recensione Tarzan (2014)

Pur interessante negli intenti, il progetto di una coproduzione internazionale per ridare visibilità al personaggio di Burroughs non sembra in grado di competere con altre versioni del passato per imporsi e conquistare il pubblico di tutto il mondo.

In the Jungle, the Mighty Jungle

Ci sono personaggi che vanno al di là delle loro origini, che vengono sviluppati al di fuori dell'ambiente sicuro in cui nascono e crescono, che vengono adottati da altri che sanno farli propri quanto, se non più, le voci che gli hanno donato la vita, che si spostano da una forma artistica all'altra raggiungendo un pubblico diverso e più ampio. Sono personaggi che diventano simboli, icone, che crescono e si perfezionano ogni volta che qualcuno ne riprende la storia e la racconta nuovamente aggiungendo dettagli o nuove chiavi di lettura.
Uno di questi personaggi è Tarzan, nato all'inizio del '900 dalla penna creativa di Edgar Rice Burroughs.


Una storia che affonda le radici nel passato
E non parliamo del secolo scorso, in cui è stata scritta, ma dell'incipit immaginato dagli sceneggiatori Reinhard Klooss, Jessica Postigo e Yoni Brenner per dare una nuova chiave di lettura alla storia ed al personaggio: ci immergiamo subito nella preistoria del nostro pianeta ed in un evento catastrofico che ne ha cambiato le sorti, causando una estinzione di massa che tutti ben conosciamo. Il meteorite caduto sulla Terra 65 milioni di anni fa non ha solo spazzato via i dinosauri, ma custodiva una imponente fonte di energia che sarà motore della narrazione successiva.
Infatti l'imprenditore John Greystoke rinviene l'antico meteorite ai giorni nostri in un'area remota dell'Africa, ma nel prenderne un pezzo causa il crollo della cava in cui è sepolta. La fuga non è abbastanza rapida e l'elicottero sul quale cerca di portare in salvo la famiglia crolla miseramente al suolo. Sono i gorilla a salvare l'unico superstite, il piccolo figlio della coppia, soprannominato Tarzan.
Il bambino cresce quindi nella tribù di primati, accudito dalla gentile Kala, e per dieci anni non ha contatti con altri esseri umani, fino al fortuito e fugace incontro con Jane che però segna il giovane selvaggio e lo accompagna fino al successivo incontro con la ragazza, ormai donna ed attiva ambientalista, di ritorno in Africa per ostacola i pieni dell'uomo d'affari Arthur Clayton, deciso a sfruttare l'energia nascosta in quel luogo.

Un racconto non omogeneo
Un incipit potente, ricco, che raccoglie in pochi minuti sequenze spettacolari che immergono con ritmo nella storia, per poi rallentare quando ci viene mostrata l'infanzia di Tarzan nel nuovo ambiente e la sua integrazione nel branco; un secondo atto frammentario, che mostra spaccati degli anni della gioventù del protagonista, le dinamiche del branco, l'incontro con Jane ed in parallelo gli interessi di Clayton per lo sfruttamento delle risorse; una conclusione rivolta più all'azione che mette in scena il faccia a faccia finale tra i due giovani e gli invasori che cercano di impadronirsi del luogo incontaminato e fuori dal tempo che ospita il meteorite.
Il film del regista Reinhard Klooss non riesce a rendere omogeneo tutto ciò, procedendo per strappi, affidandosi di tanto in tanto alla voce fuori campo per far da raccordo a porzioni di storia che lo script non riesce a fondere in modo adeguato. Né tale struttura articolata, che accenna anche a temi ambientalistici mai trascurabili, si traduce in un racconto stratificato e stimolante, che resta invece sempre superficiale e semplicistico.

Viaggio nella giungla
Una disomogeneità che accompagna anche la messa in scena ed il livello tecnico.
Non siamo al cospetto dei giganti dell'animazione contemporanea, e si vede, ma più di una sequenza di Tarzan appare di grande impatto visivo: i fondali sono curati e dettagliati, capaci di riprodurre con efficacia ed opulenza visiva la rigogliosa foresta in cui è ambientata gran parte dell'azione. Klooss vi si muove con sicurezza, costruendo sequenze ad alto tasso di spettacolo, ma inciampando più volte nei limiti tecnici evidenti quando si spinge troppo in là nella messa in scena.
Limiti che si esternano soprattutto sulle animazioni dei personaggi e sulla loro recitazione: il lavoro fatto da Bavaria Film sul motion capture è infatti dignitoso, ma incapace di reggere il confronto con concorrenti che negli ultimi anni si sono evoluti in modo esponenziale, portando il livello medio delle produzioni animate occidentali a livelli inarrivabili per chi non ha gli stessi mezzi.
E quindi, pur interessante negli intenti, il progetto di una coproduzione internazionale (Francia ed USA a supporto di una realizzazione con base tedesca) per ridare visibilità al personaggio di Burroughs, a quasi quindici anni dall'ultimo adattamento Disney, non sembra in grado di competere con altre versioni del passato per conquistare il pubblico mondiale.

Movieplayer.it

2.0/5