Recensione Se sposti un posto a tavola (2012)

Ecco un prodotto medio non disprezzabile, molto divertente in certi punti e che sa riservare la giusta quantità di sorprese agli inguaribili romantici.

Il banchetto dei destini incrociati

La vita non è matematica, quindi se l'ordine dei fattori viene invertito, il prodotto cambia eccome. E' il presupposto che sostiene il film di Christelle Raynal, Se sposti un posto a tavola, commedia degli equivoci sul senso del destino e soprattutto sul corretto posizionamento degli ospiti durante un banchetto di nozze. E' attraverso questo rito codificato dalle regole del bon ton e del galateo che si sviluppa la storia di Marie e Eric, innamorati cronici ma divisi dalle rispettive idee sul matrimonio; decisamente pro lei, a tal punto da accettare la proposta di Paul, solo perché la fatale domanda le era stata posta, contrario ma coraggiosamente speranzoso di riconquistare l'amata, lui, bel tenebroso e chef, abituato per deformazione professionale a far fruttare gli ingredienti a disposizione per creare un piatto succulento. Poco prima che il ricevimento matrimoniale di Paul e Marie abbia inizio, la sposa 'regala' un ultimo amplesso al suo ex, un attimo di passione consumato sul tavolo Mimosa; in certe situazioni non si bada certo alla forma, né si va per il sottile, così, i cartellini segnaposto finiscono a terra, spostati dai due amanti. Eric deve risistemare le cose, ma ogni persona al tavolo ha una sua storia e i nuovi accostamenti riservano esiti imprevedibili. Un conto è che Marjorie, sorella maggiore della sposa, si sieda accanto ad Eric, dando vita ad un'improbabile storia d'amore, un altro è farla accomodare vicino ad Arnaud, titolare di una galleria d'arte, sposato all'insaziabile Edith e un altro ancora è avvicinarla al fotografo pasticcione David. Se allo stesso desco poi si accomodano anche Catherine, nevrotica moglie dell'odioso medico Pierre, amante dell'inconsapevole Marjorie e di un'altra trentina di donne, il caos è assicurato.


Scritto a quattro mani con Francis Nief, il film è un simpatico gioco di incastri e di livelli che propongono diverse versioni della stessa storia. L'impianto è lo stesso, o meglio ad essere le stesse sono le qualità che caratterizzano i personaggi (timidezza, insicurezza, aggressività, nevrosi), ma sono le aggiustature, gli scenari di volta in volta differenti a cambiare sostanzialmente le carte in tavola e a rompere quella sorta di unità spazio-temporale rappresentata dal banchetto. Si comincia con un furbo montaggio alternato che ci presenta i due piccioncini agli albori della loro relazione, ancora ignari di quello che sarebbe successo di lì a poco; si incontrano su un treno per Avignone, Marie legge L'amore dura tre anni (ma il loro tira e molla ne durerà sei...), Eric attacca bottone e la corteggia spudoratamente. Arriva poi il primo colpo di scena, perché le nozze di cui tutti parlano non sono le loro. La regista viene dalla pubblicità e si vede, tutto nella confezione è accattivante e bello; persino gli attori che hanno il volto più irregolare (Audrey Lamy e Ariè Elmaleh) riescono ad essere affascinanti. E' un difetto di 'fabbrica' comprensibile di un'autrice esordiente, che lavora con i propri standard e che attraverso l'eliminazione studiata di ogni imperfezione, riesce a tenere sotto controllo tutto, ma l'attenzione maniacale riservata al dettaglio esteriore contribuisce a creare un'atmosfera posticcia e un po' irreale in una trama già fantasiosa, chiaramente debitrice di tutta una serie di 'what if' movies, con Sliding Doors in testa.

Si ha la sensazione di assistere ad una storia in cui i personaggi non rischino mai in prima persona, ma obbediscano al gioco di un dio capriccioso - in questo caso Eric - che sposta le pedine a proprio piacimento, cercando di ottenere una soluzione che vada bene per tutti, premiando i buoni e castigando i cattivi. La vita non segue mai un canovaccio così flessibile; si obietterà che questo è solo cinema, e la mozione è in fondo giusta, eppure non bisognerebbe mai perdere di vista la verità umana, ovvero che dietro a certe maschere, estremizzate da tic di ogni genere, c'è sempre un groviglio complesso di sentimenti. Nonostante questo, il ritmo del film regge fino alla fine e grazie al meccanismo a orologeria, degno di una pochade, lo sviluppo narrativo sa appassionare a dispetto della ripetitività e del fastidio che si prova vedendo la reiterazione delle stesse situazioni; merito di una scrittura sempre all'altezza, anche nei momenti più stereotipati, e di un gruppo di attori quanto mai azzeccati. Non ce ne vogliano i protagonisti, Louise Monot e Lannick Gautry, se la nostra preferenza va a Elsa Zylberstein. Se sposti un posto a tavola (cervellotico titolo italiano che sostituisce l'originale Plan de table) è quel che si dice un prodotto medio non disprezzabile, molto divertente in certi punti e che sa riservare la giusta quantità di sorprese agli inguaribili romantici, a quelli che d'estate sospirano davanti ad una luna piena che si riflette nel mare. Per tutti gli altri ci sono invece le infinite varianti horror dell'esposizione ai raggi lunari, ma è un'altra storia...

Movieplayer.it

3.0/5