Recensione Questa storia qua (2011)

La voce fuori campo dello stesso Vasco si racconta e ci racconta, con tono ora sottilmente nostalgico ora punteggiato di ironia, il suo passato e gli inizi del suo percorso artistico, uniti a riflessioni più personali sul suo approccio alla vita e alla musica.

Vasco racconta Vasco

I casi della vita, e dell'arte, a volte sono strani. Le coincidenze lasciano il segno, trasformano la percezione delle opere, ne condizionano la risposta da parte del pubblico. Un documentario come Questa storia qua, autobiografia filmata di Vasco Rossi, arriva proprio nel momento umanamente più difficile per il rocker di Zocca, con i problemi di salute, la rivelazione della sua depressione, le sue esternazioni sempre più a ruota libera su Facebook, le polemiche con la stampa e con i colleghi (primo tra tutti il - presunto - rivale Luciano Ligabue). Il documentario diretto da Alessandro Paris e Sibylle Righetti può così giovarsi di un hype ancora maggiore di quello che avrebbe avuto in una situazione normale, ora che il personaggio-Vasco è più che mai sotto i riflettori, e non solo di quelli, sempre accesi, dei fan. E' comunque un dovere quello di analizzare in modo obiettivo un'opera peculiare, che tenta per la prima volta di penetrare il privato di un personaggio la cui dimensione pubblica è sempre stata preponderante, e la cui immagine di rockstar maledetta made in Italy è stata abilmente sfruttata (da lui per primo) fino a diventare inevitabilmente un po' soffocante. Ben venga, dunque, il Vasco più intimo, quello delle radici e della Zocca degli anni '60 e '70, degli album di famiglia e del periodo in cui la vita spericolata era niente più che un nebuloso desiderio di fuga da una provincia che inevitabilmente, comunque, ruba per sempre il cuore di chi ci è cresciuto.


Questo documentario si muove quindi tra passato e presente, in modo non sempre lineare, mescolando in modo disinvolto vecchie fotografie e filmati di famiglia, spezzoni di concerti presi da vecchie VHS e registrazioni più recenti, immagini di repertorio della radio fondata da Vasco (la nota Punto Radio), registrazioni audio delle trasmissioni di quest'ultima e interviste agli amici di vecchia data, quasi tutti poco noti, del rocker emiliano. Su tutto, la voce fuori campo dello stesso Vasco, che si racconta e ci racconta, con tono ora sottilmente nostalgico ora punteggiato di ironia, il suo passato e gli inizi del suo percorso artistico, uniti a riflessioni più personali sul suo approccio alla vita e alla musica. Un Vasco che più che inedito, quindi, sembra in linea con la sua recente tendenza ad esternare e a raccontarsi, attraverso un mezzo (quello del cinema) certo più controllato e meno anarchico rispetto a quello di un social network, ma dalle potenzialità maggiori in quanto a chiarezza espressiva. Una narrazione che da personale si fa in certa misura collettiva, quando l'obiettivo si sposta su una generazione come quella degli anni '70, di cui si colgono speranze e contraddizioni pur nell'ambito di un microcosmo apparentemente autosufficiente come quello della provincia emiliana.

E' proprio la cittadina di Zocca l'altra protagonista del film, le sue strade e le sue piazze immerse nel cuore dell'Emilia rurale, i suoi bar e la popolazione che li vive, fatta in gran parte di amici e conoscenti dello stesso Vasco, parte di una comunità che, come ogni comunità di un piccolo centro abitato, crea legami e solidarietà, a volte appaganti e a volte soffocanti. Una Zocca in cui matura la formazione, umana e artistica, del futuro rocker, ricostruita attraverso le interviste ai suoi familiari e ai suoi amici della prima adolescenza, ai membri della sua primissima band (i Little Boys, poi diventati The Killers), ai compagni dell'avventura di Punto Radio e a coloro che lo aiutarono, alla fine degli anni '70, a fare il grande salto e a incidere il suo primo album Ma cosa vuoi che sia una canzone. La dimensione della memoria, il sottile carattere nostalgico dell'intera operazione ritorna spesso nelle parole dello stesso Vasco, quando il rocker parla della sua cittadina ("eravamo in un posto lontano da tutti e quindi sognavamo... c'era una grande immaginazione che volava") ma soprattutto quando fa la considerazione, dal carattere dolceamaro, che la nostalgia è in realtà raramente nostalgia per un luogo che inevitabilmente, una volta ritrovato, non ha più lo stesso aspetto, quanto per un tempo e per un periodo della propria vita.
Questa storia qua si arresta nella sua ricostruzione all'inizio degli anni '90, con l'arrivo del successo di massa e la dimensione pubblica del personaggio che inizia, forse, ad acquisire i caratteri di predominanza (e di tendenza al soffocamento degli altri aspetti) che possiede attualmente. Settantacinque minuti dedicati non solo e non necessariamente ai fan, quindi, ma anche a chi abbia un minimo di curiosità di gettare uno sguardo, attraverso lo spiraglio di una porta che ha iniziato da poco ad aprirsi, sul privato di un personaggio che, dopo oltre trent'anni di carriera, continua nel bene e nel male a far parlare di sé.

Movieplayer.it

3.0/5