Recensione Non avere paura del buio (2011)

Non avere paura del buio è un film che risente dell'influenza di due correnti orrorifiche profondamente diverse e questa duplice eredità si riflette nella sua struttura.

Le creature del buio

Brividi in cantina. Dopo il cupo Il labirinto del fauno, Guillermo del Toro torna a esplorare gli incubi dell'infanzia grazie all'aiuto del regista esordiente Troy Nixey. Il risultato di questo connubio, che vede del Toro impegnato in veste di produttore e sceneggiatore, è l'horror/fantasy Non avere paura del buio. Cuore del film è la relazione tra una bambina problematica e il padre che accoglie la piccola, spedita dalla madre a chilometri di distanza, nella lussuosa dimora ottocentesca del Rhode Island che sta ristrutturando insieme alla fidanzata arredatrice. Questa dinamica familiare drammatica è incastonata in una struttura orrorifica che affonda le sue radici nella fiaba classica, nel folclore e nel mito. Il raccapricciante incipit ottocentesco, una delle cose migliori del film, ci immerge immediatamente nell'atmosfera lugubre della dimora maledetta abbondando in dettagli raccapriccianti che sembrano riallacciarsi direttamente al topos classico della casa stregata e alla tradizione gore inglese degli anni '60.


Non avere paura del buio è un film che risente dell'influenza di due correnti orrorifiche profondamente diverse e questa duplice eredità si riflette nella sua struttura. La prima parte dell'opera possiede l'andamento e l'atmosfera di un horror gotico in cui la tensione viene costruita, scena dopo scena, attraverso l'esplorazione di un ambiente sconosciuto e minaccioso. Lo sguardo della piccola Sally (la straordinaria Bailee Madison) è il filtro ideale attraverso cui scoprire i pericoli che si nascono della magione appartenuta all'enigmatico pittore Lord Blackwood. Questa parte è dominata da eleganza visiva, cura del dettaglio e uso di ampi movimenti di macchina funzionali a svelare a poco a poco i segreti di Blackwood Manor. La lunga sequenza in cui Sally esplora gli angoli reconditi del giardino e il labirinto di siepi, scoprendo l'esistenza di una cripta occultata dal fogliame, sembra preso in prestito da Il labirinto del fauno. Tra l'altro, a dispetto dell'ambientazione contemporanea, gli oggetti della modernità presenti nel film sono ben pochi e ciò contribuisce a consolidare la sensazione di assistere a una vicenda ambientata in un'epoca lontana. Quest'atmosfera lugubre e cupa viene meno nel momento in cui ci viene svelato il look delle mostruose creature che popolano il basamento della magione. Gli esserini raccapriccianti con le fattezze da topo che sciamano nel buio, minacciando l'incolumità della povera Sally, sono discendenti dei Critters, dei Gremlins e degli altri mostriciattoli malefici che infestavano gli action horror anni '80. Anche il ritmo sospeso dell'inizio subisce una brusca sterzata quando i mostri abbandonano la propria tana per assaltare gli abitanti della casa e le loro evoluzioni non mancano di dar vita a momenti in cui la suspence cede il posto all'ironia.

Il duello tra umani e mostri si sposta sul piano fisico. Le creature aggrediscono Sally in più occasioni causando una frattura fra la ragazzina e lo scettico genitore, mentre l'attenta Kim (Katie Holmes) intuisce il pericolo e cerca di scoprire cosa ci sia di vero nei racconti della piccola. La carne al fuoco, in Non avere paura del buio, è tanta. Nixey e del Toro riescono a dar vita a una pellicola che, al primo livello, si presenta come un mix di omaggi al genere avendo, però, al tempo stesso la pretesa di affrontare temi delicati come il rapporto padre-figlia, la fiducia e la credenza. Su questa ricca base si innesta un discorso critico (che purtroppo pecca di superficialità) sull'educazione dei figli e sulla tendenza tipicamente americana di voler curare i problemi psicologici e caratteriali anestetizzando l'individuo con dosi massicce di farmaci. Troy Nixey è un esordiente di talento con una propensione per le belle immagini e una notevole sensibilità nella direzione degli attori. A fianco di un talento naturale come la piccola Bailee Madison troviamo un professionista come Guy Pearce, capace di aderire alla perfezione al ruolo di genitore affettuoso, ma incapace di prestare sufficiente attenzione alle opinioni della figlia. In questo contesto anche Katie Holmes sfodera una perfomance più asciutta e funzionale del solito interpretando un personaggio la cui importanza cresce con l'avanzare della pellicola. Non possiamo non notare che l'interesse di Troy Nixey, ex disegnatore di fumetti e creatore di Trout, tenda a concentrarsi sul piano visivo a scapito della coerenza della sceneggiatura che, in alcuni punti, richiede un grosso sforzo di sospensione dell'incredulità. Anche il mix di gotico e moderno crea talvolta qualche frizione nel tessuto narrativo che farà storcere il naso ai puristi, ma questo non intacca la godibilità di una pellicola capace di intrattenere, divertire e distribuire qualche sano brivido sotto il segno di del Toro.

Movieplayer.it

3.0/5