Recensione Noi 4 (2014)

L'arma con cui Bruni definisce situazioni spesso inafferrabili come i sentimenti non poteva che essere la personalità decisa ed evidente dei suoi personaggi. Però, forse per colpa di una tematica eccessivamente aleatoria e di una vicenda con un scarso potenziale emotivo, la caratterizzazione si sente fin troppo, andando, a volte, a forzare la mano alla realtà e renderla poco fluida.

La seconda volta

Secondo Aristotele la famiglia è l'associazione istituita dalla natura per provvedere alle necessità dell'uomo. Ma quando questa microsocietà cambia espressione, quando la sua condizione subisce mutamenti più o meno drastici, perde automaticamente anche la sua funzione di accoglienza e protezione? Secondo Francesco Bruni e il suo Noi 4, sua seconda esperienza dietro la macchina da presa dopo Scialla! (Stai sereno), la risposta è assolutamente negativa. Perché possono anche cambiare le stagioni del cuore, per dirla in termini romantici, e quelle giuridiche, per confrontarsi con problematiche di separazioni e affini, ma la forza che deriva dall'esistenza di un legame non sembra destinato a esaurire la sue risorse. In definitiva, se c'è stato dell'amore, questo continua a vivere nonostante le umane debolezze. Un'interpretazione forse un po' ingenua se applicata alla complessa realtà quotidiana e all'imperfetta natura delle persone, ma che sul grande schermo può essere il pilastro su cui bilanciare un percorso intimo quotidiano e confuso, come tanti. Così, ad accompagnarci all'interno di questa vicenda svolta tutto in un unico e assolato giorno romano, è la coppia scoppiata ormai da tempo formata da Lara (Kseniya Rappoport), responsabile e iper ansiosa, e Ettore (Fabrizio Gifuni), fedelmente dedito ad una irresponsabilità quasi congenita. I due, negli anni migliori del loro amore, hanno messo al mondo Emma, ventenne in conflitto con la madre, e Giacomo, ragazzino timido di tredici anni alle prese con l'esame di terza media. Cosa hanno tutti loro in comune? Sicuramente il fatto di essere una famiglia comunque e nonostante tutto e di comporre insieme una forza inarrestabile capace di far fronte alla tempesta come alla bonaccia della vita.


L'arte di raccontare la vita
Da sempre la realtà, quella non universalmente sconvolgente tanto da andare in prima pagina, è stata la più grande ossessione di Francesco Bruni sia nelle vesti di sceneggiatore che in quelle di regista. Con all'attivo ventinove film, di cui più di dieci scritti per Paolo Virzì, non si è mai discostato dai fatti personali e quasi invisibili che compongono il percorso quotidiano di un uomo. In modo particolare da Ferie d'agosto fino a La prima cosa bella e Il capitale umano, ha cercato di svolgere la tematica famigliare prendendo in considerazione il rapporto genitori/figli e, in alcuni casi, utilizzando le dinamiche interne di un ristretto gruppo di consanguinei come strumento di analisi sociale. Questo non è il caso di Noi 4 che, invece, riprende l'atmosfera più leggera di Scialla! per raccontare una famiglia come tante, scomposta, in contrasto e contraddizione ma che prova a riscoprirsi nelle evoluzioni quotidiane. Anche in questo caso, dunque, l'arma con cui Bruni definisce situazioni spesso inafferrabili come i sentimenti non poteva che essere la personalità decisa ed evidente dei suoi personaggi. Però, forse per colpa di una tematica eccessivamente aleatoria e di una vicenda con un scarso potenziale emotivo, la caratterizzazione si sente fin troppo, a volte forzando la mano alla realtà e rendendola poco fluida.

Se Peter Pan diventa padre

Sulla famosa sindrome di Peter Pan sono stati versati fiumi d'inchiostro da parte di sociologi, psicoterapeuti e settimanali femminili. Quindi nulla di nuovo da aggiungere sulle tesi di una diffusa inclinazione al disimpegno da parte del maschio, ciò che invece Bruni si propone è di applicare il tutto ad una figura paterna al limite della sopportazione umana, ma che regala a Fabrizio Gifuni l'occasione irripetibile di far ridere. Perché, incredibile ma vero, il merito più grande di Noi 4 è di aver messo in luce l'inaspettata vena comica dell'attore. Da sempre, per sua stessa affermazione, incasellato in ruoli da "padre della patria" o "da teschio in mano", questa volta Gifuni sembra trovarsi incredibilmente a suo agio nell'interpretazione di un padre cialtrone, per cui il disimpegno quotidiano è un punto d'onore, una regola da non trasgredire. Così, in sella alla sua moto, lcon e All Star ai piedi e quell'aria stropicciata da pseudo artista bohémien, si fa giustamente vanto di essere uno splendido quarantacinquenne illuminando con il suo sorriso beffardo e ironico tutto il film. Ma attenzione, Peter Pan fa sorridere solo al cinema.

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3.0/5