Recensione Nero infinito (2013)

L'esordio alla regia di Giorgio Bruno, classe 1985 e una formazione nel cinema di genere, si rivela un thriller risaputo e dalla sceneggiatura carente, nonostante la presenza nel cast, in ruoli di contorno, di alcuni importanti nomi dell'horror italiano che fu.

Nero anonimo

Siamo da qualche parte nel Sud Italia, in un'imprecisata cittadina sul mare. Un serial killer sta terrorizzando la popolazione, rapendo le proprie vittime e poi facendo scempio dei loro corpi: lo schema seguito dall'omicida, come gli investigatori scoprono presto, sembra ispirato ai romanzi di una nota scrittrice locale, Dora Pelser. Gli ispettori Elena D'Aquino e Valerio Costa si mettono sulle tracce della scrittrice, cercando informazioni utili alla cattura del killer: l'atteggiamento evasivo della donna e del suo editore, tuttavia, li insospettisce. Mentre i delitti si moltiplicano, l'attenzione dei due si concentra anche su Leo, giovane barista con la passione per la pittura; questi ha appena iniziato a collaborare con la Pelser per le illustrazioni del suo nuovo romanzo...


Incuriosisce molto, scorrendo il cast di questo Nero infinito, la presenza di alcuni importanti nomi del nostro cinema di genere che fu, passati per l'occasione davanti alla macchina da presa: parliamo di Enzo G. Castellari, Ruggero Deodato e Claudio Fragasso, che "impreziosiscono" (con ruoli di contorno) l'esordio alla regia di Giorgio Bruno, classe 1985 e una formazione cinematografica improntata al genere, specie italiano. La presenza dei tre cineasti, tuttavia, sembra essere l'unico, concreto collegamento del film di Bruno col cinema che vorrebbe omaggiare: la pellicola, nella sua concezione, rimanda piuttosto al filone del thriller statunitense post-Saw, con in più qualche concessione sul versante gore e il (supposto) mistero sull'identità del killer. Proprio riguardo a quest'ultima, il film mostra il suo primo, grave difetto: dal momento dell'entrata in scena del personaggio, infatti, non nutriamo molti dubbi sulla sua colpevolezza, poi rivelata esplicitamente (e maldestramente) a metà film. Più in generale, la sceneggiatura di Riccardo Trovato e Davide Chiara mostra notevoli pecche nella costruzione della vicenda, con una struttura episodica e dei dialoghi spesso poco credibili. Non ci si appassiona granché alle sorti dei due poliziotti protagonisti (che vediamo anche in un improbabile accenno di love story) né tantomeno al background dell'assassino, che sembra la summa di tutti gli stereotipi dei serial killer cinematografici degli ultimi anni. La vicenda, condotta su binari piuttosto risaputi, conduce ad un finale anch'esso prevedibile e appiccicaticcio.

Visivamente, questo Nero infinito risente certo di un budget limitato, ma anche di una regia anonima e sostanzialmente priva di mordente. Al di là della modesta fattura della fotografia, che sfiora spesso l'amatoriale, si nota la mancanza di fantasia nella ripresa degli omicidi (con i dettagli truculenti che, nel 2013, risultano tutt'altro che disturbanti) e una generale piattezza nell'atmosfera, che spesso avvicina il mood del film a quello di un giallo televisivo del sabato sera. Latitano, in generale, il ritmo e la tensione, a causa di uno script risaputo, ma anche di una messa in scena mancante di personalità; questa si limita a seguire in modo scolastico, senza aggiungerle alcuna forza visiva, una vicenda che già in sé presenta pochi motivi di interesse. Va detto, comunque, che nel film non si notano in genere quegli scivoloni nel grottesco (involontario) che spesso informano di sé opere analoghe, magari con budget più consistenti: segno di una certa serietà, da parte del regista e del suo staff, nell'approccio alla realizzazione, ma non abbastanza per salvare un esordio che non lascia tracce, facendosi dimenticare presto. L'eventuale "rinascita" del cinema di genere italiano (più volte annunciata e rimandata) dovrà passare, probabilmente, per altre strade.

Movieplayer.it

2.0/5