Recensione Miss Violence (2013)

Per chi era in cerca di un vero film "scandalo" per questa Mostra del Cinema di Venezia numero 70, questo secondo lungometraggio del regista greco è certamente un'opera disturbante che parla di violenza e abusi e che mostra forse anche più del dovuto, ma che prosegue, sia dal punto di vista stilistico che tematico, il lavoro di quella new wave ellenica capitanata da Giorgos Lanthimos.

L'incipit è bellissimo ed estremamente potente: nel bel mezzo dei festeggiamenti per il suo undicesimo compleanno, tra una foto di famiglia ed un ballo con le sorelle, la dolce e fragile Angeliki si getta dal balcone con un lieve sorriso sulle labbra, perdendo la vita istantaneamente.

Se è vero che si tratta di una scena scioccante e spiazzante, paradossalmente quel sorriso rimarrà l'unico raggio di luce in un film cupissimo e senza alcuna speranza, perché quella famiglia apparentemente distrutta dal lutto e dalla tragedia, è pronta a reimmergersi in una quotidianità ben più terrificante e malata, quella che dietro le porte sbarrate di una vera e propria casa degli orrori nasconde un segreto che va avanti da troppo tempo.

Porte chiuse

Miss Violence: Eleni Roussinou in una scena del film
Miss Violence: Eleni Roussinou in una scena del film

Nonostante fin dalla prima scena di questo Miss Violence sia quindi evidente che, a dispetto di quello che gli adulti raccontano ai servizi sociali, in questa famiglia ci sia certamente qualcosa di oscuro, il regista Alexandros Avranas decide di svelare tutta la verità un po' alla volta (ed è per questo che anche noi ci guardiamo bene dal raccontare tutti gli avvenimenti, anche se, almeno in parte, sono tutti tristemente immaginabili), in un crescendo continuo di angoscia e spaesamento che non abbandona mai lo spettatore, nemmeno in un finale solo apparentemente catartico ma che in realtà rappresenta solo un passaggio di testimone segnato, come nel memorabile finale de Il padrino, dal chiudersi di una porta. L'unico vero atto di ribellione in questa storia tragicamente ispirata a fatti realmente accaduti, è proprio il suicidio in apertura.

Miss Violence: una scena tratta dal film
Miss Violence: una scena tratta dal film

Per chi era in cerca di un vero film "scandalo" per questa Mostra del Cinema di Venezia numero 70, questo secondo lungometraggio del regista greco è certamente un'opera disturbante che parla di violenza e abusi e che mostra forse anche più del dovuto, ma che prosegue, sia dal punto di vista stilistico che tematico, il lavoro di quella new wave ellenica capitanata da Giorgos Lanthimos e il suo interessantissimo trio di film Dogtooth, Attenberg e Alps, e più o meno indirettamente legata a quella crisi (non solo) economica che afflige il paese da diversi anni.

Menzione speciale per tutto il cast di attori e la loro grande naturalezza: lo sguardo innocente e rassegnato dei bambini colpisce il cuore, ma è soprattutto quello dello spaventoso e ributtante capofamiglia interpretato da Themis Panou a rimanere impresso, indelebile; rappresentazione di un Male troppo grande, quello che purtroppo non popola solo i film, ma soprattutto i notiziari di tutti i giorni.

Movieplayer.it

4.0/5