Recensione Lovelace (2013)

I registi Epstein e Friedman tracciano un ritratto sincero e intimistico di Linda Lovelace, indagando la donna che si nasconde dietro l'immagine che ha rivoluzionato l'approccio alla sessualità di tutta una generazione.

La Linda oltre lo schermo

Tutti sanno chi è Linda Lovelace. Magari non proprio tutti hanno visto il film, ma nel sentire pronunciare il soprannome "Gola Profonda", la prima associazione che viene naturale non è quella con una spia, quanto quella con una specialista del sesso orale. E non si può dire che la fama di Linda sia immeritata: il suo ruolo di protagonista nel primo e unico film a luci rosse a cui ha partecipato ha sdoganato l'industria del porno, portando l'intrattenimento per adulti, da atto privato, da consumarsi anche con un certo senso di colpa, a fenomeno di costume, in grado di stimolare il dialogo e il confronto sull'argomento anche al di fuori dei circoli prettamente maschili.


I registi Rob Epstein e Jeffrey Friedman hanno saputo mettere ben in luce questo aspetto, ma il loro intento principale con Lovelace era quello di indagare la figura di Linda, una figura ritornata, anni dopo il suo exploit erotico, agli onori della cronaca per la sua battaglia, femminista ma innanzi tutto umana, contro la violenza domestica e gli abusi. La sua è una vicenda di coraggio e di ritrovata autoconsapevolezza, che inizia con una Linda ventunenne, alle prese con una madre apprensiva e rigida (a cui presta il volto un'intensa Sharon Stone) che pretende il ritorno a casa entro le undici, pena un sonoro schiaffone. Seppur ingenua e sognatrice, Linda non è però immune dalla sofferenza: un anno prima aveva dovuto dare in adozione il proprio bambino. E quando incontra Chuck, che sembra così premuroso e gentile, per lei si aprono le porte di una nuova felicità. Chuck la travolge con le sue lusinghe e la sua passione, la inizia a una sessualità più libera e appagante, ma, dopo il matrimonio, si aprono le crepe in quella che sembrava essere una vita perfetta: lui ha bisogno di soldi, e lei si lascia convincere ad essere la star di un film porno. Il successo è inevitabile, date le sue peculiari abilità, e Linda viene introdotta negli ambienti mondani, è amata e desiderata da tutti, e parallelamente Chuck è sempre più violento e opprimente, tanto da distruggere in lei non solo ogni sogno di avere una carriera nel cinema, ma anche di emanciparsi dalla schiavitù a cui lui l'aveva costretta.

La scelta dei due registi di affidare il ruolo della Lovelace ad Amanda Seyfried si è rivelata particolarmente felice: con la sua freschezza, con il suo sguardo pulito, pronto a meravigliarsi per ogni piccola gentilezza, per ogni complimento, la Seyfried sa incarnare il lato più vulnerabile di Linda, quel lato che la porta ad affidarsi a Chuck e a diventare uno strumento inconsapevole nelle sue mani. Ma la Seyfried si dimostra altrettanto capace nel disvelare la caparbietà della giovane protagonista, la sua voglia di ribellarsi alla sofferenza, la battaglia contro se stessa che affronta ogni volta che apre gli occhi e si vede umiliata, sola, senza speranza. Lasciando che gli indizi sul lato più oscuro e distruttivo di Chuck (un sempre bravo Peter Sarsgaard) si rivelino a poco a poco al pubblico, i registi ricreano lo stesso climax di violenza e oppressione a cui ha dovuto far fronte Linda, e così come lei, all'inizio della loro relazione, fingeva di non vedere i primi, preoccupanti segnali del pericolo, anche noi veniamo risparmiati dalla crudeltà di Chuck, salvo poi ripercorrerla in tutta la sua devastante atrocità al momento del risveglio morale di Linda. Guidandoci attraverso il suo percorso di consapevolezza, rendendo preziosi, per noi come per lei, i momenti di felicità, quei momenti in cui Linda pensava di non avere nulla di sbagliato, Epstein e Friedman creano nello spettatore un forte legame empatico con la protagonista, tanto che il suo essere un'icona del porno scompare di fronte alla sua realtà quotidiana, di persona alla ricerca di una propria identità.
Ricostruendo con grande efficacia l'atmosfera degli anni Settanta, il film ci catapulta in un'epoca di trasformazioni, di cambiamenti, in cui l'inevitabile spinta ad assecondare il nuovo spirito può far correre il rischio di perdersi. Linda è stata una vittima ma anche un'artefice, per quanto inconsapevole, dei suoi tempi, ma è soltanto liberandosi di quello in cui stavano tentando di trasformarla che ha ritrovato se stessa: e quella di essere fedeli a se stessi, di rispettarsi e di amarsi, nonostante quello che dicano gli amici, i genitori, la religione, è sempre la scelta giusta da fare.

Movieplayer.it

3.0/5