Recensione Last Vegas (2013)

Tra i più solidi registi di genere, capace di spaziare dal fantasy alla rom-com, Turteltaub sfrutta bene lo schema del buddy movie, e costruisce una partitura in grado di far risplendere i magnifici solisti.

Questi sono i 70

Niente funziona meglio al cinema di un matrimonio per raccontare delle storie di ampio respiro, che mostrino l'evoluzione di un personaggio, la sua maturazione, gli snodi irrisolti della sua vita; le nozze sono un detonatore narrativo, un meccanismo preciso che permette di fare il punto della situazione nell'esistenza di un uomo o di una donna, fa emergere vecchi rancori e nuove paure, rinsalda le amicizie e ne fa nascere altre, il tutto con uno spirito godereccio e festaiolo. Sono elementi che ritroviamo tutti in Last Vegas, commedia diretta da Jon Turteltaub ed interpretata da un poker di grandi assoluti di Hollywood, Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline (cinque Oscar in quattro). La trama è esile ed essenziale e ruota attorno ad un gruppo di amici che si riunisce a Las Vegas per il matrimonio di uno di loro con una donna più giovane; un avvenimento che decidono di 'santificare' con un periodo di bisboccia spensierata che li ripaghi delle sofferenze degli ultimi anni. I tempi però sono cambiati e i ricordi della giovinezza passata assieme a Brooklyn, anche quelli meno piacevoli, vengono tutti a galla. Per Billy, il festeggiato, e il migliore amico Paddy, neo vedovo, è arrivato il momento di chiarire una volta per tutte la questione Sophie, amata dal primo, ma sposata dal secondo. Ad aiutarli ci pensa una cantante di piano bar, Diana, che stregherà tutti e due. Quanto a Archie e Sam, le loro menti sono occupate da altro; se per uno l'imperativo categorico è tornare alla vita dopo un infarto e sfuggire alle grinfie di un figlio iperprotettivo, per l'altro la necessità primaria è ritrovare la passione perduta, quella scintilla negli occhi che manca da troppo tempo, probabilmente soffocata da indigeste lezioni di acqua gym e dai letargici panorami della Florida. E' sua moglie a dargli il via libera ad un eventuale tradimento, regalandogli per l'occasione una pasticca di Viagra e un preservativo.


Tra i più solidi registi di genere, capace di spaziare dalla rom-com (Un amore tutto suo) al fantasy avventuroso (Il mistero dei Templari, L'apprendista stregone) Turteltaub sfrutta bene lo schema del buddy movie e costruisce una partitura in grado di far risplendere i magnifici solisti. La sua è una regia silenziosa, che accelera solo quando si trova a esporre le mille luci di Las Vegas e i ritmi allucinati di questa città di plastica. Facile pensare ad un cult del decennio come Una notte da leoni, ma il paragone è totalmente fuorviante, considerata la totale assenza di "scorrettezza" da questa pellicola. Last Vegas è esattamente quello che ci si attende da un prodotto del genere, un film che gioca con i temi canonici della vecchiaia, senza prendersi troppo sul serio e senza lasciarsi andare a considerazioni di grosso spessore. Malattia, paura della morte e della solitudine, il rapporto tra padri e figli e soprattutto l'amore vengono affrontati in punta di fioretto e messi in secondo piano rispetto alla più grande fortuna che ad un uomo possa toccare, l'amicizia, antidoto principale alla malinconia. Come i moschettieri di Dumas, Billy, Paddy, Archie e Sam vivono uno per tutti e tutti per uno, ma non hanno niente di eroico; e se qualcuno gli fa di notare di essere dei vecchietti, rispondono con eleganza, sfoderando svariati assi nella manica (siamo pur sempre nella capitale del gioco d'azzardo).

E' vero, sono arsi dal desiderio di mettere a segno forse l'ultimo colpo della vita, ma il regista maneggia questo elemento con una certa grazia, senza affondare troppo il colpo in deprimenti sceneggiate e sfuggendo ad ogni tipo di approfondimento. E quando le singole storyline perdono colpi, l'ingranaggio riprende a funzionare con sincronia grazie all'armonia tra gli interpreti. Il loro corpo è forse un po' malconcio, ma riesce a funzionare con classe, riservandoci anche qualche piacevole sorpresa. Certo, fa impressione vedere attori come questi prendersi in giro e rendere con tanta adesione gli acciacchi dell'età; lo script è giocato anche su questo elemento, ossia sulla "rappresentazione" della vecchiaia che, senza sorprese, viene mostrata come età ancora piena di opportunità. Opportunità da cogliere al volo, visto che i grandi stravolgimenti, specialmente quelli relativi al cuore, non in senso medico, però, avvengono nel giro di pochi giorni. Se il tempo stringe, dunque, che si faccia fruttare, utilizzandolo fino all'ultimo secondo, magari trasformando la veglia funebre di un amico nel bizzarro palcoscenico per una proposta di matrimonio, o fingendo di essere degli spietati gangster del New Jersey per punire un ragazzo troppo insolente. Leggera, piacevole, scanzonata, Last Vegas non è un'opera memorabile, ma è un ottimo pretesto per vedere quattro cavalli di razza alle prese con un gioco divertente.

Movieplayer.it

3.0/5