Recensione La gabbia dorata - La jaula de oro (2013)

La parte migliore de La jaula de oro è decisamente quella iniziale, grazie all'irresitibile spontaneità dei giovanissimi attori non professionisti Brandon López, Karen Martínez e Rodolfo Dominguez

Le promesse oltre il confine

Conoscono i rischi cui vanno incontro, a tentare la traversata dal Guatemala agli Stati Uniti, il quindicenne Juan e i suoi coetanei Samuel e Sara. Ma la voglia di partire, di scoprire se davvero lassù al nord è tutto migliore, soprattutto il futuro per tre ragazzi soli e senza documenti, è più forte della paura. Con la speranza nel cuore e l'energia dei loro anni, i protagonisti del film d'esorido di Diego Quemada-Diez si mettono in cammino dando vita a quello che inizialmente sembra quasi un road movie teneramente adolescenziale, con il quarto membro del gruppo, un piccolo indio che non parla una parola di spagnolo ma sa conquistare la simpatia di Sara, scatenando la gelosia di Juan. Ma la realtà è in agguato, e, in questi territori, è una realtà brutale.


La parte migliore de La gabbia dorata - La jaula de oro è decisamente quella iniziale, grazie all'irresistibile ingenuità dei giovanissimi attori non professionisti Brandon López, Karen Martínez e Rodolfo Dominguez: pur mettendoli sulla via dell'inevitabile perdizione, Quemada-Diez non dimentica l'età dei suoi protagonisti, facili al riso quanto al broncio, e la spontaneità dei ragazzi è in questo garanzia di credibilità.

Purtroppo lo sviluppo della vicenda lascia meno spazio alla loro freschezza e troppo ai cliché privi di ispirazione di questo tipo di racconto sugli orrori della frontiera e lo spauracchio della "migra".
Sequenza dopo sequenza, La gabbia dorata perde vigore narrativo ed efficacia cinematografica fino a chiudersi con minore impatto emotivo di quanto sarebbe stato legittimo attendersi, considerate le notevoli premesse.

Movieplayer.it

3.0/5