Recensione Il gatto con gli stivali (2011)

Gatto è finalmente protagonista di un'avventura tutta sua: un viaggio avventuroso alla ricerca di una fortuna inimmaginabile, ma anche l'occasione per ritrovare un tesoro, ben più importante, che credeva di aver perso per sempre.

La vera storia di Gatto

Che fosse un personaggio destinato ad essere amato, Gatto, lo avevamo capito fin dalla sua prima apparizione, tanto, tanto tempo fa, in Shrek 2. I suoi occhioni supplichevoli ci hanno conquistato da subito, e nemmeno la sua variante obesa di Shrek e vissero felici e contenti, decisamente meno agile e pronta all'azione rispetto a quanto eravamo abituati, ha potuto intaccare il fascino della versione animata e felina di Antonio Banderas. Era quindi probabilmente solo una questione di tempo prima che il morbido fuorilegge acquisisse il diritto ad un lungometraggio tutto suo, e quale miglior occasione se non quella di ridare nuova spinta a un franchise che, dopo quattro capitoli, aveva ormai perso lo smalto iniziale?


In realtà, di Shrek, Ciuchino e compagnia bella non c'è traccia: qui si scava nel losco (ma fino a un certo punto) passato di Gatto, in quel tempo in cui, libero come l'aria, sempre a caccia di una nuova femmina e di un nuovo bottino, tra un'impresa rocambolesca e l'altra non gli mancava mai il tempo per un buon latte. E, proprio nel saloon in cui era entrato per procacciarsi il gustoso alimento, a Gatto viene data la dritta che potrebbe realizzare i suoi sogni d'infanzia: i fagioli magici esistono, e sono attualmente in possesso di due noti criminali locali, Jack e Jill, che, oltre a terrorizzare i pacifici commercianti della zona, sono in cerca della posizione ottimale in cui piantarli, onde far crescere la famosa pianta che li condurrà alle uova d'oro. Per Gatto sembra un'impresa fin troppo facile sottrarre ai due i preziosi legumi, ma il passato si frapporrà tra lui e la riuscita dell'operazione, nella persona di Humpty Alexander Dumpty (nonché in quella della sua affascinante aiutante, Kitty Zampe Di Velluto): l'uovo, vecchio amico d'infanzia del nostro protagonista, ne invoca l'aiuto per realizzare quel sogno che era di entrambi, ma deve affrontare le reticenze di Gatto, restio a collaborare con chi, secondo il suo parere, ne aveva tradito la fiducia. L'alleanza tra i tre, alla luce di un illuminante flashback, sembra quanto mai traballante, ma si sa che i gatti hanno mille risorse, e una ricompensa così ricca, e più di tutto la possibilità di ritrovare un amico, forse valgono bene una delle loro vite.

Diretto da quel Chris Miller che in Shrek Terzo aveva dimostrato una certa inclinazione anche a tematiche decisamente adulte (nella fattispecie, l'ansia di essere genitori), Il gatto con gli stivali è un film con meno ambizioni morali e decisamente orientato all'intrattenimento puro. La natura istrionica del protagonista in questo aiuta; Gatto non avrebbe nemmeno bisogno di sfoderare i numerosi e variegati appellativi con cui è conosciuto per ricordarci che con lui tutto è possibile: l'amore di una notte, la fuga precipitosa e acrobatica, un sensuale e insieme minaccioso duello di ballo per lui sono all'ordine del giorno. Certo, se questo affascinante protagonista è coinvolto in una storia di amicizia, speranza e riscatto, ben venga, ma la trama si dipana in maniera talmente naturale, rassicurante nella sua prevedibilità, che è difficile non considerarla un mero contorno, più che il vero nocciolo del film. Ad animare la narrazione, oltre alle sempre presenti gag incentrate sull'ambiguità tra natura felina e antropomorfa che contraddistingue il protagonista, sono anche le figure dei suoi colleghi avventurieri: sia Kitty che, soprattutto, Humpty, sono provvisti di quella sottile ambiguità che ci lascia sempre in bilico tra fiducia e diffidenza, ed è un risultato che si ottiene semplicemente sfruttandone l'espressività, senza costringerci a complicati rovelli psicologici. Il gatto con gli stivali è infatti un film dichiaratamente pensato per un'audience meno adulta rispetto a quella che ha decretato la fortuna della saga di Shrek, ma non per questo gli spettatori non più giovanissimi rischiano di rimanere delusi dalla visione di questo spin-off: a loro uso e consumo sono infatti inseriti numerosi riferimenti, anche cinematografici, che solo a chi è uscito dall'infanzia possono strappare un consapevole sorriso. Ancora una volta i più piccoli saranno i maggiori beneficiari dell'implementazione della tecnologia stereoscopica: pur non distinguendosi per l'originalità con cui è utilizzato, l'elemento tridimensionale è di buona fattura e contribuisce ad esaltare gli scenari spettacolari in cui si muovono i protagonisti, siano questi immersi nell'eterea immensità delle nuvole o alle prese con l'impietoso deserto.

Il gatto con gli stivali non possiede la profondità psicologica di altri film animati, ma, forte di un protagonista di indiscutibile carisma e di una trama classica, che più classica non si può, ma declinata con tempi e modi piacevoli, assicura un'ora e mezza di divertimento e leggerezza a chiunque, indipendentemente dall'età e dalla stima che nutre nei confronti della razza felina.

Movieplayer.it

3.0/5