Recensione I soliti idioti (2011)

E' nella scrittura acutamente satirica nei confronti della società e bonariamente disincantata nei confronti del singolo che si cela l'elemento vincente di un film tanto imperfetto nella realizzazione quanto efficace nel contenuto.

In viaggio con papà

Per il romantico e introverso Gianluca sta per arrivare il grande giorno in cui, dopo un lungo e travagliato fidanzamento, sposerà la sua Fabiana. Un matrimonio che, per il trentenne appassionato d'insetti e collezionista dei Puffi, non rappresenta solamente il coronamento di un sogno d'amore ma una vera e propria dichiarazione d'indipendenza nei confronti di un padre dai toni costantemente eccessivi. Imprenditore romano trapiantato perfettamente nel cuore di una Milano ancora da bere, Ruggero De Ceglie, però, non ha alcuna intenzione di arrendersi ad un'unione che non approva soprattutto per la scarsa, se non totalmente assente, avvenenza della sposa. Così, con un ultimo inganno dettato da un amore paterno espresso in modo quanto meno insolito, sottopone il sempre sottomesso Gianluca ad una vera e propria mission impossibile: conquistare la bellissima testimonial della linea d'intimo Smutandatissimi con un viaggio lampo nella capitale. In palio c'è una scommessa con il poco raccomandabile Remo e l'onore maschile dell'intera famiglia. Riuscirà l'ignaro sposo a superare quest'ultima prova iniziatica e imporre finalmente il suo diritto all'autonomia? Ai soliti idioti l'ardua sentenza.

Squadra che vince non si cambia: questo è il principio piuttosto pragmatico alla base del progetto de I soliti Idioti che, partito dalla televisione, ha riempito i teatri con una tournèe sold out ed ora si prepara ad affrontare il confronto certo non scontato con il grande schermo. Una prova sostenuta dal regista Enrico Lando e dagli attori/autori Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio che, utilizzando la, medesima irriverente coscienza dello sketch comedy, hanno dato alla luce un prodotto caratterizzato da una certa incongruenza tra forma e sostanza. Posto che in questi anni la comicità televisiva non sia sempre riuscita a trovare nel linguaggio cinematografico una fedele traduzione di tempi e sfumature, ciò che si interpone lungo la strada del successo pieno e definitivo di un'avventura indubbiamente originale e stimolante come questa è la teoria stessa del tempo e della sua inevitabile estensione. Dunque, è possibile o plausibile dilatare l'impatto immediato e fulminante di una gag lungo l'intera durata di un film, ampliandola con elementi narrativi che, oltre a definire un insieme, alterano inevitabilmente la ritmica della comicità? Ecco il dilemma a cui nemmeno la squadra dei vivaci creativi de I soliti Idioti è riuscita a rispondere, dovendosi accontentare di un risultato narrativo a metà strada tra la performance televisiva ed una struttura d'insieme solo parzialmente definita.
Pur accennando una direzione principale delimitata nel viaggio iniziatico di Ruggero e Gianluca, Mandelli e Biggio cedono alla tentazione di una narrazione incrociata con altre maschere del loro repertorio che, destinate ad una veloce evoluzione e prive di una traiettoria adeguata , attribuiscono all'intero film un andamento costantemente zoppicante. Un'andatura, questa, sicuramente non degna della costruzione sagace e maniacale di una serie di caratteri sconvolgenti ed esilaranti come la coppia "in" dalle pretese pretese radical chic capaci, dietro un'apparente piacere per l'eccesso estetico e linguistico, di nascondere gli elementi inconfondibili dell'italiano medio, costantemente impegnato a perdonare vizi pubblici e i peccati privati. Ed è in questa scrittura acutamente satirica nei confronti della società e bonariamente disincantata nei confronti del singolo che si cela l'elemento vincente di un film tanto imperfetto nella realizzazione quanto efficace nel contenuto. Altalenante e incompleto nella sua architettura, l'esordio sul grande schermo di Lando regala delle gemme di contemporaneità umana forgiate da una nuova cultura dell'immagine messa, in questo caso, al servizio dell'animo più intelligente della commedia.
Dal video clip alla MTV fino alla dissacrazione della bellezza patinata, I soliti idioti utilizza la superficie per accompagnare lo spettatore lungo una riflessione che, pur non avendo la forma evidente di un pensiero alto, ne ha tutta l'ambizione e la possibilità. Così, come Dino Risi con I Mostri raccontò l'Italia cialtrona del finto boom economico, Mandelli e Biggio si cimentano oggi nel ritratto di un paese mutato più nelle forme rappresentative che nella sua natura. Un intento che vale alla coppia di autori e interpreti una seconda possibilità per rimediare agli errori strutturali e confermare l'efficacia della loro allegoria moderna.

Movieplayer.it

3.0/5