Recensione Frozen - Il regno di ghiaccio (2013)

Disney Animation torna ad immergersi nella tradizione dei classici di ispirazione favolistica, in questo caso attingendo a 'La regina delle nevi' di Andersen, ma non rinuncia ad evolvere l'impostazione e la scrittura dei personaggi.

Un nuovo classico Disney

È vero che quello rappresentato dalle orecchie di Topolino è un marchio consolidato, da applicare soprattutto ad una certa tipologia di film e, soprattutto, animazione. Ma è altresì vero che gli studi che proseguono la tradizione del celebre Walt stanno cercando di diversificare e sperimentare, aiutati anche dalla guida del papà della Pixar John Lasseter che ne supervisiona ora il processo artistico. È stato evidente negli ultimi anni, già in Rapunzel - L'intreccio della torre che sa proporre un approccio più moderno alla figura della Principessa Disney, sia in particolare in Ralph Spaccatutto, che sembra aver iniettato in Disney Animation una cospicua dose di creatività e genialità sovversiva Pixar.
Frozen - il regno del ghiaccio si potrebbe considerare un passo indietro da questo punto di vista, perché torna ad immergersi nella tradizione dei classici disneiani di ispirazione favolistica, in questo caso attingendo a La regina delle nevi di Hans Christian Andersen ed arricchendo nuovamente la narrazione di un'impostazione da musical, ma non rinuncia ad evolvere l'impostazione e la scrittura dei personaggi. A cominciare dalla principessa protagonista... o meglio le due principesse.

Due Disney Princess al prezzo di una

Elsa ed Anna, due sorelle che crescono nell'incantevole regno di Arendelle, incastonato in un suggestivo fiordo norvegese. Le conosciamo bambine, mentre giocano come tutte le sorelline di questo mondo... con una differenza: Elsa ha della magia dentro di sé, è capace di creare ghiaccio e gelo con le mani e le due bambine usano questa abilità per trasformare le ampie sale del castello in improvvisate piste di pattinaggio, per creare neve con cui giocare e costruire il buffo pupazzo Olaf.
Finché qualcosa non va storto. Elsa non è in grado di controllare il suo potere e finisce per far del male alla sorellina che, portata dai troll delle montagne, viene salvata ma non senza un prezzo: Anna non ricorda più nulla dell'incidente e dei poteri di Elsa che, quando le due restano sole alla morte dei genitori, si rinchiude nei suoi alloggi senza mai uscirne, isolandosi per impedire che la magia che ha dentro possa arrecare danno agli altri.
Fino alla maggiore età ed alla festa dell'incoronazione. Lì le due sorelle si ritrovano di nuovo riunite, ma la tensione della giornata provocherà una nuova, incontrollabile esplosione dei poteri della giovane donna, che intrappola Arendelle in una morsa di gelo e scaturisce nella fuga di lei sulle montagne.
Anna non ci sta e si mette in viaggio per ritrovare la sorella, accompagnata dal montanaro Kristoff e la sua renna Sven e, successivamente, dal pupazzo di neve Olaf, animato come conseguenza dell'esplosione di poteri di Elsa.

Reinventare la favola

Chi conosce l'originale di Andersen si sarà reso conto che la traccia di Frozen si discosta dalla fiaba a cui i registi Chris Buck e Jennifer Lee attingono. Se infatti Anna può richiamare la Gerda nella storia di partenza, del tutto nuova è la figura di Elsa, il cui parallelo favolistico è la crudele regina del titolo, qui promossa a figura a tutto tondo che completa ed arricchiesce la storia, aggiungendo anche nuove chiavi di lettura.
E' predominante il tema dell'amore tra le due sorelle, immutabile nonostante le vicissitudini che trasformano le loro vite, da giocose bambine ad adulte così diverse tra loro: Anna impacciata, istintiva, ottimista e premurosa, ma coraggiosa e determinata quando si tratta di mettersi sulle tracce della sorella; Elsa algida e severa, resa distaccata e sofferente dal senso di colpa per aver fatto male alla sorella e per la reclusione forzata.
Una contrapposizione che funge da asse portante del film e che non viene mai messa in secondo piano dall'altra anima di Frozen, quella da commedia assicurata dalla presenza del travolgente pupazzo di neve Olaf e dalla goffa simpatia della renna Sven, ennesimo animale riuscito del mondo Disney.
Un equilibrio che soffre di pochi momenti di stanca, in cui le concessioni al pubblico più giovane prendono il sopravvento, spiegando oltre in necessario alcuni passaggi già chiari e comprensibili, o laddove lo script della regista Jennifer Lee e Shane Morris di non sviluppare situazioni, snodi, personaggi e temi secondari che avrebbero arricchito ulteriormente il racconto.

Personaggi, voci e canzoni

Come è prassi comune nei lungometraggi animati contemporanei, il cast vocale scelto dalla produzione detta l'animazione dei rispettivi personaggi. Un lavoro inevitabilmente annacquato e tradito dal doppiaggio, indipendentemente dalla qualità e bravura dei sostituti scelti. Al posto di Idina Menzel e Kristen Bell nei ruoli delle due sorelle, in italiano troviamo rispettivamente Serena Autieri e Serena Rossi, che assicurano anche l'adeguato sostegno musicale nelle numerose canzoni del film. La carica di un personaggio come Olaf, invece, l'anima comica del film, è affidata ad Enrico Brignano che doppia l'originale di Josh Gad (che abbiamo visto di recente in sala come socio di Steve Jobs in jOBS).
Non manca cura nell'adattamento italiano, ma basta ascoltare alcuni brani della soundtrack originale per rendersi conto di quanto si perda anche soltanto nella traduzione dei testi. Inevitabile, come detto, anche e soprattutto a causa dell'uso narrativo delle canzoni, che lasciano poca libertà nell'adattamento e nella resa metrica, e dell'impossibilità di sottotitolarle in un film rivolto anche ai bambini.

Dal punto di vista tecnico...

... sono proprio le canzoni della soundtrack di Christophe Beck a fare la differenza, perché oggetto delle sequenze più complesse ed articolate di Frozen. Pensiamo in primo luogo alla magnificenza di Let it Go (nell'edizione italiana All'alba sorgerò), punto essenziale della pellicola dal punto di vista narrativo, che evidenzia anche la mole di lavoro messa in campo da Disney Animation per questa nuova produzione. Non ci si stupisce per l'incredibile attenzione ai dettagli, né di fronte alla cura nell'animazione e nella capacità di rendere unico ogni personaggio, con quel calore da qualche anno ritrovato anche nei progetti realizzati al computer, dopo i primi lavori che sembravano aver perso quel feeling assicurato dall'animazione tradizionale in cui la Disney era leader in occidente.
Un po', però, si resta sorpresi nel cogliere gli ulteriori, netti, passi avanti nella grafica al computer: chiunque capisca qualcosa di CGI sa che neve e ghiaccio possono essere un incubo, perché vogliono dire particelle, riflessioni e deformazioni a tutto spiano, e tutto ciò è reso in modo magistrale nel mettere in scena i suggestivi paesaggi ghiacciati in cui si muove la vicenda.

La terza dimensione

Ambienti e paesaggi amplificati dall'uso della terza dimensione, appropriato nell'offrire profondità e trasmettere il senso di meraviglia, ma mai invadente e fastidioso. E' un 3D funzionale alla narrazione, non rivoluzionario. E lo è per scelta, perché basta il corto che accompagna Frozen a dimostrarci come in Disney siano capaci di sperimentare e siano pronti a farlo quando è necessario: Tutti in scena! parte da un cortometraggio in animazione tradizionale in bianco e nero per superarne i confini fisici, portare i suoi protagonisti al di fuori di esso, su un palco virtuale che si avvicina agli spettatori ed annulla le distanza da loro.
E' il perfetto raccordo tra passato e presente del mondo dell'animazione, quello che la Disney sta cercando di essere in questi ultimi anni.

Movieplayer.it

4.0/5