Recensione Albert Nobbs (2011)

Il risultato finale rende merito più alle straordinarie doti attoriali di Glenn Close che non all'opera cinematografica in sé, raffinata ed elegante nella sua riscostruzione d'epoca, ma eccessivamente trattenuta.

Non sono una signora

La Dublino del diciannovesimo secolo è una città povera, minacciata dall'epidemia di febbre tifoidea. Eppure, quando si entra nel Morrison's Hotel, gestito dalla querula Mrs. Baker, tutto sembra cambiare. I ricchissimi clienti passano le loro giornate annoiandosi, le cuoche preparano succulenti manicaretti, le cameriere con le vezzose uniformi fanno di tutto per compiacere gli avventori, così come fanno i maggiordomi. E tra questi, uno in particolare spicca per la bravura nel compiere il lavoro, Albert Nobbs. Mai un errore, una parola fuori posto, Nobbs è l'affidabilità in persona. Ed è un gran risparmiatore. Mancia dopo mancia, penny dopo penny, pazientemente accumulato e riposto sotto una mattonella della sua camera, mette da parte un gruzzolo che gli servirà ad aprire la nuova attività di tabaccaio. La sua vita scorre alla perfezione, fino a quando in albergo non arriva il signor Page, robusto imbianchino chiamato a tinteggiare le pareti. Page viene sistemato nella stessa stanza di Nobbs. Una decisione che getta nello sconforto più grande il cameriere, visto che in realtà è una donna, costretta a travestirsi da uomo per avere una possibilità in più di lavorare. Quando Page scopre l'inganno, il pittore non si dimostra affatto sorpreso, rivelando a Nobbs di essere a sua volta donna e di aver assunto l'identità del marito per riconquistare libertà e dignità negate da un coniuge violento. Nobbs scopre di non essere solo e a contatto con Page e la di lui moglie inizia sentire forte il desiderio di formarsi una famiglia. La scelta cade sulla cameriera Helen Dawes, sfortunatamente innamorata di un ragazzo con troppi grilli per la testa.


Tratto dall'omonimo racconto breve dell'irlandese George Moore (in italiano Morrison's hotel, Dublino), Albert Nobbs di Rodrigo Garcìa, presentato nella sezione Festa Mobile - Figure nel paesaggio, al Torino Film Festival 2011, dopo la premiere di Toronto, ha dovuto compiere un lungo percorso prima di approdare sul grande schermo. La riuscita del progetto si deve essenzialmente alla caparbietà di Glenn Close che dopo aver interpretato il personaggio a teatro nel lontano 1982 ha tentato in tutti i modi di realizzare un film. Da allora all'inizio delle riprese, partite nello scorso dicembre, sono passati quasi trent'anni. Un lasso di tempo che spiega bene quanto questo film stesse a cuore alla Close, sceneggiatrice assieme a John Branville, oltre che produttrice. E il risultato finale rende merito più alle sue straordinarie doti attoriali che non all'opera cinematografica in sé, raffinata ed elegante nella sua riscostruzione d'epoca, ma eccessivamente trattenuta e in alcuni punti un po' noiosa. Sfruttando un cast di ottimo livello (in cui spicca Mia Wasikowska) Rodrigo Garcìa, figlio dello scrittore Gabriel Garcìa Marquez, mette in scena i rapporti di forza di una società rigidamente strutturata, fondata su gerarchie invalicabili.

Il regista colombiano traduce per il grande schermo lo scritto di George Moore, ponendo l'accento sui travestimenti, sulla ricerca della propria identità e sui sentimenti che si contrastano nel cuore di Nobbs; un discorso, il suo, che probabilmente non avrebbe avuto lo stesso impatto se, come scritto in precedenza, ad interpretare il protagonista non ci fosse stata quella straordinaria attrice che è Glenn Close, eccezionale nell'incarnare il lato maschile del suo Nobbs (impressionante il lavoro sulla voce), senza smarrire la sua gentilezza femminile, impossibile da non scrutare nella limpidezza dei suoi occhi, nel modo particolare con cui si prende cura dei clienti dell'albergo in cui lavora, un microcosmo che ripropone in tutto e per tutto le dinamiche del mondo Vittoriano. La corsa sulla spiaggia finalmente in abiti da donna, ma con scarpe da uomo che di fatto la fanno inciampare, è probabilmente l'immagine che meglio rappresenta il senso del film, lo smarrimento di una persona speciale che non sa come essere sé stessa. Non eccezionale nell'orchestrazione delle storie collaterali (quella della cameriera che resta incinta del poco di buono ha poco di innovativo, per non parlare della tresca tra il dottore e la donna delle pulizie e dell'immancabile presenza del nobiluomo dandy e un po' perverso), Albert Nobbs vive essenzialmente sulla (sul) protagonista e sul suo tentativo di dare un nome alla sua 'ambiguità'. Divertono in tal senso i monologhi relativi al matrimonio di Mrs. Page: 'Quando avrà detto alla moglie di essere una donna, prima o dopo le nozze?', continua a chiedersi il povero cameriere, ignorando la cosa più semplice e cioè che quelle due donne in realtà semplicemente si amavano. Una scelta scandalosa che Albert non sa portare avanti fino in fondo.

Movieplayer.it

3.0/5