Recensione Roba da matti (2011)

Chiamato a registrare i giorni della lotta e della resistenza sostenuti dalla residenza assistenziale Casamatta, il regista Enrico Pitzianti si è in realtà confrontato con un'innocenza allo stesso tempo fragile e tenace, capace di trasformare il documentario in un vero e proprio film.

Pazzi per la vita

Secondo la riforma sanitaria italiana " la tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della libertà della persona umana". Un principio, questo, che nonostante l'applicazione della legge Basaglia e la successiva chiusura dei manicomi, sembra non venire ancora applicato pienamente nei confronti dei disagi mentali. I "matti" continuano a essere un difetto sociale, una vergogna da nascondere e negare come se la debolezza delle loro menti ricordasse ai "savi" la fragilità della propria natura. Proprio per combattere questi preconcetti e dimostrare l'incredibile ricchezza di un'umanità spesso dimenticata, il documentarista Enrico Pitzianti (Un anno sotto terra, Piccola pesca) ha deciso di mettersi a disposizione della vicenda unica e incredibile di Casamatta, una residenza socio assistenziale di Quartu Sant'Elena che, dopo diciassette anni di attività costante sul territorio sardo, ha subito un attacco ingiustificato da parte delle strutture istituzionali decise a causarne la chiusura definitiva. Fondata negli anni novanta da Gisella Trincas e dalla sorella Paola, questa piccola comunità ha lo scopo di offrire non solamente un'abitazione, quanto un ambiente famigliare e caloroso dove tornare a scoprire il significato della parola dignità. Così, guidati e amati da un gruppo di assistenti competenti, gli ospiti di Casamatta assaporano il piacere di una quotidianità normale in cui il proprio disagio mentale è un elemento inevitabile con cui confrontarsi senza alcuna vergogna.


Dunque, questo è il piccolo mondo che Pitzianti con la sua esperienza ha voluto fotografare in Roba da matti, lasciandosi coinvolgere da un'avventura sentimentalmente travolgente. Perché, se è vero che il documentario tende a essere per sua natura poco emotivo, il lavoro svolto in questo caso trova la sua unicità proprio in una serie di emozioni inaspettate. Chiamato a registrare i giorni della lotta e della resistenza sostenuti dall'associazione, il regista si è in realtà confrontato con un'innocenza allo stesso tempo fragile e tenace, capace di trasformare il tutto in un vero e proprio film. A compiere l'impresa di cambiare in corsa la natura e l'andamento del lavoro è stata proprio quell'umanità da nascondere e zittire che, accettando l'intrusione delle telecamere e considerando il regista un'altra preziosa presenza arrivata ad arricchire le attività quotidiane, ha svelato i segreti di una condizione speciale ma non incomprensibile. In questo modo, a Pitzianti è stata offerta la possibilità di girare seguendo una sceneggiatura "scritta" passo dopo passo dai suoi protagonisti, grazie ai quali comicità, dramma e sentimenti si sono fusi per creare un prodotto capace di andare oltre la denuncia sociale. Anzi, riflettendo sul desiderio di maternità di Silvana, ascoltando l'ironia malinconica di Cenza e osservando l'attaccamento vitale di Pinuccio alla casa e ai suoi abitanti, non solo si riesce a sovrapporre alla malattia un nome e un volto, ma si comprende quanto i misteri della mente e dell'animo non possono essere sintetizzati in un'unica e definitiva diagnosi.

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3.0/5