Patrice Leconte inaugura La Bottega dei Suicidi

Presentato oggi a Roma il primo film d'animazione diretto dal maestro del cinema francese Patrice Leconte che racconta le vicende di una bizzarra famiglia che ha fatto del suicidio un grande business.

Uscirà in sala il 28 dicembre prossimo distribuito da Videa in circa venti copie e da venerdì 21 al cinema Fiamma di Roma l'irriverente La bottega dei suicidi, il film d'animazione a metà tra noir e commedia ispirato all'omonimo romanzo di Jean Teulé diretto dal regista de L'uomo del treno e La ragazza sul ponte Patrice Leconte. L'autore francese, anche affermato fumettista, firma così l'adattamento del suo primo lungometraggio animato ambientato in una città in cui a regnare è il grigiore, una città in cui il sole sembra non voler splendere ed in cui gli abitanti hanno perso il sorriso e insieme la voglia di vivere. E' per questo che gli affari del negozio della famiglia Tuvache vanno così bene e che il loro negozio specializzato nella vendita di 'attrezzature' per il suicidio in città fa affari d'oro. Il tutto fino al giorno della nascita di Alan, il terzogenito dei Tuvache, un bambino di natura sorridente e ottimista, pieno di voglia di vivere e di entusiasmo, che manderà all'aria tutti i nefasti piani di mamma e papà. Co-produzione tra Francia, Canada e Belgio, La bottega dei suicidi si inserisce nelle uscite delle feste come film per ragazzi e adulti, inspiegabilmente vietato in Italia ai minori di diciotto anni, un'opera che ha un'idea di fondo molto brillante e fortemente attuale che sfrutta l'ironia per sovvertire tutti i cliché e creare un esilarante effetto comico su un argomento difficile e controverso come il suicidio. Nei prossimi giorni si saprà il verdetto del ricorso presentato alla Commissione di revisione cinematografica, ma non c'è da essere ottimisti quando in questo Paese si parla di certi argomenti...

Signor Leconte, cosa pensa della decisione di vietare in Italia il suo film ai minori di 18 anni?
Ho saputo di questo divieto ieri sera e sono rimasto esterrefatto, francamente non ne capisco il motivo, ho una nipotina di otto anni e mentre lavoravo al film ho pensato continuamente a lei, avevo voglia di fare un film che potesse divertire anche lei e così è stato, l'ha visto insieme ai suoi compagni di scuola che hanno molto amato il personaggio di Alan.

Ha saputo la motivazione?
Sostanzialmente il motivo è che il tema del suicidio viene trattato con troppa leggerezza e mostrato come una pratica che ha una grande facilità di esecuzione, un argomento che potrebbe influenzare bambini e ragazzi che attraversano un'età critica. Il messaggio che arriva dal film è che la vita è bella e per questo bisogna sorridere, per questo non capisco il motivo del divieto, di certo non è mia intenzione spingere la gente a suicidarsi, questa è proprio un'assurdità. Il libro da cui è tratto è un best seller venduto in tantissimi paesi e nessuno lo ha mai vietato, come il film del resto. E poi è assurdo vietarlo due giorni prima della fine del mondo (ride).

Come si è appassionato a questo libro e com'è maturata la decisione di adattarlo per il grande schermo?
Conoscevo molto bene l'autore e amo molto ciò che scrive, conoscevo già il romanzo ed alcuni anni fa mi avevano già proposto di adattarlo ma avevo detto di no perché non pensavo fosse una storia adattabile agli schemi del cinema tradizionale. A meno che non sei Tim Burton, e allora tutto è possibile, e ovviamente io non sono un genio come lui. Successivamente un altro produttore che ha poi riacquistato i diritti mi ha proposto di farne un film di animazione e quest'idea mi è sembrata geniale perché il genere poteva permettermi molta più libertà ed una sfasatura rispetto alla realtà e poteva offrirmi la possibilità di esprimere il mio humor nero abbinato al musical, un qualcosa che non avevo mai avuto modo di esprimere in precedenza.

Ne La bottega dei suicidi ha affrontato un cinema completamente diverso dal suo, con quale animo ha deciso di accettare questo progetto?
Quando ci si tuffa in un lavoro del tutto nuovo ci vuole sempre una certa dose di incoscienza, soprattutto perché mi sono reso conto che quando si riflette troppo su come fare le cose si diventa prigionieri delle proprie riflessioni. Preferisco senz'altro procedere in modo intuitivo nei confronti dei progetti che mi si presentano, volevo essere libero di rappresentarlo come più mi piaceva e sotto questo punto di vista l'autore del libro Jean Teulé mi ha dato massima libertà ed alla fine il film gli è piaciuto moltissimo. Ricordo che mi ha detto: "il film è tuo ma senza il mio libro non avresti potuto farlo".

Il suo film sembra ambientato in un non luogo e in un non tempo, è una cosa voluta?
Volevo che il film fosse atemporale e non moderno a tutti i costi, non volevo che passasse il messaggio che è colpa della società moderna se tanta gente si suicida o è triste, ho cercato di essere più universale.

Quale cinema è stato per lei fonte d'ispirazione durante la lavorazione del film?
Mi è sempre piaciuto molto il cinema d'animazione ne ho visti molti di film, per questo forse mi sono sentito a mio agio. Dal momento in cui si comincia a lavorare su un argomento simile i riferimenti non possono non essere tutti i film di Tim Burton e, ovviamente, La famiglia Addams, uno dei film d'animazione più belli è stato per me Nightmare Before Christmas ma ho amato molto anche Monsters & Co. e Wallace & Gromit. Certo siamo un po' lontani da Biancaneve e Bambi (ride).

Qui in Italia il tema dell'eutanasia è particolarmente sentito, soprattutto per motivi religiosi, ma anche in altre culture, come ad esempio in Giappone, il suicidio ha un'altra valenza. Quando ha iniziato a lavorare al film si è mai posto il problema delle reazioni che avrebbe potuto avere il pubblico in giro per il mondo?
Sapevo che avrei affrontato un problema terribile, ma se mi fossi posto troppe domande alla fine avrei rinunciato. Sono consapevole che le reazioni avrebbero potuto essere contrastanti ma quando si prova a piacere a tutti si finisce per non piacere a nessuno. Ho solo pensato che facendo un film che tratta l'argomento con derisione sarei riuscito a sdrammatizzare molto, forse in Giappone più che al suicidio reagiranno malissimo alla scena in cui viene proposto il rituale del seppuku (una pratica di suicidio che prevede il taglio del proprio ventre con uno spadone ndr).

Visto che è il suo primo film d'animazione poteva scegliere qualsiasi stile e qualsiasi tecnica, perché ha scelto tra tutti il disegno classico?
Sono molto legato al disegno e volevo che il film avesse un lato molto grafico, la computer grafica o la stop motion non mi avrebbero consentito la velocità d'azione dei personaggi che sarebbero sembrati troppo piatti. Quando ero giovane ho disegnato dei fumetti e diretto dei corti di animazione per questo ho scelto il disegno animato, volevo realizzare un film vivace e ritmato soprattutto nei gesti dei personaggi, con i pupazzi avrei rallentato troppo il ritmo.
Visto il risultato pregevole pensa di continuare con l'animazione o tornerà al cinema classico?
E' stata un'esperienza veramente entusiasmante quella vissuta con La bottega dei suicidi ed è per questo che con lo stesso gruppo di disegnatori e animatori ho dato il via ad un nuovo progetto d'animazione che si avvarrà stavolta di una sceneggiatura originale, attualmente in fase di completamento di stesura. Si intitolerà Musica ed è un film in cui abbiamo cercato di immaginare come sarebbe la nostra vita se un giorno ci svegliassimo e la musica non esistesse più.

In definitiva la musica, l'amore e le crêpes possono rappresentare una soluzione alla tristezza della vita?
Direi di sì, sono tre ingredienti anti-depressivi niente male (ride), direi che come morale del film è perfetta.