Recensione L'ora nera (2011)

Il regista Chris Gorak riprende il più classico dei topoi fantascientifici (l'invasione aliena) per dirigere quello che vuole essere con tutta evidenza un b-movie girato coi capitali di una produzione medio-grande.

Ombre elettriche nella notte moscovita

Sean e Ben sono due giovani informatici in cerca di fortuna. Con la sana dose di genialità nerd, e di ingenua fiducia nel prossimo, che li contraddistingue, i due volano a Mosca con lo scopo di presentare un loro prodotto in un convegno internazionale sulla new economy; ma scoprono ben presto di essere stati imbrogliati da Skylar, uomo d'affari svedese senza scrupoli che si è appropriato della loro idea, ingenuamente non brevettata dai due ragazzi. Depressi per il furto subito, e impossibilitati a porvi rimedio, i due si rifugiano nel nightclub Zvezda, locale di tendenza della capitale russa; qui incontrano le belle viaggiatrici Natalie e Anne, arrivate a Mosca per una sosta non prevista nel loro viaggio verso il Nepal, e incrociano di nuovo la loro strada anche con l'odiato Skylar. Improvvisamente, le luci del locale si spengono e il cielo si illumina come di un'aurora boreale: forme di luce discendono dall'alto, forme che si rivelano subito tanto affascinanti a vedersi, quanto letali al contatto. Si tratta di un'invasione di crudelissimi alieni, che sta gettando rapidamente la capitale russa, e il mondo intero, in una notte senza speranza; il quintetto male assortito costituito da Sean, Ben, Natalie, Anne e Skylar riesce miracolosamente a scampare alla strage che si consuma nel nightclub. Ma potranno riuscire cinque persone così spaventate, e così poco affini tra loro, a organizzare la resistenza contro un nemico tanto agguerrito e feroce?


Con L'ora nera, il regista Chris Gorak riprende il più classico dei topoi fantascientifici (l'invasione aliena, tornata di moda recentemente sia al cinema che in televisione) per dirigere quello che vuole essere con tutta evidenza un b-movie girato coi capitali di una produzione medio-grande. La fantascienza anni '50, e la sua fantasiosa ingenuità, sono il punto di riferimento più chiaro per questa pellicola, che con l'ambientazione moscovita ne rovescia (non si sa quanto volutamente) i presupposti: se, negli anni del maccartismo, era la paura del comunismo e di un'invasione sovietica la metafora (spesso non tanto velata) alla base di tanto cinema di genere, qui la rampante capitale della Russia post-comunista diventa il centro della resistenza, con i soldati locali che in quanto ad eroismo e ad attitudine a "spaccare il culo agli alieni" (parole letterali) competono e battono gli yankee. Politica spiccia a parte, l'ambientazione insolita è forse la cosa più interessante di questa pellicola, con le luci sfavillanti di una Mosca in continua trasformazione che improvvisamente si oscurano, per poi riaccendersi a sprazzi e mutarsi (con il campo elettromagnetico generato, al loro passaggio, dagli invisibili alieni) in spie del pericolo imminente; lugubri violentatrici di una notte che protegge i protagonisti con la sua oscurità, tanto quanto il giorno li mette in pericolo. Proprio il rovesciamento dell'equazione notte-minaccia/giorno-quiete è il secondo elemento interessante del film, con i protagonisti trasformati in improvvisati guardiani della notte, più umani e con la ben più pressante urgenza di sopravvivere, di quelli del film omonimo di Timur Bekmambetov (qui presente nelle vesti di produttore).

Peccato che, al di là di tali motivi di interesse (che restano, comunque, poco più che buone intenzioni), questo L'ora nera sostanzialmente non colpisca. Narrativamente, ci troviamo di fronte a personaggi talmente stereotipati e poco credibili che si fa un'enorme fatica a interessarsi alle loro vicende: quelle interpretate da Emile Hirsch e Max Minghella sono macchiette senza grande spessore, che danno vita per 90 minuti (o giù di lì) a dialoghi che sfiorano in qualche caso il ridicolo involontario. Un problema per chi si candida, nel già probabilissimo sequel (il finale lascia pochi dubbi in proposito) a guidare la resistenza contro gli invasori: ma la mancanza di spessore è un problema che coinvolge un po' tutti i personaggi del film, dalle controparti femminili a cui danno il volto Olivia Thirlby e Rachael Taylor a un poco sfruttato Joel Kinnaman (lo ricordiamo nell'acclamata serie AMC The Killing). Se alcune trovate presenti nel film risultano effettivamente divertenti (vedi l'appartamento del bislacco scienziato russo, o il battaglione in cui si imbattono i protagonisti nell'ultima parte) il grosso delle risate provocate nello spettatore non erano evidentemente la reazione cercata da una sceneggiatura che inanella incongruenze e stereotipi nella descrizione del comportamento umano, mancando il bersaglio quando cerca di dare spessore alle motivazioni dei personaggi (ne è un esempio la tiritera del protagonista sul "ritorno a casa"). A questo, va aggiunta la regia stanca di un Gorak evidentemente dimentico del suo lavoro come scenografo con registi del calibro di Steven Spielberg e i fratelli Coen, e un 3D sostanzialmente inutile, che nulla aggiunge a un film che spreca le sue potenzialità in fatto di ambientazione e impianto visivo. Così, di questi alieni "elettrici" (nonostante la loro meticolosa opera di distruzione della capitale russa) restano alla fine ben poche tracce nella memoria dello spettatore.

Movieplayer.it

2.0/5